Andrea301AG
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Concetti Chiave

  • La Corte costituzionale ha esaminato la possibilità di considerare insulti e turpiloquio come opinioni protette dall'insindacabilità parlamentare, spesso negandolo.
  • I regolamenti parlamentari vietano espressioni sconvenienti nei lavori delle Camere, sottolineando che tali espressioni non rientrano nell'esercizio della funzione parlamentare fuori dalle Camere.
  • È stato escluso che un parlamentare possa proteggersi richiamando atti presentati da colleghi di gruppo precedenti alle proprie dichiarazioni extra moenia.
  • La Corte costituzionale ha permesso ai terzi diffamati di intervenire nei giudizi di conflitto di attribuzione, influenzando il loro diritto di agire in giudizio comune.
  • La facoltà di intervento dei terzi diffamati è stata estesa all'insindacabilità parlamentare e all'immunità presidenziale, ampliando la loro protezione giuridica.

Insindacabilità parlamentare e diritti dei terzi offesi

In materia di insindacabilità dei membri del Parlamento ex art. 68.1 Cost., accanto al profilo attinente all’esistenza del nesso funzionale fra opinioni espresse e attività parlamentare, la Corte costituzionale si è trovata ad affrontare un’altra questione: quella relativa alla configurabilità stessa come «opinioni» di determinate manifestazioni del pensiero, con riferimento agli insulti, alle offese, al dileggio personale, persino al turpiloquio (sentt. 137/2001, 51 e 421/2002, 249/2006).
Sul turpiloquio, in particolare, la Corte ha sottolineato che gli stessi regolamenti parlamentari «negano ingresso nei lavori delle Camere agli scritti o alle espressioni sconvenienti… A fortiori, le stesse espressioni non possono essere ritenute esercizio della funzione parlamentare quando usate al di fuori delle Camere stesse». Mai comunque la Corte ha abbandonato la giurisprudenza inaugurata dalle sentt. 10 e 11/2000 (originate da dichiarazioni del deputato Sgarbi, come molti altri casi in materia), sottoponendola se mai a ulteriori affinamenti.

Ad esempio, è stata esclusa la possibilità per il parlamentare di richiamare a sua tutela atti presentati non dallo stesso ma da propri colleghi di gruppo in un momento antecedente all’espressione extra moenia delle sue opinioni (sentt. 347/2004, 28/2008, 194/2011). La Corte costituzionale ha inoltre riconosciuto la facoltà di intervenire nel giudizio per conflitto di attribuzione davanti ad essa non soltanto ai soggetti legittimati a sollevare il conflitto e a resistervi, ma anche al terzo diffamato. Dall’esito del conflitto, infatti, potrebbero derivare conseguenze decisive per la posizione processuale di quest’ultimo, risolvendosi nell’affermazione o nella negazione del suo stesso diritto di agire nel giudizio comune.
Tale facoltà, ammessa per la prima volta in un conflitto riguardante l’insindacabilità dei consiglieri regionali ex art. 122.4 Cost., è stata successivamente (e coerentemente) estesa, oltre che all’insindacabilità parlamentare, anche all’immunità presidenziale ex art. 90 Cost. (sentt. 76/2001, 154/2004, 305/2007).

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