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Concetti Chiave

  • Il cammino di Dante è caratterizzato da un gioco di luci e ombre, dove il sole al tramonto proietta ombre significative che attirano l'attenzione delle anime penitenti.
  • Le anime nel Purgatorio si interrogano su Dante, stupite dalla sua ombra corporea, che indica che non è morto, innescando un dialogo profondo e curioso.
  • Guido Guinizelli, maestro del dolce stil novo, appare tra i lussuriosi, dove il suo peccato viene purificato dal fuoco, nonostante il suo contributo alla poesia amorosa.
  • Il confronto tra poeti come Guittone e Arnaldo Daniello evidenzia polemiche letterarie e l'evoluzione del linguaggio poetico, con Dante che esalta l'arte del volgare elevato.
  • Arnaldo Daniello, parlando in provenzale, richiama la musica e la suggestione, evidenziando la sua penitenza e la speranza di redenzione nel Purgatorio.

Indice

  1. Il cammino e l'ombra
  2. Contrasti di luce e ombra
  3. Dialogo con le anime
  4. Guido Guinizelli e i lussuriosi
  5. Il peccato e la purificazione
  6. Guido Guinizelli e il dolce stil novo
  7. L'incontro con Guido Guinizelli
  8. Stazio e il desiderio di Dante
  9. Dante e Guido: un legame poetico
  10. L'arte del volgare
  11. Critica letteraria e dolce stil novo
  12. Guittone e la polemica letteraria
  13. Arnaldo Daniello e il purgatorio
  14. Arnaldo Daniello e il canto provenzale

Il cammino e l'ombra

Mentre procedevamo con cautela (sì: cfr.

canto XXV, versi 115-117) lungo il margine esterno della cornice, uno davanti all'altro, e spesso il valente maestro mi diceva: « Fa' attenzione: ti sia utile il fatto che ti rendo accorto del pericolo »,

il sole che, diffondendo i suoi raggi, già cambiava in bianco l'aspetto azzurrino della zona occidentale del cielo (avviandosi ormai al tramonto), mi colpiva la parte destra del corpo;

ed io con l'ombra (proiettata dal mio corpo) facevo apparire la fiamma più rosseggiante; e vidi che molte ombre, pur continuando a camminare, prestavano attenzione anche solo a un così piccolo indizio.

Contrasti di luce e ombra

Il canto si apre con un forte gioco di contrasti: la luce del sole che tramonta trasforma, per trapassi insensibili, il colore del cielo ad occidente, laddove ogni forma di attenuazione scompare nella notazione che definisce in termini recisi, con un'animazione che richiama un conflitto armato e il sangue sparso (ferìami), il punto esatto in cui questa luce tocca Dante (in su l'omero destro) proiettandone l'ombra sul muro compatto di fiamme. Canto 26 Purgatorio - Prosa articoloDa questo emana altra luce, con effetti diversi e diversa risonanza simbolica, e in esso ombre si stupiscono per l'improvvisa intensità che tale luce acquista dove l'ombra del corpo del pellegrino la protegge dai raggi solari. Osserva il Gallardo: "L'inizio di questo canto sembra richiamare quello del canto XXIII del Purgatorio; ma in realtà, anche se simile è il legame che lo unisce al canto precedente, assai diverso è il quadro, e nuovo. Qui è tutto movimento e senso del pericolo, mentre là era curiosità e desiderio di conoscere; e qui è vivo contrasto di luci e d'ombra che ben si addice al peccato di lussuria". Il Momigliano, d'altro canto, ha fatto acuti rilievi, a proposito di queste terzine iniziali, sulla capacità che ha Dante di "sostanziare di realtà una situazione irreale" ed ha additato in questo esordio "una concreta variante del motivo abituale all'Inferno e al Purgatorio: il modo come gli spiriti si accorgono che Dante è vivo". Partendo da queste osservazioni di carattere generale del Momigliano, il Roncaglia ha sottolineato come "il concreto realismo" si traduca "qui in effetti suggestivi di stupore...", rilevando, a proposito dei versi 10-12, l' "insistenza, che altrimenti potrebbe sembrare sovrabbondante, sullo aspetto incoativo dell'azione", onde in questo inizio di canto tutto "è trattenuto, rallentato, sospeso. E quando uno degli spiriti si rivolge infine a Dante [versi 16-18], parlando per tutti, anche la sua allocuzione allarga i tempi in una riguardosa e dubitativa perifrasi".


Dialogo con le anime

Questo fu il motivo che offri loro l'occasione di rivolgermi la parola; e cominciarono tra loro a dire: « Questo non sembra un corpo apparente (fittizio: come quello dei penitenti)».

Poi alcuni si spostarono verso di me, quanto fu loro possibile, sempre facendo attenzione a non uscire dalla fiamma.

« O tu che cammini dietro agli altri, non per il fatto di essere più pigro, ma forse per manifestare rispetto, rispondi a me che ardo nella sete (di sapere) e nel fuoco (purificatore).

Né la tua risposta è necessaria solo a me; perché tutte queste anime ne hanno maggior sete che non gli Indi o gli Etiopi (i popoli delle due regioni considerate le più calde della terra) di acqua fresca.

Spiegaci per quale ragione con la tua persona fai ostacolo ai raggi del sole, proprio come se tu non fossi ancora morto. »

Così mi parlava uno di loro: ed io mi sarei già manifestato, se la mia attenzione non si fosse volta ad uno spettacolo nuovo che apparve in quel momento,

poiché attraverso lo spazio occupato dalle fiamme (per lo mezzo del cammino acceso) avanzava una schiera in direzione opposta a quella della prima (alla quale appartiene l'anima che ha ora parlato), la quale concentrò la mia attenzione nell'osservare.

Li vedo (veggio) da ognuna delle due schiere farsi avanti sollecita ciascuna ombra e baciarsi una con l'altra senza fermarsi, contente di questa breve gioia

allo stesso modo dentro la loro fila scura le formiche si toccano l'un l'altra con il muso, forse per cercare di sapere la via da percorrere e il cibo che potranno trovare.

Non appena le due schiere interrompono l'abbraccio, prima di aver compiuto il primo passo per procedere oltre quel punto, ciascuna si sforza di gridare con voce che superi (quella dell'altro gruppo):

la seconda schiera: « Sodoma e Gomorra »; e la prima: « Pasifae si nasconde nella vacca, affinché il toro possa soddisfare il suo istinto ».

Poi simili a gru che (disponendosi in due gruppi) volino in parte verso le montagne del settentrione e in parte verso i deserti africani, queste desiderose di fuggire il freddo, quelle il caldo.

un gruppo si allontana (verso sinistra), l'altro procede (verso destra, nella stessa direzione dei poeti); e ricominciano, piangendo, l'inno «Summae Deus clementiae» (primi canti: cfr. canto XXV, 121) e gli esempi più adatti al loro tipo di lussuria;

e quegli stessi che mi avevano pregato (di parlare) si riaccostano a me, come prima (cfr. versi 13-15). mostrandosi nell'aspetto attenti ad ascoltare.

Io, che per due volte (ora e prima dell'arrivo dei sodomiti) avevo visto ciò che essi desideravano conoscere, incominciai: « O anime sicure di conseguire, presto o tardi, una condizione di felicità,

le mie membra non sono rimaste in terra né giovani (acerbe: per morte precoce) né vecchie (mature: per morte naturale nella vecchiaia), ma esse sono qui con questo corpo che vedete con il loro sangue e con i loro nervi.

Da questo monte salgo verso il cielo per non essere più ottenebrato (dal peccato e dall'errore): c'è una donna (Beatrice per molti, la Vergine per alcuni) nel paradiso che mi ha impetrato grazia da Dio, per la quale grazia io porto il mio corpo ('l mortal) nel mondo del purgatorio (per vostro mondo).

Ma possa essere presto appagato il vostro maggior desiderio, cosicché vi accolga l'Empireo, il cielo che è pieno di amore e che racchiude tutti gli altri cieli,

ditemi (in nome di questo augurio), affinché anche di questo io possa scrivere, chi siete voi, e chi è quella schiera che procede in direzione opposta alle vostre spalle ».

Come (non altrimenti) si confonde stupefatto il montanaro, e meravigliandosi ammutolisce, quando rozzo e selvatico entra in città,

allo stesso modo fece ciascuna anima nel suo aspetto; ma dopo che si furono liberate dallo stupore, il quale negli animi elevati presto si attutisce (s'attuta: perché subentra la riflessione),

« Beato te » ricominciò l'anima che prima mi aveva interrogato, « che per morire in grazia di Dio (per morir meglio), fai esperienza del nostro mondo!

Le anime che camminano in direzione opposta alla nostra, hanno offeso (Dio) con il peccato per il quale Cesare una volta, mentre celebrava il trionfo, si sentì ironicamente chiamare regina:


Guido Guinizelli e i lussuriosi

Guido Guinizelli presenta il secondo gruppo dei lussuriosi, coloro che si macchiarono del peccato di sodomia, peccato che alcune fonti storiche (Svetonio - Vitae Caesarum 49; e, come fonte diretta di Dante, Uguccione da Pisa nelle Magnae Derivationes) attribuiscono anche a Caio Giulio Cesare. Questo fu accusato di aver avuto rapporti contro natura con Nicomede, re di Bitinia (da ciò deriva l'espressione del verso 78: regina), e mentre celebrava il trionfo militare dopo la spedizione vittoriosa in Gallia fu schernito dai suoi stessi soldati.

Il peccato e la purificazione

per tale peccato si allontanano da noi gridando "Sodoma", rimproverando se stessi, come hai udito, e con la vergogna completano l'opera purificatrice della fiamma.

Il nostro peccato invece avvenne tra persone di sesso diverso; ma poiché (pur non peccando contro natura) non osservammo la legge della ragione (umana legge: la norma alla quale deve attenersi l'uomo in quanto essere razionale e perciò obbligato a frenare gli istinti), abbandonandoci all'istinto come le bestie,

a nostro obbrobrio, gridiamo, quando ci allontaniamo dall'altra schiera, il nome di Pasifae, colei che si fece bestia nel legno fatto in forma di bestia.


Dante nel verso 82 ha trasformato in aggettivo il nome di Ermafrodito, figlio di Mercurio e di Venere, il quale, innamoratosi della ninfa Salmace, si unì a lei formando un solo corpo con i caratteri dei due sessi (cfr. Ovidio Metamorfosi IV, versi 288 sgg.).

Ora puoi capire il nostro comportamento qui e il peccato di cui ci macchiammo: se vuoi forse sapere chi siamo con l'indicazione del nostro nome, non è il momento opportuno per farlo, né saprei indicarti i miei compagni.

Placherò ben volentieri il tuo desiderio (farotti ben... volere scemo) riguardo a me: sono Guido Guinizelli; e (benché sia morto non molti anni fa) mi trovo già a purificarmi nel purgatorio vero e proprio, per essermi pentito prima di giungere al momento estremo della vita.

Guido Guinizelli e il dolce stil novo

Guido Guinizelli nacque dalla nobile famiglia bolognese dei Principi fra il 1230 e il 1240 e morì nel 1276. Può essere considerato l'iniziatore del dolce stil novo, del quale fu il massimo esponente prima di Guido Cavalcanti. La sua composizione più famosa, "Al cor gentil repara sempre Amore", apre una nuova strada e nell'uso della lingua volgare e nella concezione dell'amore che presuppone la nobiltà dell'animo. Dante lo considerò come il suo maestro nella poesia amorosa, definendolo "saggio" nel sonetto "Amor e 'I cor gentil" della Vita Nova (XX), "nobile" nel Convivio (IV, XX, 7) , "grandissimo" nel De Vulgari Eloquentia (I, XV, 6). Lo pone, tuttavia, nella cornice dei lussuriosi per sottolineare la presenza nella sua poesia amorosa di elementi sensualistici, presenza "ch'è pur nella poesia d'amore dantesca anteriore alla Commedia, e di cui Dante, patendo fisicamente lo stesso fuoco del Guinizelli e del provenzale Arnaldo, fa qui la « purga »: letteraria e dottrinale" (Mattalia).


L'incontro con Guido Guinizelli

Nello stesso stato d'animo in cui si trovarono nell'episodio di dolore e di ira di Licurgo i due figli quando videro la madre, mi trovai io, ma non osai buttarmi tra le fiamme,

allorché udii pronunciare il suo nome da Guido, padre (nel campo poetico) mio e degli altri rimatori migliori di me che scrissero versi d'amore dolci ed eleganti;


Stazio e il desiderio di Dante

Stazio nella Tebaide racconta che Isifile, diventata schiava di Licurgo, re di Nemea, e incaricata di custodirne il figlioletto, abbandonò quest'ultimo sull'erba per mostrare ai Greci assetati la fonte Langia (cfr. Purgatorio XXII, 112); ma un serpente morse il bambino uccidendolo. Isifile venne condannata a morte: mentre era già nelle mani dei carnefici, venne riconosciuta dai figli Toante ed Euneo, che si slanciarono tra i soldati, raggiungendo la madre e portandola in salvo. Dante paragona l'intensità del desiderio che lo spinge ad entrare nel fuoco per abbracciare Guido all'impeto di affetto con il quale i giovani corsero verso la madre.

Dante e Guido: un legame poetico

e senza udire e parlare procedetti pensoso osservando a lungo Guido, e, a causa del fuoco, non mi avvicinai di più a lui.

Quando fui pago di guardarlo, mi dichiarai tutto pronto a soddisfare le sue richieste con l'affermazione alla quale tutti credono (cioè mediante il giuramento) .

Ed egli a me: « Tu lasci dentro di me, per quello che ho udito (cfr. versi 55-60), una impronta così profonda e così luminosa, che il Letè (il fiume dell'oblio: cfr. canto XXVIII, 127-128) non la potrà cancellare né oscurare,

Ma se le tue parole poco fa mi hanno giurato il vero, dimmi quale è il motivo per il quale tu dimostri nelle parole e nello sguardo di avermi caro ».

Ed io a lui: « Le vostre dolci rime, che, finché durerà l'uso di poetare in volgare (quanto durerà l'uso moderno), renderanno preziosi anche i loro inchiostri ».


L'arte del volgare

L'affermazione contenuta nel verso 113 è chiarita da un passo della Vita Nova (XXV, 4), dove Dante osserva che "non è molto numero d'anni passati, che appariro prima questi poete volgari", i quali sostituirono ali uso della lingua latina quello del volgare, conferendo dignità letteraria all'idioma adoperato nella vita quotidiana, al parlar materno (verso 117) , che si impara dalla bocca della madre, di contro ai latino imparato sui testi.

« O fratello », disse, « questo che ti indico con il dito », e additò uno spirito davanti, « fu migliore artefice nell'uso della sua lingua materna.

Fu superiore a tutti coloro che scrissero poesie, prose in volgare non badare agli sciocchi i quali affermano che è superiore il poeta del Limosino.


Critica letteraria e dolce stil novo

I versi d'amore sono le liriche amorose in lingua provenzale e italiano le prose di romanzi sono le narrazioni di amori e di avventure che caratterizzarono la letteratura in lingua d'oil, in modo particolare il ciclo brettone. Quel di Lemosì è Girardo (Giraud di Bornelh, poeta provenzale nato a Limosino nella seconda metà del secolo XII e definito da Dante il canto della rettitudine in un passo del De Vulgari Eloquenyia (II, II, 9). Il suo stile, in confronto a quello prezioso elaborato e complesso del Daniello, appare più semplice e viene giudica negativamente da Dante, di contro ad una diffusa opinione del tempo, che esaltava Girardo come il più grande dei trovatori.

Guittone e la polemica letteraria

(Questi stolti) prestano attenzione a quello che si sente dire più che a quello che è realmente, e così formano la loro opinione prima di ascoltare gli argomenti dell'arte o della ragione.

Così fecero molti della passata generazione letteraria a proposito di Guittone, dando onore soltanto a lui col ripetere di bocca in bocca lo stesso giudizio, finché ha annullato il suo nome il retto giudizio di molti letterati (con più persone che hanno ascoltato la voce dell'arte o della ragion).

Per la figura di Guittone del Viva di Arezzo cfr. la nota al canto XXIV, versi 56-57. Dante, che ha riaperto nei versi 119-120 la vecchia polemica tra Arnaut Daniel e Giraut de Bornelh, risolvendola in favore del primo per la raffinatezza del linguaggio, ripropone ora, nei versi 124-126, il duro giudizio formulato nel De Vulgari Eloquentia (II, VI, 8) e nella Commedia (cfr. Purgatorio XXIV, 55-62) contro Guittone e i suoi imitatori in nome della superiorità del dolce stil novo. Egli rimprovera il poeta aretino e i suoi seguaci di essere rimasti legati al rozzo linguaggio plebeo, respingendo l'uso del volgare nelle sue forme più eleganti, quale veniva praticato nella nuova poesia.

Contrapponendosi ad una opinione espressa dal Momigliano - secondo il quale in questa parte dell'episodio, che ha per protagonista l'iniziatore della corrente letteraria del dolce stil novo "l'interesse di Dante non è poetico ma letterario, polemico: press'a poco come nell'episodio di Bonaggiunta" , il Roncaglia rileva che ivi "piuttosto che dal lato dell'« interesse letterario », il rischio per la poesia si profila, semmai, proprio dal lato dell'autobiografismo", e ricorda in proposito i pareri formulati dal Torraca ("io sento qui ribollire i rimasugli dei vecchi rancori") e dal Crescini ("Dante perde la pazienza, si abbandona, senza ritegno, alle focose sue predilezioni"). "Ma - aggiunge il critico - la passionalità autobiografica, rilevata da questi giudizi, è mediata dalla fede nella validità assoluta della propria esperienza, onde si trasforma nella contemplazione d'una verità già sofferta, ora posseduta fuori d'ogni contingenza... Il ricordo delle emozioni estetiche provate, e delle certezze intellettuali che ne scaturirono è troppo appassionato per essere « critica»; ma nello stesso tempo è sollevato, attraverso la mediazione d'una matura coscienza critica, su un piano troppo assoluto per essere autobiografia »."

Arnaldo Daniello e il purgatorio

Ora se tu godi di un così ampio privilegio, che ti è permesso entrare nel paradiso (chiostro che racchiude i beati, come in terra il chiostro racchiude coloro che si dedicano alla vita religiosa) nel quale Cristo è il capo della comunità (abate del collegio),

recita davanti a Lui per me un Pater noster, quel tanto che occorre a noi anime del purgatorio, dove non siamo più soggette alla possibilità di peccare (e perciò bisogna sopprimere l'espressione finale "e non ci indutre in tentazione"). »

Poi, forse per dare luogo a un altro dopo di lui che gli stava vicino, scomparve nel fuoco, come scompare nell'acqua il pesce che si dirige verso il fondo.

Io mi avanzai un poco verso lo spirito che mi era stato indicato (al mostrato: cfr. versi 115-116) , e dissi che il desiderio di conoscerlo preparava (nella mia anima) una grata accoglienza al suo nome.

Egli cominciò a dire senza farsi pregare (liberamente): «Tanto mi è cara la vostra cortese domanda, che io non mi posso né voglio nascondermi a voi.

lo sono Arnaldo, che piango e vado cantando; pensoso contemplo la passata follia e vedo gioendo, davanti a me, il giorno che spero.

Ora vi prego, per quella virtù (cioè Dio) che vi conduce al sommo della scala (del purgatorio), vi sovvenga a tempo del mio dolore! »

Poi si nascose nel fuoco che li purifica.

Arnaldo Daniello e il canto provenzale

Arnaldo Daniello ha parlato in provenzale, dandoci l'unico brano in lingua straniera, ad eccezione di brevi espressioni in latino, contenuto nelle tre cantiche; esso è anche "un documento di familiare consuetudine [da parte di Dante] col provenzale" (Mattalia).

L'energia delle immagini penitenziali le quali, a partire dalla conclusione del canto precedente, hanno suggerito il paesaggio di fiamme della cornice dei lussuriosi, e hanno portato agli effetti di potente drammaticità caratterizzanti il sopragridar degli esempi di lussuria punita (versi 37-42), si attenua gradatamente, attraverso il filtro di care memorie, nel dialogo con Guido Guinizelli, onde la sparizione di questo spirito nelle fiamme purificatrici (versi 134-135) è resa attraverso un'espressione la quale "allontana l'immagine del muro di fuoco e vi sostituisce il velo muto e tranquillo dell'acqua" (Momigliano). A sua volta il discorso di Arnaldo Daniello, nel quale "non è da vedere un tratto di verismo linguistico; ma piuttosto un gusto di suggestione musicale simile a quello d'un compositore moderno che inserisca nella propria musica modi arcaici, ad esempio, di gregoriano" (Roncaglia), smorza ulteriormente lo spettacolare ed apocalittico tono derivante alla prima parte del canto dal divampare del fuoco - simbolo al tempo stesso della violenza della passione amorosa e di una rigenerazione totale - nell'ultimo girone del purgatorio. Ogni asperità di dramma è come riassorbita nell'accettazione serena ed appassionata del proprio martirio da parte dell'anima del trovatore provenzale.

Domande da interrogazione

  1. Qual è il significato del contrasto tra luce e ombra nel testo?
  2. Il contrasto tra luce e ombra simboleggia il conflitto tra il peccato e la purificazione, con la luce del sole che trasforma il cielo e l'ombra di Dante che intensifica la fiamma, creando un effetto simbolico di stupore e pericolo.

  3. Chi è Guido Guinizelli e quale ruolo ha nel contesto del dolce stil novo?
  4. Guido Guinizelli è considerato l'iniziatore del dolce stil novo, una corrente poetica che esalta la nobiltà dell'animo e l'uso del volgare. Dante lo considera un maestro nella poesia amorosa, nonostante la sua collocazione tra i lussuriosi per elementi sensualistici nella sua poesia.

  5. Come viene descritto l'incontro tra Dante e Guido Guinizelli?
  6. L'incontro è caratterizzato da un profondo rispetto e ammirazione di Dante per Guido, che viene visto come un padre poetico. Dante esprime il desiderio di avvicinarsi a Guido, ma è trattenuto dal fuoco purificatore.

  7. Qual è la critica letteraria espressa nel testo riguardo a Guittone e la polemica letteraria?
  8. Dante critica Guittone e i suoi seguaci per il loro attaccamento a un linguaggio rozzo, contrapponendo la superiorità del dolce stil novo. Egli sottolinea l'importanza di un linguaggio elegante e raffinato, in contrasto con le opinioni diffuse del tempo.

  9. Chi è Arnaldo Daniello e quale significato ha il suo discorso in provenzale?
  10. Arnaldo Daniello è un trovatore provenzale che parla in provenzale, unico brano in lingua straniera nel testo. Il suo discorso rappresenta una suggestione musicale e un'accettazione serena del proprio martirio, attenuando il dramma del fuoco purificatore.

Domande e risposte

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