Concetti Chiave
- Lo Statuto Albertino, adottato nel 1861, era una costituzione flessibile e breve, centrata sul sovrano che deteneva il potere esecutivo e giudiziario.
- Il periodo liberale introdusse una monarchia parlamentare, con il Parlamento che poteva sfiduciare il governo e concesse il suffragio universale maschile nel 1919.
- Durante il regime fascista, il potere fu centralizzato sotto Mussolini con la soppressione di partiti e libertà civili, culminando nelle leggi razziali del 1938.
- La Costituzione italiana del 1948, nata da un'Assemblea Costituente eletta, è caratterizzata da rigidità, democraticità e un'organizzazione in articoli che riconoscono ampi diritti civili e sociali.
- Le fonti del diritto sono gerarchicamente organizzate, con la Costituzione al vertice, seguita da fonti primarie e secondarie, e includono anche usi e consuetudini se richiamati da leggi.
Le radici storiche della costituzione Statuto Albertino - Nel 1861 fu proclamato il Regno d’Italia con il suo primo re Vittorio Emanuele II. Al nuovo Stato italiano furono estese le leggi dello Stato piemontese e lo Statuto Albertino divenne la Costituzione ufficiale. Lo Statuto albertino si basava sulla centralità del sovrano, titolare del potere esecutivo insieme ai suoi ministri che lui stesso nominava e revocava e del potere giudiziario; il potere legislativo era affidato ad un parlamento bicamerale composto dalla Camera dei deputati e dal Senato.
Ogni legge approvata dalle due camere, per poter entrare in vigore, doveva avere l’approvazione del re. Lo statuto albertino fu una Costituzione breve (poche leggi sui diritti dei cittadini), flessibile (modificabile con leggi ordinarie), ottriata (non di natura popolare) e confessionale (unica religione riconosciuta – cattolica). Periodo liberale - Il regime che si affermò nel Regno d’Italia fu di tipo liberale: si basava sulla separazione dei poteri; potere legislativo al re e al Parlamento, potere esecutivo al re, potere giudiziario ai giudici nominati dal re; così facendo il re controllava tutti e tre i potere dello Stato. Nel giro di pochi anni le cose cambiarono, infatti fu introdotta la possibilità per il Parlamento di far cadere il Governo tramite un voto di sfiducia e i ministri, nominati dal re, dovevano avere l’approvazione del parlamento, dando vita ad una monarchia parlamentare. Nel 1919 il diritto di voto fu riconosciuto a tutti i cittadini maschi di età superiore ai 21 anni (prima limitato per censo e poi agli uomini in grado di leggere e scrivere), suffragio universale maschile, con l’elezione in Parlamento oltre che dai rappresentanti del Partito liberale anche di quelli di partiti popolari come il Partito socialista e il partito popolare. Periodo fascista - Nel 1922, dopo la marcia su Roma, il re Vittorio Emanuele II, per timore di perdere il proprio potere, scelse come capo del governo Benito Mussolini, fondatore del Partito fascista, che nel 1925 emanò le leggi fascistissime che portarono alla soppressione delle libertà sindacali e civili e rafforzarono il potere del “duce”. Nel 1929 la Camera dei deputati fu soppressa e sostituita con la Camera dei fasci e delle corporazioni (membri nominati dal partito fascista); tutti i partiti, tranne quello fascista, furono considerati fuori legge; il Gran Consiglio del fascismo coordinò tutta l’attività del regime; venne reintrodotta la pena di morte per i reati contro lo Stato e il dissenso politico; nel 1936 con l’Asse Roma-Berlino venne siglata l’alleanza politica tra la Germania e l’Italia; nel 1938 vennero applicate le leggi razziali contro gli ebrei in nome della difesa della razza; nel 1940 l’Italia entrò in guerra alleandosi con la Germania hitleriana. La caduta del fascismo e la resistenza – Nel luglio 1943 il Gran Consiglio del fascismo votò un provvedimento contro Mussolini e lo destituì, nominando al suo posto il generale Badoglio che per prima cosa mise fuori legge il Partito fascista. L’8 settembre 1943 l’Italia firmò l’armistizio con gli anglo-americani e si trovò con lo Stato diviso in due parti: il nord occupato dai tedeschi e il sud occupato dagli anglo-americani. Grazie all’azione degli Alleati e dei partigiani nell’aprile 1945 si raggiunse la libertà nazionale, da noi ancora festeggiata il 25 aprile. La proclamazione della repubblica e l’Assemblea Costituente – Con il Patto di Salerno dell’aprile 1944, stipulato tra la monarchia e il CLN (Comitato di Liberazione Nazionale), si decise che, a guerra terminata, gli italiani avrebbero eletto un’Assemblea costituente che avrebbe redatto una nuova Costituzione al posto dello Statuto Albertino. al posto dello Statuto Albertino. una nuova Costituzione o di Liberazione nazionale gli anglo-americani Badoglio che per prima coIl 9 maggio 1946 il re abdicò e il 2 giugno 1946, si svolse una consultazione elettorale per eleggere l’Assemblea costituente a cui parteciparono per la prima volta anche le donne. Il popolo scelse per lo Stato italiano la forma repubblicana ed elesse i 556 membri dell’Assemblea Costituente a cui fu affidato il compito di scrivere il testo della Costituzione. Il compito di elaborare una prima stesura fu affidato ad una commissione di 75 deputati, eletti all’interno dell’Assemblea Costituente, con a capo il presidente Meuccio Ruini. La Commissione si suddivise in tre sottocommissioni che si occuparono della stesura delle parti relative ai diritti e doveri dei cittadini, ai rapporti economico-sociale e all’ordinamento statale. La nostra Costituzione fu pronta e approvata alla fine del 1947 ed entrò in vigore il 1° gennaio 1948. La struttura della Costituzione La Costituzione è composta da 139 articoli suddivisi in due parti: la prima si occupa dei diritti e doveri dei cittadini (art. 13-54); la seconda si riferisce all’organizzazione della Stato (art. 55-139). La prima parte è preceduta dai principi fondamentali (art. 1-12) e portanti della repubblica italiana come la democrazia, il lavoro, l’uguaglianza dei cittadini, l’organizzazione di Stato regionale, la libertà religiosa, il ripudio della guerra. La Costituzione si conclude con le disposizioni transitorie e finali (18 articoli) per il passaggio dal regime monarchico a quello repubblicano. I caratteri della Costituzione La costituzione italiana è contraddistinta da alcuni caratteri peculiari che la differenziano sensibilmente dal precedente Statuto Albertino: - la popolarità in quanto fu emanata da un organo rappresentativo del popolo e non concesso dal sovrano ai sudditi; - la rigidità contrapposta alla flessibilità dello statuto Albertino. La modifica degli articoli costituzionali richiede una complessa procedura posta in essere dal Parlamento, denominata revisione costituzionale; - la lunghezza in antitesi alla brevità dello Statuto, la nostra costituzione dedica molti articoli al riconoscimento di diritti civili, etico-sociali, economici e politici dei cittadini; - la compromissorietà nella costituzione si conciliano principi rispondenti a diverse ideologie. Questo carattere deriva dal fatto che i componenti dell’Assemblea Costituente appartenevano a differenti correnti politiche che anteposero gli interessi della Repubblica a quelli del proprio partito; - la programmaticità che deriva dalla considerazione che la costituzione rappresenta un programma che le forze antifasciste realizzarono nel tempo per costituire una nuova organizzazione sociale dopo il fascismo; - la democraticità in quanto la Carta costituzionale è permeata dal principio di democrazia, in base al quale la sovranità appartiene al popolo come affermato nel secondo comma dell’articolo 1. Le difficoltà iniziali nell'attuazione della Costituzione Nel periodo successivo all’entrata in vigore della Costituzione (1948 – 1955) il carattere programmatico fu disatteso per diversi fattori come i mutamenti dello scenario internazionale (rottura alleanza Stati Uniti – Russia); il conseguente inasprimento in Italia dei rapporti tra i partiti antifascisti (esclusione dal governo del Partito socialista e del Partito comunista); la determinazione dei governi centristi a combattere il pericolo del comunismo. Negli anni 60 e 70 ci fu un progressivo adeguamento legislativo alle norme costituzionali favorito dalle spinte riformiste.Le fonti del diritto – L’organizzazione gerarchica delle fonti
Le norme giuridiche sono generate da atti o fatti detti fonti del diritto. Nel diritto esistono: fonti di produzione, la cui funzione è quella di produrre le norme giuridiche e si dividono in fonti di fatto (nascono dai comportamenti spontanei e ripetuti nel tempo della collettività) e in fonti atto (norme scritte emanate da appositi organi). Le fonti di produzione sono organizzate gerarchicamente: Fonti costituzionali (costituzione, leggi costituzionali, leggi di revisione), Fonti primarie (regolamenti UE, decreti legge, leggi regionali, leggi ordinarie), Fonti secondarie (regolamenti statali, regionali, locali), Fonti non scritte (usi e consuetudini); fonti di cognizione che servono a raccogliere e a portare a conoscenza dei cittadini le norme prodotte; la più importante è la Gazzetta Ufficiale.
– Le fonti costituzionali
La Costituzione è la raccolta delle norme fondamentali dello Stato e il testo fu scritto nel 1946 da un’Assemblea costituente eletta dal popolo. Le leggi costituzionali sono norme che integrano la Costituzione. Le leggi di revisione sono norme che modificano gli articoli della Costituzione. Sia le leggi costituzionali che di revisione devono essere approvate dal Parlamento con due votazioni della Camera dei Deputati e due del Senato.
– Le fonti primarie
I regolamenti comunitari sono leggi emesse dall’Unione europea e sono valide in tutti i paesi dell’Europa e prevalenti sulle leggi degli Stati. Le leggi ordinarie sono leggi emanate dal Parlamento attraverso un iter legislativo attraverso le fasi dell’iniziativa, della discussione e approvazione, della promulgazione e della pubblicazione. Le leggi sostanziali sono leggi emanate dal Governo, invece che dal Parlamento, per particolari circostanze; si distinguono in Decreti legge e Decreti legislativi e non seguono l’iter legislativo. Le leggi regionali sono leggi che ogni Regione, attraverso il suo consiglio, emana limitatamente al proprio territorio.
– Le fonti secondarie
I regolamenti statali sono norme emanate dal Governo per chiarire i criteri di applicazioni delle leggi ordinarie e sostanziali e garantirne il rispetto. Gli usi o consuetudini sono comportamenti ripetuti nel tempo da una determinata collettività con la convinzione che siano giuridicamente obbligatori. Sono ammesse solo se richiamate da una legge (sucundum legem) e se disciplinano materie non regolate da una norma scritta (pareter legem).
L’efficacia delle norme giuridiche nel tempo
– L’inizio di efficacia delle leggi
Le norme giuridiche, una volta emanate, devono essere divulgate a tutti i cittadini affinché le rispettino. Per questo sono pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale ed entrano in vigore, trascorsi quindici giorni dalla data della loro pubblicazione; questo periodo prende il nome di vacatio legis, cioè mancanza di legge, nel senso che non è ancora operante. Una volta entrate in vigore le norme si caratterizzano per la loro irretroattività, cioè valgono solo per l’avvenire e non per il passato.
– La cessazione di efficacia delle norme giuridiche
Una volta entrata in vigore una norma è valida fino al momento in cui non viene annullata o abrogata. L’annullamento di una legge può avvenire tramite una sentenza della Corte costituzionale qualora risulti incompatibile con i principi della Costituzione. L’abrogazione di una legge può avvenire per effetto di una nuova legge o per referendum abrogativo. Nella prima ipotesi si parla di abrogazione espressa o tacita secondo se la nuova norma ne dichiari o meno l’attuazione; nella seconda ipotesi l’abrogazione avviene attraverso il voto del popolo che decide se la legge deve rimanere o meno in vigore. Il referendum risulta valido se alla votazione partecipa almeno il 50% +1 degli aventi diritto, altrimenti risulta inefficace per mancanza del “quorum”.
L’efficacia delle norme giuridiche nello spazio
L’efficacia delle norme giuridiche nello spazio è definita in base ai principi di territorialità, di nazionalità, della legge locale e di reciprocità. In base al principio di territorialità, le leggi di uno Stato valgono all’interno dei suoi confini e si applicano anche agli stranieri che si trovano sul territorio. Per il principio di nazionalità, per quello che attiene alla persona (relazioni familiari, eredità) si applica la legge dello Stato a cui si appartiene. Per il principio della legge locale i rapporti che regolano le cose o i fatti accaduti nello Stato sono disciplinati dalle leggi esistenti dove si è verificato il fatto. Per il principio di reciprocità gli stranieri godono in Italia gli stessi diritti riconosciuti ai cittadini italiani nei loro Stati di appartenenza.
Domande da interrogazione
- Quali furono le caratteristiche principali dello Statuto Albertino?
- Come si è evoluto il sistema politico italiano durante il periodo liberale?
- Quali furono le conseguenze delle leggi fascistissime emanate da Mussolini?
- Quali furono i passaggi chiave nella transizione dall'Italia monarchica alla repubblica?
- Quali sono i caratteri distintivi della Costituzione italiana rispetto allo Statuto Albertino?
Lo Statuto Albertino era una costituzione breve, flessibile, ottriata e confessionale, basata sulla centralità del sovrano e con un parlamento bicamerale.
Durante il periodo liberale, il sistema politico italiano si è evoluto verso una monarchia parlamentare, con il Parlamento che poteva sfiduciare il Governo e i ministri che necessitavano dell'approvazione parlamentare.
Le leggi fascistissime portarono alla soppressione delle libertà sindacali e civili, rafforzarono il potere del "duce" e reintrodussero la pena di morte per reati contro lo Stato.
La transizione avvenne con l'abdicazione del re nel 1946, la consultazione elettorale del 2 giugno 1946 che portò alla scelta della forma repubblicana e l'elezione dell'Assemblea Costituente.
La Costituzione italiana è popolare, rigida, lunga, compromissoria, programmatica e democratica, differenziandosi dallo Statuto Albertino per la sua complessità e inclusività dei diritti.