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Concetti Chiave

  • Dante, durante il suo esilio, sperava di tornare a Firenze non attraverso la forza, ma grazie a opere letterarie che dimostrassero il suo valore morale.
  • Leonardo Bruni documenta che Dante cercava di riconquistare il favore dei governanti fiorentini con buone opere e comportamenti.
  • Intorno al 1304, Dante iniziò a lavorare su opere dotte, come il Convivio e il De vulgari eloquentia, per dimostrare il suo valore intellettuale e morale.
  • Dante interruppe le sue opere in prosa e si convinse che una grande opera, la Commedia, avrebbe meglio attestato il suo valore.
  • Il desiderio di tornare a Firenze è espresso sia nel Paradiso che nel Convivio, sottolineando il tema ricorrente del desiderio di ritorno e riconciliazione con la città natale.

Indice

  1. Lo stato d'animo del poeta
  2. Altri aspetti importanti

Lo stato d'animo del poeta

Più in generale, c'è invero una fase della vita di Dante in cui lo stato d'animo di lui, quale ci risulta da varie testimonianze, sue e di altri, sembrerebbe consonare con il tono generale del Purgatorio. Dante esiliato sperò dapprima di poter tornare in patria con la forza delle armi, insieme con gli altri fuorusciti; ma quando le azioni belliche fallirono, e la compagnia con la quale si era trovato a precipitare nella miseria dell'esilio si fu palesata "malvagia e scempia" (Paradiso XVII 61-69), egli rinunziò alla diretta politica attiva.

La speranza di rientro puntò altrove; cercò, dice Leonardo Bruni, documentato biografo, "con buone opere e con buoni portamenti riconquistar la grazia di poter tornare in Firenze per ispontanea revocazione di chi reggeva la terra...". Più o meno in questo periodo, intorno al 1304, Dante concepì il proposito di attendere a opere estremamente dotte, in volgare e in latino, il Convivio e il De vulgari eloquentia: pensava che le rime d'amore con le quali aveva esordito non avessero dato ai Fiorentini la misura del suo valore soprattutto nel campo morale, e sperava che la nuova attività li convincesse della perdita che la città aveva fatto esiliandolo, e gli riaprisse pertanto le porte della patria senza che egli fosse obbligato a rinnegare sé stesso.

Altri aspetti importanti

Anche prima dell'esilio aveva composto rime allegoriche e dottrinali: sta di fatto che in questi anni, probabilmente con lo stesso intento, Dante si pone categoricamente come poeta della rettitudine, cioè morale, e registra esplicitamente più volte il suo mutamento d'indirizzo poetico. Interrompe presto le due grandi opere in prosa, e anche la sua attività lirica non va oltre, a quel che sappiamo, al 1307-08, e travalica questa data con una canzone, Amor, da che convien, sotto ogni aspetto frutto tardivo e isolato: forse si convinse che a dar prova del suo alto valore meglio giovasse un'opera grandiosa, non mai prima tentata da alcuno, insieme di dottrina e di poesia, la Commedia.

Dante ci parla di questa sua speranza ancora verso la fine del Paradiso: "Se mai continga che 'l poema sacro...vinca la crudeltà che fuor mi serra del bello ovile..." (Paradiso XXV 1 ss.): parole che richiamano con precisione altre della sua ora citata ultima canzone: "...Fiorenza, la mia terra, che fuor di sé mi serra" (Rime CXVI 77-78), e più innanzi si parla della crudeltate della città. D'altra parte, la testimonianza del Bruni trova conferma in una famosa pagina proprio del principio del Convivio: "Poi di gettarmi fuori del suo dolce seno - nel quale nato e nutrito fui in fino al colmo de la vita mia, e nel quale, con buona pace di quella, desidero con tutto lo cuore di riposare l'animo stancato e terminare il tempo che m'è dato -,..." (Convivio I iii 4).

E' una pagina nel tono che poi sarà prevalente nel Purgatorio (si dice "prevalente", non esclusivo: non mancano infatti nella seconda cantica imponente e sciabolate, come nella prima non sono assenti toni di pacata mestizia): ma è una pagina che è antecedente allo stesso Inferno.

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