Concetti Chiave
- L'articolo 2106 del Codice civile stabilisce che le sanzioni disciplinari devono essere proporzionali alla gravità delle infrazioni commesse dai lavoratori.
- L'articolo 7 dello statuto dei lavoratori impone che le sanzioni e le infrazioni siano definite secondo quanto stabilito da accordi e contratti collettivi di lavoro.
- I contratti collettivi di lavoro istituiscono un codice disciplinare che deve essere visibile e accessibile a tutti i lavoratori.
- Le sanzioni disciplinari si dividono in conservative, che permettono la continuazione del rapporto di lavoro, e estintive, che lo interrompono.
- Le sanzioni conservative includono rimproveri verbali o scritti, multe e sospensioni, senza però modificare le mansioni o trasferire il lavoratore.
Articolo 2106 del Codice civile
L’articolo 2106 del Codice civile prevede il principio della proporzionalità: la sanzione irrogata al lavoratore deve essere proporzionata alla gravità dell’infrazione commessa.
L’articolo 7 dello statuto dei lavoratori ha invece modificato l’esercizio del potere disciplinare sia sotto il profilo sostanziale sia dal punto di vista procedurale. In primo luogo, le norme relative alle sanzioni disciplinari e alle infrazioni per le quali queste possono essere irrogate devono applicare quanto stabilito in materia da accordi e contratti collettivi di lavoro. Il datore di lavoro non può pertanto prevedere infrazioni e sanzioni a proprio piacimento, ma deve applicare obbligatoriamente le norme dei contratti collettivi, i quali solitamente istituiscono il codice disciplinare (obbligatoriamente affisso in un luogo accessibile a tutti i lavoratori). In sostanza, dalla lettura dell’articolo 7 si evince che i casi in cui l’esercizio del potere disciplinare è considerato legittimo devono essere definiti ex ante (preventivamente).
Le sanzioni che il datore di lavoro può irrogare possono essere conservative o estintive. La prima categoria consente la prosecuzione del rapporto; la seconda, al contrario, ne determina la cessazione.
Le sanzioni conservative previste dai CCNL (contratti collettivi nazionali di lavoro) sono, in ordine crescente di gravità, il rimprovero verbale, il rimprovero scritto o la censura, la multa (il cui importo non può essere superiore alla retribuzione di quattro ore lavorative), la sospensione dal lavoro e dallo stipendiamento (per un massimo di dieci giorni). Dopo l’erogazione della sanzione conservativa il lavoratore continua a svolgere la propria attività alle medesime condizioni del passato. Il comma 4 dell’art. 7 prevede inoltre che ragioni disciplinari non possono determinare il mutamento di mansioni o il trasferimento del lavoratore. Se quest’ultimo ritiene che tali atti gestionali, pur motivati in maniera diversa, siano in realtà determinati da ragioni disciplinari, può impugnarli in giudizio e farli dichiarare nulli.