Concetti Chiave
- La Corte costituzionale bilancia la libertà di espressione con la quiete pubblica, evidenziato in sentenze su reati come le grida sediziose e l'apologia di delitto.
- La penalizzazione di condotte che provocano violente reazioni contro l'ordine pubblico è ritenuta legittima, come indicato nella sentenza 108/1974.
- Il reato di hate speech, incluse espressioni di odio razziale, è sanzionato dalla legge italiana, in particolare dalla legge Mancino del 1993.
- La norma punisce la propaganda e l'istigazione alla discriminazione razziale, etnica, nazionale o religiosa, sostituendo i termini più restrittivi del testo originario.
- Esiste un dibattito sulla compatibilità tra la repressione penale di tali idee e la libertà di espressione, sebbene la legittimità costituzionale dell'istigazione sia chiara.
Bilanciamento fra libertà di espressione e quiete pubblica
Tramite le sue sentenze, la Corte costituzionale ha cercato di bilanciare la tutela della libertà di espressione con la necessità di preservare uno stato di quiete pubblica (sent. 120/1957 sul reato di «grida e manifestazioni sediziose», ora depenalizzato; sent. 84/1969 sul reato di boicottaggio, qualora non si configuri come semplice propaganda; sent. 65/1970 sull’apologia di delitto, considerata punibile solo quando si traduca in un’istigazione «indiretta» a commettere un delitto; sent.
16/1973 sull’istigazione dei militari a disobbedire alle leggi o violare il giuramento). Questo orientamento è ancora più evidente nella pronuncia in cui, pur dichiarando incostituzionale il reato di istigazione all’odio fra le classi sociali nella parte in cui non si prevedeva che l’istigazione avvenisse «in modo pericoloso alla pubblica tranquillità», ritenne comunque legittima la penalizzazione di tutte quelle condotte capaci di causare «violente reazioni contro l’ordine pubblico» (sent. 108/1974).La questione circa l’idoneità dell’ordine pubblico a fondare limiti ai diritti costituzionali può venire in rilievo nel caso del cosiddetto hate speech, cioè quelle forme espressive che tradiscono odio e risentimento nei confronti di specifici gruppi di persone. In questa ampia categoria possono essere ricomprese le espressioni di odio razziale o etnico, che nel nostro ordinamento sono sanzionate dall’art. 3 della legge 654/1975 (come modificato dalla legge Mancino del 1993). La norma punisce chiunque «propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico» ovvero «istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi» (si noti che i termini «propaganda» e «istiga» hanno sostituito i termini «diffonde» e «incita» previsti ancor più restrittivamente dal testo originario).
Nessun dubbio sulla legittimità costituzionale del reato di istigazione, in coerenza con la giurisprudenza della Corte, ma fino a che punto la repressione penale della propaganda di tali idee è compatibile con la libertà di espressione e diffusione del pensiero?
Domande da interrogazione
- Qual è l'approccio della Corte costituzionale nel bilanciare la libertà di espressione con la quiete pubblica?
- Come viene trattato l'hate speech nel contesto dell'ordinamento giuridico italiano?
- Quali sono le implicazioni della repressione penale della propaganda di idee di odio sulla libertà di espressione?
La Corte costituzionale cerca di bilanciare la libertà di espressione con la quiete pubblica, dichiarando incostituzionali alcune leggi solo se non prevedono che l'istigazione avvenga in modo pericoloso per la tranquillità pubblica, ma legittimando la penalizzazione di condotte che causano violente reazioni contro l'ordine pubblico.
L'hate speech, specialmente quello basato su odio razziale o etnico, è sanzionato dall'art. 3 della legge 654/1975, modificata dalla legge Mancino del 1993, che punisce la propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico e l'istigazione a commettere atti di discriminazione.
La repressione penale della propaganda di idee di odio solleva questioni sulla compatibilità con la libertà di espressione, poiché, sebbene l'istigazione sia considerata legittima, resta da valutare fino a che punto la penalizzazione della propaganda di tali idee sia compatibile con la libertà di espressione e diffusione del pensiero.