Concetti Chiave
- La Corte costituzionale raramente utilizza il principio di eguaglianza sostanziale nei giudizi di legittimità costituzionale, preferendo soluzioni che non ne fanno diretto riferimento.
- La giurisprudenza ha esteso benefici assicurativi e previdenziali a categorie non previste dalla legge, mantenendo l'equilibrio senza appellarsi all'eguaglianza sostanziale.
- Nella sentenza 422/1995, la Corte ha dichiarato incostituzionali le quote di genere nelle elezioni, sostenendo che le misure non devono determinare direttamente i risultati elettorali.
- La modifica costituzionale del 2001 e del 2003 ha imposto la promozione della parità di accesso alle cariche elettive, superando la giurisprudenza restrittiva precedente.
- La Corte ha stabilito che l'appartenenza di genere non deve influenzare la candidabilità, ritenendo incostituzionale ogni forma di quota basata sul sesso dei candidati.
Decisioni giurisprudenziali fondate sul principio di uguaglianza
La Corte costituzionale solo raramente utilizza il principio di eguaglianza sostanziale in sede di giudizio di legittimità costituzionale (v. ad es. la sent. 290/1974 sullo sciopero politico e la sent. 193/1976 sull’edilizia popolare): ciò si spiega con il fatto che gli interventi previsti dall’art. 3.2 impongono una mediazione consapevole che spetta innanzitutto agli organi legislativi.
Ma le stesse esigenze di riequilibrio sono tutelate dalla Corte costituzionale in altro modo, senza fare riferimento all’eguaglianza sostanziale. Si pensi, ad esempio, alla decisione sul solve et repete, oppure alla giurisprudenza costituzionale che ha esteso benefici assicurativi, previdenziali o lavorativi da categorie protette ad altre categorie rispetto a quelle previste dalla legge.
Importante è la giurisprudenza della Corte costituzionale sulle quote elettorali in favore delle donne. Nella sent. 422/1995 la Corte dichiarò illegittime le disposizioni sia della legge elettorale comunale e regionale (limite ai candidati di uno stesso sesso in ciascuna lista, non più di due terzi), sia di quella per la Camera (candidature alternate per sesso in liste bloccate). Disse la Corte che, in base all’art. 3.2 Cost., le misure di riequilibrio di posizioni eventualmente svantaggiate non potevano determinare direttamente un certo risultato, ma dovevano limitarsi a predisporre i mezzi affinché i soggetti svantaggiati potessero raggiungerlo. L’appartenenza all’uno o all’altro sesso non poteva diventare requisito di eleggibilità e lo stesso doveva dirsi della possibilità di essere candidati. Per questo essa considerò in contrasto con la Costituzione le norme che imponevano «qualsiasi forma di quote in ragione del sesso dei candidati». Né la Corte ritenne di distinguere fra i casi, invero assai diversi, in cui all’elettore restava comunque la scelta con il voto di preferenza (comuni e regioni) da quello in cui non era possibile esprimere preferenze (Camera), per cui – effettivamente – l’ordine in lista determinava, a seconda dei seggi spettanti alla lista, l’elezione dei candidati.
La Costituzione è stata modificata proprio al fine di superare questa giurisprudenza, considerata troppo restrittiva: l’art. 117.7 Cost. impone dal 2001 alle regioni il compito di «promuovere la parità di accesso fra donne e uomini alle cariche elettive»; la l. cost. 1/2003 ha modificato il primo comma dell’art. 51 Cost. (accesso dei due sessi alle cariche elettive «in condizioni di eguaglianza») con l’aggiunta delle parole: «a tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità fra donne e uomini».
Domande da interrogazione
- Qual è il ruolo del principio di uguaglianza sostanziale nelle decisioni della Corte costituzionale?
- Come ha affrontato la Corte costituzionale la questione delle quote elettorali per le donne?
- Quali modifiche costituzionali sono state apportate per promuovere la parità di accesso alle cariche elettive?
La Corte costituzionale raramente utilizza il principio di uguaglianza sostanziale nei giudizi di legittimità costituzionale, preferendo lasciare la mediazione agli organi legislativi, ma protegge le esigenze di riequilibrio in altri modi.
La Corte ha dichiarato illegittime le disposizioni che imponevano quote basate sul sesso dei candidati, affermando che le misure di riequilibrio non devono determinare direttamente un risultato ma solo predisporre i mezzi per raggiungerlo.
La Costituzione è stata modificata per superare la giurisprudenza restrittiva, imponendo alle regioni di promuovere la parità di accesso e aggiungendo che la Repubblica promuove le pari opportunità fra donne e uomini.