Concetti Chiave
- La libertà di associazione in Italia è stata storicamente ostacolata, influenzata dalle dottrine della Rivoluzione francese che privilegiavano lo stato sul cittadino.
- Durante il periodo fascista italiano, la libertà di associazione fu repressa con lo scioglimento dei partiti politici e il divieto di costituire sindacati.
- La Costituzione repubblicana italiana ha garantito la libertà di associazione con l'articolo 18, accogliendo le rivendicazioni storiche di operai e cattolici.
- Un'associazione è caratterizzata da un vincolo giuridico tra individui con un fine comune, distinguendosi dalla riunione per la sua stabilità.
- Le associazioni obbligatorie, come ordini professionali, sono considerate legittime dalla Corte costituzionale se perseguono fini pubblici garantiti costituzionalmente.
Ostacoli storici alla libertà
La libertà di associazione fu a lungo osteggiata dalle dottrine sviluppatesi con la Rivoluzione francese, ostili a tutto ciò che si interponesse fra cittadino e stato: del resto essa era stata una reazione all’ancien régime, tradizionalmente caratterizzato dal prevalere del privilegio e delle giurisdizioni particolari, legate al ceto di appartenenza. Emblematica è al riguardo la legge Le Chapelier (14 giugno 1791) che vietò le associazioni operaie e gli scioperi.
Evoluzione in Italia
In Italia il disfavore verso la libertà di associazione, non garantita dallo Statuto albertino, si trasformò, nel periodo fascista, in repressione: si ricordino, ad esempio, lo scioglimento dei partiti politici e il divieto di costituire sindacati. Si dovette attendere la Costituzione repubblicana che, facendo proprie le storiche rivendicazioni operaie e cattoliche, finalmente garantì la libertà di associazione dedicandovi l’art. 18.
Per associazione si intende un’organizzazione di individui, legati dal perseguimento di un fine comune e, soprattutto, da un vincolo che, pur non attenendo all’ordinamento statale, presenta natura giuridica. Proprio l’esistenza, fra gli associati, di tale vincolo giuridicamente rilevante è l’elemento più caratteristico dell’associazione rispetto alla riunione, nonostante la distinzione fra l’una e l’altra si fondi tradizionalmente sulla tendenziale stabilità della prima e la temporaneità della seconda. In base all’art. 18, ai cittadini è riconosciuta: la libertà di associazione, ossia la possibilità di costituire associazioni senza la necessità di permessi o autorizzazioni; la libertà delle associazioni, ossia la possibilità di formare un numero indefinito di associazioni, anche perseguenti lo stesso scopo; la libertà negativa di associazione, per cui nessuno può essere costretto ad aderire a un’associazione (implicita in ogni libertà è, come s’è già visto, la facoltà di non esercitarla).
Problemi delle associazioni obbligatorie
A tal proposito suscitano problemi le associazioni obbligatorie, l’adesione alle quali è imposta per l’esercizio di determinate attività: ordini professionali e federazioni sportive, per esempio. Secondo la Corte costituzionale tali fattispecie non sono illegittime se necessarie per perseguire fini pubblici, a loro volta costituzionalmente garantiti (v. sentt. 69/1962, 71/1963, 25/1968, 239/1984, 248/1997).
Domande da interrogazione
- Qual è stata l'evoluzione storica della libertà di associazione in Italia?
- Qual è la differenza tra un'associazione e una riunione secondo il testo?
- Come la Corte costituzionale italiana giustifica le associazioni obbligatorie?
La libertà di associazione in Italia è stata osteggiata dalle dottrine post-Rivoluzione francese e repressa durante il periodo fascista. Solo con la Costituzione repubblicana è stata garantita, dedicandovi l'art. 18.
La differenza principale è la stabilità e il vincolo giuridico rilevante tra gli associati nell'associazione, mentre la riunione è caratterizzata dalla temporaneità.
La Corte costituzionale ritiene legittime le associazioni obbligatorie se necessarie per perseguire fini pubblici costituzionalmente garantiti.