Concetti Chiave
- Il divieto di discriminazione è basato su requisiti costituzionali, vietando distinzioni ingiustificate per lingua, religione, opinioni politiche, e condizioni personali e sociali.
- La legge non può fare distinzioni basate sulla lingua, eccetto per norme che tutelano minoranze linguistiche riconosciute.
- Non sono ammesse discriminazioni religiose, come dimostra la storia del Concordato tra Stato e Chiesa.
- Opinioni politiche sono protette, in relazione alla libertà di espressione e associazione, e devono rispettare la Costituzione e le leggi.
- La Costituzione prevede deroghe al divieto di discriminazione, come per minoranze linguistiche e speciali tutele per madri lavoratrici e persone inabili.
Divieto di discriminazione
Il nostro ordinamento vieta ogni forma di discriminazione ingiustificata, cioè non fondata su effettivi requisiti o elementi meritori. Il divieto di discriminazione, fondato sulle disposizioni costituzionali, concerne:
- la lingua. La legge non può fare distinzioni in base alla lingua conosciuta dai soggetti dell’ordinamento, salvo le norme che tutelano le minoranze linguistiche riconosciute;
- la religione. La legge non può fare distinzioni in base alla religione profesata. Si pensi all’art. 5 del vecchio Concordato fra Stato e Chiesa che vietava l’accesso ai pubblici uffici ai sacerdoti apostati (che avevano rinunciato al sacerdozio);
- le opinioni politiche. È un divieto di discriminazione che deve essere messo in relazione alla libertà di manifestazione del pensiero, nonché al diritto di associazione in partiti politici. Il rilievo che assumono le opinioni politiche deve essere anche valutato alla stregua del dovere di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione e delle leggi e del dovere di adempiere le funzioni pubbliche con disciplina e onore;
- le condizioni personali e sociali. Mentre con riferimento alle condizioni sociali si può rinviare al contenuto storico del principio di eguaglianza, sulle condizioni personali occorre distinguere: esse possono implicare sia il divieto di leggi ad personam, sia il divieto di leggi che identificano determinate caratteristiche della persona per introdurre una disciplina discriminatoria. Si pensi alla sent. 163/1993 con la quale la Corte costituzionale dichiarò illegittima una legge che, in materia di accesso al ruolo di ufficiale dei vigili del fuoco, stabiliva una statura minima indifferenziata per uomini e donne, non corrispondente a ciò che accade in natura (1,65 metri per un uomo è sotto la media, per una donna sopra, cosa di cui il legislatore deve tener conto).
Presunzione di illegittimità costituzionale
Con riferimento a tutte queste fattispecie tipiche, la Costituzione ha posto una presunzione di illegittimità costituzionale. Presunzione che, tuttavia, non è assoluta, nel senso che devono essere fatte salve le deroghe espressamente previste dalla Costituzione. Fra queste deroghe rientrano: l’art. 6, che giustifica trattamenti differenziati degli appartenenti alle minoranze linguistiche rispetto alla generalità dei consociati; gli artt. 7 e 8, che consentono di differenziare il regime dei rapporti fra lo Stato e le diverse confessioni religiose; quelle disposizioni che prevedono una speciale tutela nei confronti della madre lavoratrice (art. 37), estesa dalla Corte costituzionale anche al padre (sent. 385/2005), e nei confronti degli inabili e dei minorati (art. 38). Inoltre, devono essere fatte salve le deroghe derivanti dall’applicazione del principio di ragionevolezza della legge. Ma l’onere di dimostrare la ragionevolezza incombe sul legislatore.
Domande da interrogazione
- Quali sono le principali aree in cui il divieto di discriminazione si applica secondo il nostro ordinamento?
- Esistono eccezioni al divieto di discriminazione previsto dalla Costituzione?
- Come viene valutata la ragionevolezza delle deroghe al divieto di discriminazione?
- Qual è un esempio di legge dichiarata illegittima per discriminazione ingiustificata?
Il divieto di discriminazione si applica principalmente alla lingua, alla religione, alle opinioni politiche e alle condizioni personali e sociali, come stabilito dalle disposizioni costituzionali.
Sì, esistono eccezioni espressamente previste dalla Costituzione, come il trattamento differenziato per le minoranze linguistiche, le diverse confessioni religiose, e la tutela speciale per la madre lavoratrice e per gli inabili e minorati.
La ragionevolezza delle deroghe deve essere dimostrata dal legislatore, e deve rispettare il principio di ragionevolezza della legge.
Un esempio è la sentenza 163/1993 della Corte costituzionale, che dichiarò illegittima una legge che imponeva una statura minima indifferenziata per uomini e donne per l'accesso al ruolo di ufficiale dei vigili del fuoco.