Concetti Chiave
- Nella II cornice del Purgatorio, i peccatori di invidia attendono purificazione sotto l'Angelo della Misericordia.
- Gli invidiosi siedono con occhi cuciti e cilicio, sostenendosi e recitando le Litanie dei Santi.
- Sapia senese si distinse per gioire delle disgrazie altrui e chiese la sconfitta dei Fiorentini contro i Senesi.
- Nonostante il suo pentimento finale, è grazie alle preghiere di Pier Pettinaio che Sapia evita l'Antipurgatorio.
- Sapia esprime un doppio dolore: la mancanza di male altrui e il rimorso per la sua invidia.
La Cornice dell'Invidia
Nella II cornice del Purgatorio, custodita dall’Angelo della Misericordia, attendono di essere purificati coloro che in vita commisero il peccato dell’invidia, ma che, in punto di morte si pentirono. Descritti nel canto XIII del Purgatorio, essi sono costretti a stare seduti sulla ripa del monte, coperti da un cilicio e con gli occhi cuciti con del fil di ferro. Si sostengono a vicenda, recitano le Litanie dei Santi, riflettono su esempi di carità, illustrati da voci soavi e su esempi di invidia punita, gridati da voci spaventose.
Il Pentimento di Sapìa
Dante chiede se qualcuno di questi spiriti sia italiano e una delle anime risponde che ormai tutte ora sono cittadine del Cielo e che, essa, durante la vita terrena, fu italiana, anzi di Siena. Si tratta di Sapìa senese che nella vita si rallegrò più delle sventure altrui che della proprie fortune a tal punto che, quando i Senesi combatterono contro i Fiorentini, invocò da Dio la loro sconfitta e vedendo esaudito il proprio desiderio, gridò a Dio di non temerlo più, come fa il merlo quando compaiono i primi segnali del bel tempo. In punto di morte sì pentì e sarebbe ancora nell’Antipurgatorio se non fosse stata aiutata dalle preghiere di suffragio di Pier Pettinaio. Raccontata la sua storia, Sapìa chiede a Dante di ricordarla nelle sue preghiere di suffragio e di rimetterla in buona fama fra i suoi parenti, ancora in vita fra i Senesi, quando sarò ritornato sulla terra. Nelle parole di Sapìa troviamo un duplice dolore: quello che provava nel mondo quando non vedeva realizzato il male altrui che tanto desiderava e quello che prova ora per averlo commesso.