Concetti Chiave
- La direttiva europea modifica l'approccio all'espulsione, limitando l'accompagnamento coatto alla frontiera a casi specifici, come il "rischio di fuga".
- Il "rischio di fuga" viene valutato dal prefetto e include circostanze quali mancanza di passaporto valido o documentazione d'alloggio.
- Se non sussistono le condizioni per l'accompagnamento immediato, è possibile richiedere un termine per la partenza volontaria o programmi di rimpatrio assistito.
- La durata massima del trattenimento nei centri è stata ridotta a 90 giorni, mentre il divieto di reingresso è fissato in 5 anni dall'espulsione.
- La direttiva garantisce il rimpatrio solo in presenza di regimi d'asilo equi, rispettando il principio di non-refoulement.
Direttive europee in materia di immigrazione
Le norme legislative di attuazione della direttiva europea in materia di immigrazione superano il precedente modello incentrato sull’accompagnamento coattivo alla frontiera, stabilendo che tale strumento di esecuzione dell’espulsione possa essere adottato dal questore solo in una serie tassativa di casi. Questi includono una fattispecie piuttosto ampia quale il «rischio di fuga», definito come il pericolo, accertato dal prefetto caso per caso, che lo straniero possa sottrarsi alla volontaria esecuzione dell’espulsione, al verificarsi di almeno una delle seguenti circostanze: mancanza di valido passaporto; mancanza di documentazione relativa alla disponibilità di un alloggio; precedente dichiarazione o attestazione di false generalità; mancato rispetto di misure di garanzia o del divieto di reingresso.
Al di fuori di queste ipotesi, se non ricorrono le condizioni per l’accompagnamento immediato alla frontiera, il destinatario del provvedimento di espulsione può chiedere al prefetto la concessione di un termine per la partenza volontaria, che può realizzarsi anche attraverso programmi di rimpatrio volontario assistito (istituto disciplinato dal nuovo art. 14-ter del testo unico).
La direttiva fissa la durata del trattenimento in attesa dell’allontanamento in non più di 18 mesi e la durata del divieto di reingresso in non più di 5 anni. Il termine di 18 mesi fissato a sua volta dal d.l. 89/2011 come periodo massimo di permanenza nei centri di trattenimento è stato poi ridotto a 90 giorni dalla l. 161/2014, mentre il termine di operatività del divieto di reingresso è fissato in 5 anni dall’avvenuta espulsione. Ulteriori disposizioni riguardano le categorie vulnerabili e la facilitazione della partenza volontaria (nei confronti dello straniero identificato in uscita dal territorio nazionale non viene disposta l’espulsione né contestato il reato di ingresso e soggiorno illegale).
Fra le garanzie fondamentali previste dalla direttiva rimpatri, essa afferma che «è legittimo che gli stati membri procedano al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, purché esistano regimi in materia di asilo equi ed efficienti che rispettino pienamente il principio di non-refoulement».
Domande da interrogazione
- Quali sono le condizioni per l'accompagnamento coattivo alla frontiera secondo la direttiva europea in materia di immigrazione?
- Qual è la durata massima del trattenimento e del divieto di reingresso secondo la direttiva?
- Quali garanzie fondamentali sono previste dalla direttiva rimpatri?
L'accompagnamento coattivo alla frontiera può essere adottato solo in casi specifici, come il rischio di fuga, che include circostanze come la mancanza di passaporto valido o documentazione di alloggio, false generalità, o mancato rispetto di misure di garanzia.
La durata massima del trattenimento è fissata a 18 mesi, ridotta a 90 giorni dalla l. 161/2014, mentre il divieto di reingresso è di 5 anni dall'espulsione.
La direttiva rimpatri garantisce che il rimpatrio di cittadini di paesi terzi con soggiorno irregolare sia legittimo solo se esistono regimi di asilo equi ed efficienti che rispettano il principio di non-refoulement.