Andrea301AG
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Concetti Chiave

  • L'eguaglianza giuridica è un concetto relazionale che richiede il confronto tra situazioni rispetto a parametri specifici, utilizzando un giudizio costituzionale triangolare.
  • Il giudizio di costituzionalità coinvolge tre elementi: la norma impugnata, l'articolo 3 della Costituzione come norma parametro, e una norma di confronto.
  • Il principio di eguaglianza formale non implica trattamenti identici per tutti, ma richiede trattamenti uguali o diversi solo se giustificati razionalmente.
  • Ogni distinzione o parificazione deve avere una giustificazione razionale basata sulle caratteristiche delle situazioni o su valori costituzionali rilevanti.
  • Una norma è incostituzionale se introduce trattamenti arbitrari senza una ragione giustificativa, come evidenziato dalle sentenze della Corte Costituzionale.

Eguaglianza come divieto di distinzioni o parificazioni irragionevoli

L’eguaglianza giuridica è un concetto di natura relazionale, nel senso che si è eguali o diversi rispetto a qualcun altro, in rapporto a questo o quel parametro di misura. Ciò significa che il giudizio di costituzionalità diretto ad accertare la violazione del principio di eguaglianza, a differenza della struttura binaria propria di tutti i giudizi di legittimità costituzionale, ha carattere triangolare, ossia poggia su tre elementi necessari:
1) la norma impugnata per violazione del principio di eguaglianza (norma oggetto);
2) la norma parametro (cioè l’art.

3 Cost.);
3) la norma che fa da termine di paragone (tertium comparationis). Se la Corte costituzionale individua nell’ordinamento una ragione che giustifica il diverso trattamento, la violazione del principio di eguaglianza è esclusa; se, invece, ritiene che nessuna ragione sussista per distinguere la situazione disciplinata dalla norma oggetto di impugnazione, la Corte la dichiara illegittima.
Il principio di eguaglianza in senso formale, in altre parole, non significa che tutti devono essere trattati allo stesso modo dalla legge, ma più propriamente che la legge deve trattare in modo eguale situazioni ragionevolmente eguali e in modo diverso situazioni ragionevolmente diverse. Il principio di eguaglianza va quindi inteso come principio di eguaglianza ragionevole, in virtù del quale ogni parificazione o distinzione di trattamento deve essere razionalmente giustificata: le ragioni giustificative possono essere tratte dalle caratteristiche delle situazioni raffrontate, dal tipo di rapporto intercorrente fra le due norme, dall’esistenza di un interesse o un valore costituzionale che deve essere garantito. Se l’analisi della fattispecie in esame fa emergere «una carenza di causa o ragione della disciplina introdotta, allora e solo allora potrà dirsi realizzato un vizio di legittimità costituzionale della norma, proprio perché fondato sulla irragionevole e per ciò stesso arbitraria scelta di introdurre un regime che finisce per omologare fra loro situazioni diverse o, al contrario, per differenziare il trattamento di situazioni analoghe» (sent. 89/1996; v. anche sent. 325/2005).

Domande da interrogazione

  1. Qual è la struttura del giudizio di costituzionalità in relazione al principio di eguaglianza?
  2. Il giudizio di costituzionalità ha una struttura triangolare, basata su tre elementi: la norma impugnata, la norma parametro (art. 3 Cost.), e la norma che funge da termine di paragone (tertium comparationis).

  3. Cosa implica il principio di eguaglianza in senso formale?
  4. Il principio di eguaglianza in senso formale implica che la legge deve trattare in modo eguale situazioni ragionevolmente eguali e in modo diverso situazioni ragionevolmente diverse, richiedendo una giustificazione razionale per ogni distinzione o parificazione.

  5. Quando si verifica un vizio di legittimità costituzionale secondo il principio di eguaglianza?
  6. Un vizio di legittimità costituzionale si verifica quando manca una giustificazione razionale per la disciplina introdotta, risultando in un trattamento arbitrario di situazioni diverse o analoghe.

Domande e risposte

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