Andrea301AG
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Concetti Chiave

  • Le leggi di esecuzione dei Patti Lateranensi, come la legge 810/1929 e la legge 121/1985, sono essenziali per l'integrazione dei Patti nell'ordinamento italiano.
  • I Patti Lateranensi appartengono a ordinamenti esterni, quindi le leggi italiane li recepiscono tramite atti di recepimento o rinvio.
  • La tesi di una "costituzionalizzazione" dei Patti Lateranensi è superata; essi non possono derogare alle norme costituzionali.
  • L'articolo 7 della Costituzione sancisce il principio di parità nei rapporti tra Stato e Chiesa, non costituzionalizza le singole disposizioni concordatarie.
  • La Corte costituzionale ha chiarito che l'art. 7 fa riferimento al Concordato vigente, ma non può prevalere sui principi supremi dello Stato.

Leggi di esecuzione dei Patti Lateranensi

Indice

  1. Collocazione delle leggi di esecuzione
  2. Ordinamenti esterni e diritto italiano
  3. Principio concordatario e art. 7

Collocazione delle leggi di esecuzione

Qual è la collocazione nel sistema delle fonti delle leggi di esecuzione dei Patti Lateranensi cui fa riferimento l’art. 7 della Costituzione? Si tratta della legge 810/1929, di esecuzione sia del Concordato sia del Trattato fra Italia e Santa Sede, e della legge 121/1985 di esecuzione dell’Accordo di modificazione del Concordato.

Ordinamenti esterni e diritto italiano

Ci riferiamo alle leggi di esecuzione, e non direttamente ai Patti, perché i secondi appartengono a ordinamenti esterni: quello concordatario (relativo ai rapporti fra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica) e quello internazionale (relativo ai rapporti fra l’Italia e lo Stato della Città del Vaticano). A tali ordinamenti si collegano mediante atti di recepimento o di rinvio, rispettivamente, il diritto italiano, il diritto canonico e il diritto vaticano.

Principio concordatario e art. 7

È ormai da tempo abbandonata la tesi secondo cui l’art. 7 Cost. avrebbe «costituzionalizzato» i Patti, consentendo alle leggi di esecuzione degli stessi di derogare alle norme della Costituzione. Una simile tesi veniva giustificata dalla previsione contenuta nel secondo comma dell’art. 7 («le modificazioni ai Patti accettate dalle due parti non richiedono procedimento di revisione costituzionale»).

Accoglierla avrebbe però significato attribuire rango costituzionale a norme concordatarie palesemente in contrasto con i principi costituzionali (per esempio, il divieto per i sacerdoti apostati o irretiti da censura di assumere uffici pubblici, previsto dall’art. 5 del vecchio Concordato). Con l’art. 7, invece, sarebbero state costituzionalizzate non le singole disposizioni ma il principio concordatario, secondo il quale i rapporti fra Stato e Chiesa devono essere regolati su base paritaria, mediante accordi bilaterali. È vero tuttavia, come affermò la Corte costituzionale nella sent. 30/1971, che l’art. 7 «non sancisce solo un generico principio pattizio», ma «contiene altresì un preciso riferimento al Concordato in vigore»; esso, però, «non può avere forza di negare i principi supremi dell’ordinamento costituzionale dello Stato».

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