Concetti Chiave
- Nel 1993, l'Italia ha adottato un nuovo sistema elettorale misto, combinando collegi uninominali maggioritari e una componente proporzionale per Camera e Senato.
- Dal 1994 al 2001, questo sistema è stato utilizzato tre volte prima di essere sostituito nel 2005 da una legge proporzionale con premio di maggioranza.
- La legge proporzionale del 2005 è stata usata per le elezioni del 2006, 2008 e 2013, ma è stata dichiarata parzialmente illegittima dalla Corte costituzionale.
- La legge elettorale del 2015 per la Camera, mai applicata, è stata seguita dalla legge 165/2017, che ha introdotto un sistema proporzionale con premi di maggioranza variabili.
- La differenza tra Camera e Senato nel sistema del 2005 ha creato disallineamenti tra i risultati elettorali delle due camere, complicando la governabilità.
Evoluzione del sistema elettorale italiano
In Italia, dopo quarant’anni di staticità, nel 1993 si ebbero due nuove leggi elettorali per Camera e Senato: esse assegnavano tre quarti dei seggi in altrettanti collegi uninominali con formula maggioritaria di tipo plurality; il residuo quarto, assegnato con formula proporzionale, era costruito in modo da avvantaggiare i partiti che avessero vinto meno seggi uninominali (1993). Questo sistema, che prevedeva anche uno sbarramento del 4% per l’assegnazione dei seggi proporzionali (alla Camera dove, a differenza del Senato, l’elettore aveva a disposizione due voti distinti, per il candidato nel collegio uninominale e per la lista nella parte proporzionale), fu utilizzato tre volte (1994, 1996, 2001). Nel 2005 fu approvata una legge di tipo proporzionale con premio la quale, utilizzata anch’essa tre volte (2006, 2008, 2013), è stata poi dichiarata parzialmente illegittima dalla Corte costituzionale e sostituita, per la Camera, da una diversa legge proporzionale con premio (2015).
Quest’ultima non è però mai stata applicata. Anche a seguito di una nuova decisione della Corte, è infine intervenuta la l. 165/2017 (la sesta legge elettorale della Camera e la quarta del Senato in epoca repubblicana).
Abbandonato il sistema prevalentemente uninominale maggioritario, nel 2005 si decise dunque di tornare a un sistema su base interamente proporzionale, come prima del 1993, ma fortemente corretto da un premio di maggioranza (di entità variabile). Le formule elettorali erano identiche per entrambe le Camere, ma applicate ad ambiti territoriali diversi. Alla Camera, ripartiti i seggi proporzionalmente, chi avesse ottenuto più voti degli altri (una singola lista o una coalizione di liste) avrebbe ottenuto comunque 340 seggi. Si alterava così la proporzionalità della ripartizione inizialmente effettuata. Si era ritenuto invece che, nel caso del Senato, l’attribuzione di un premio nazionale non fosse compatibile con l’art. 57.1 Cost. che vuole il Senato «eletto a base regionale»: per questo fu prevista una pluralità di premi regionali (il 55% dei seggi assegnati in ogni regione). Mentre alla Camera la lista o la coalizione più votata otteneva una maggioranza certa (i 340 seggi su 630), al Senato l’esito era casuale, frutto della sommatoria dei premi distribuiti regione per regione. Era quindi ben possibile che il vincitore alla Camera non vincesse anche al Senato, con i conseguenti problemi per la governabilità.
Domande da interrogazione
- Quali furono le principali modifiche al sistema elettorale italiano nel 1993?
- Come è cambiato il sistema elettorale italiano nel 2005?
- Quali problemi di governabilità sono emersi con il sistema elettorale del 2005?
Nel 1993, l'Italia introdusse due nuove leggi elettorali per Camera e Senato, assegnando tre quarti dei seggi con un sistema maggioritario e un quarto con un sistema proporzionale, con uno sbarramento del 4% alla Camera.
Nel 2005, l'Italia passò a un sistema elettorale interamente proporzionale con un premio di maggioranza, abbandonando il sistema prevalentemente uninominale maggioritario.
Il sistema del 2005 poteva portare a risultati diversi tra Camera e Senato, poiché il premio di maggioranza alla Camera non era compatibile con l'elezione regionale del Senato, causando potenziali problemi di governabilità.