Concetti Chiave
- L'impresa familiare coinvolge il coniuge, i parenti fino al terzo grado e gli affini fino al secondo grado, stabilendo un rapporto intermedio tra subordinazione e società.
- I familiari che lavorano nell'impresa hanno diritti economici proporzionali al lavoro svolto, ma solo il titolare fallisce in caso di insolvenza.
- Nei beni in comunione, esiste un vincolo destinato al mantenimento dei figli, che limita l'azione dei creditori sui beni personali del coniuge debitore.
- In caso di separazione o morte, i beni in comunione vengono divisi equamente, mentre nel regime di separazione dei beni, ogni coniuge mantiene la proprietà individuale.
- I coniugi possono adottare regimi patrimoniali atipici, purché tutelati giuridicamente, ma devono rispettare i diritti e doveri coniugali inderogabili.
Impresa familiare
L’art. 230-bis definisce famigliare l’impresa nella quale prestano continuativa attività di lavoro il coniuge dell’imprenditore o l’altra parte di unione civile o suoi parenti entro il terzo grado o suoi affini entro il secondo. Tra l’imprenditore e i suoi familiari si instaura un rapporto intermedio fra un rapporto di subordinazione e un rapporto di società. Al famigliare che lavora sono riconosciuti diversi diritti di partecipazione all’impresa famigliare, come quello economico (di mantenimento e di partecipazione ai diritti dell’impresa in proporzione alla quantità e qualità di lavoro prestato e di godimento degli utili su una quota dei beni).
Sebbene tutti i familiari che lavorano nell’impresa partecipino agli utili, solo il titolare della stessa (di cui è l’unico gestore) fallisce in caso di insolvenza.
In questo modo non è possibile che uno dei due coniugi alieni un bene senza la previa autorizzazione dell’altro.
Sui beni in comunione è impresso un vincolo di destinazione: essi sono destinati al mantenimento dei figli. Tale vincolo ha un’efficacia esterna, nei confronti o dei creditori di entrambi i coniugi (che pertanto possono soddisfarsi sulla totalità dei beni comuni) o dei creditori di uno solo dei coniugi (che dunque possono agire solo sui beni personali del coniuge loro debitore).
Qualora lo stato di comunione si sciolga (per morte di uno dei due coniugi o per separazione), si dà luogo all’eguale divisione dei beni.
Se invece i coniugi optano per il regime di separazione dei beni, scelta loro spettante o al momento della celebrazione del matrimonio o in seguito mediante atto pubblico, ciascuno di essi resta proprietario individuale dei beni che acquista durante il matrimonio. Se il coniuge non riesce a provare che un bene è di sua proprietà esso si presume in regime di comunione.
Oltre ai due sistemi sopra indicati, i coniugi possono adottare regimi non direttamente previsti dalla legge (atipici) purché meritevoli di tutela giuridica. Essi possono inoltre restringere il regime di comunione solo ad alcune categorie di beni o estenderlo a categorie non previste dall’art. 177: l’arbitrarietà concessa ai coniugi non riguarda però i diritti e i doveri coniugali, che sono inderogabili.
Il Codice civile non prevede l’antico istituto della dote, oggi abbolito. Ai coniugi è invece concesso costituire un fondo patrimoniale, formato da un bene appartenente in comunione ai due coniugi.
Previa autorizzazione del giudice, le convenzioni matrimoniali possono essere mutate in ogni momento.
Le convenzioni matrimoniali sono dei veri e propri contratti, per questo soggette alle norme sui contratti in generale. Per esse è richiesta, pena la nullità, la forma dell’atto pubblico. L’art. 164 consente a terzi la prova della simulazione matrimoniale.
Domande da interrogazione
- Qual è la definizione di impresa familiare secondo l'art. 230-bis?
- Quali diritti di partecipazione sono riconosciuti ai familiari che lavorano nell'impresa familiare?
- Cosa accade in caso di insolvenza dell'impresa familiare?
- Quali sono le opzioni disponibili per i coniugi riguardo al regime patrimoniale?
L'art. 230-bis definisce l'impresa familiare come quella in cui lavorano continuativamente il coniuge dell'imprenditore, l'altra parte di unione civile, o parenti entro il terzo grado e affini entro il secondo.
Ai familiari che lavorano nell'impresa familiare sono riconosciuti diritti economici, come il mantenimento e la partecipazione ai diritti dell'impresa in proporzione al lavoro prestato, oltre al godimento degli utili su una quota dei beni.
In caso di insolvenza, solo il titolare dell'impresa, che è l'unico gestore, fallisce, mentre i familiari che partecipano agli utili non sono coinvolti nel fallimento.
I coniugi possono scegliere tra il regime di comunione dei beni e il regime di separazione dei beni, oppure adottare regimi atipici meritevoli di tutela giuridica, con la possibilità di modificare le convenzioni matrimoniali previa autorizzazione del giudice.