Andrea301AG
Ominide
2 min. di lettura
Vota

Concetti Chiave

  • L'Italia, come membro dell'Unione Europea, garantisce ai lavoratori la libertà di circolazione per rispondere ad offerte di lavoro in tutti gli stati membri.
  • La Corte di giustizia dell'UE estende questo diritto anche ai cittadini in cerca di lavoro, vietando discriminazioni basate sulla nazionalità per impiego e retribuzione.
  • Il decreto legislativo 286/1998 ribadisce a livello nazionale il divieto di discriminazione e riconosce i diritti fondamentali agli stranieri in Italia.
  • La legge Bossi Fini del 2002 richiede che l'ingresso e la permanenza degli stranieri siano legati a un lavoro sicuro e legale, con inasprimento delle pene per l'immigrazione irregolare.
  • I "Decreti flussi" stabiliscono le quote annuali di ingresso per monitorare l'impatto dei flussi migratori sul mercato del lavoro italiano.

La libertà di circolazione dei lavoratori nell’Unione europea

L’appartenenza dell’Italia all’Unione europea comporta la libertà di circolazione dei lavoratori in tutti gli stati membri dell’Ue (art. 45 TFUE). Tale prerogativa implica il diritto dei lavoratori di rispondere a “offerte di lavoro effettive” e di spostarsi liberamente, a tal fine, nel territorio degli Stati membri, prendendovi dimora e rimanendovi anche dopo la cessazione del rapporto di lavoro.
La norma è stata interpretata in senso ampio: la Corte di giustizia dell’Unione europea ha riconosciuto tale libertà ai cittadini anche in funzione della mera ricerca di un posto di lavoro.

Il secondo comma pone il divieto di operare discriminazioni, sulla base della nazionalità, per ciò che attiene l’impiego e la retribuzione. Tale divieto è riproposto a livello nazionale dall’articolo 43 del decreto legislativo 286 del 1998. Quest’ultimo, all’articolo 2, riconosce inoltre agli stranieri presenti alla frontiera o nel territorio italiano i diritti fondamentali della persona umana previsti dalle norme di diritto interno,
La legge 189/2002 (nota come «legge Bossi Fini») ha stabilito che l’ingresso e la permanenza sul territorio nazionale dello straniero per soggiorni duraturi sono giustificati soltanto in relazione all’effettivo svolgimento di un’attività lavorativa sicura e lecita, di carattere temporaneo o anche di elevata durata. In seguito alla pubblicazione di tale legge sono state inasprite le misure repressive nei confronti dell’immigrazione irregolare. Il cosiddetto «reato di immigrazione clandestina» è sanzionato, in teoria, con un’ammenda da 5.000 a 10.000 euro. Per monitorare i flussi migratori e il loro impatto sul mercato del lavoro, è stata prevista l’emanazione di «Decreti flussi», i quali determinano le quote massime di ingresso (regolare) per ciascun anno.
Come cittadino straniero, l’immigrato deve munirsi di un visto di ingresso nel paese; come aspirante al lavoro, deve essere autorizzato a svolgere l’attività lavorativa dallo sportello unico per l’immigrazione.

Domande e risposte

Hai bisogno di aiuto?
Chiedi alla community