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Habilis
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Concetti Chiave

  • Dante, grazie alla Vergine Maria, ottiene la grazia di contemplare Dio, vedendo la Trinità e l'Incarnazione, momenti culminanti del suo viaggio ultraterreno.
  • La narrazione evidenzia l'insufficienza della parola umana e della ragione nel descrivere e comprendere i misteri divini, sottolineando la necessità dell'intervento divino.
  • Dante descrive la Trinità attraverso tre cerchi di diverso colore ma identiche circonferenze, simbolizzando il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.
  • Il poeta vive un'esperienza individuale, senza mediazioni, che culmina con la perfetta compenetrazione del suo desiderio e volontà con l'amore divino.
  • Il canto termina con l'immagine della quadratura del cerchio, una metafora dell'impossibilità di comprendere pienamente i misteri divini con la sola ragione umana.

Indice

  1. La Visione di Dante
  2. Il Mistero della Trinità
  3. L'Insufficienza della Parola
  4. La Grazia della Visione
  5. La Razionalizzazione del Mistero

La Visione di Dante

Ottenuta dalla Vergine Maria la grazia di poter fissare, da vivo, il proprio sguardo in Dio, Dante lo fa: immerge lo sguardo nel Creatore. Vede la Trinità (Dio in tre Persone) e poi l’Incarnazione (un volto d’uomo, quello di Gesù, al centro della Trinità): è il momento culminante del suo viaggio nell’oltretomba.

● i misteri della Trinità e dell’incarnazione;

● l’insufficienza della parola umana;

● l’estasi finale.

● Terzine di endecasillabi a rima incatenata (schema:ABA BCB CDC ecc.).

Il Mistero della Trinità

La parte finale del canto XXXIII narra la visione mistica di Dante: il poeta viaggiatore “vede” prima il miracolo dell’unità di Dio nella Trinità delle persone (vv. 115-120), poi il mistero dell’incarnazione, ovvero un volto d’uomo (Cristo) sfavillare al centro della Trinità (vv. 127-132).

L'Insufficienza della Parola

Bisogna sottolineare che il momento culminante dell’incontro con Dio viene narrato da Dante come un’esperienza squisitamente individuale, tale da riguardare soltanto lui. Beatrice e san Bernardo sono ormai scomparsi: l’incontro con Dio può avvenire solo in prima persona, senza mediazioni. Prima e dopo la visione Dante sottolinea l’insufficienza della parola poetica, la quale non può che balbettare come un bambino al ricordo di quella visione paradisiaca (vv. 106-108): ciò che egli ne può riferire è davvero troppo poco (vv. 121-123). Nelle ultime terzine il poeta sottolinea invece l’insufficienza della ragione umana, alle prese con un mistero troppo grande per poter essere compreso («ma non eran da ciò le proprie penne», v. 139).

La Grazia della Visione

Per questo motivo la «fantasia» (v. 142)¸ spintasi così in alto, sarebbe sconfitta, se non intervenisse Dio: è solo grazie all’intervento divino che il desiderio intellettuale di Dante (capire il mistero) può essere soddisfatto. Il poeta riceve la grazia della visione: la sua «mente fu percossa / da un fulgore» (vv. 140-141), un lampo di luce che, dilatando l’anima, la rende capace di accogliere la visione soprannaturale. A quel punto il «disio» del poeta e la sua volontà si ritrovano perfettamente compenetrati con il ritmo di quell’amore che attira a sé, e quindi fa muovere, l’universo intero con un moto mirabilmente uniforme. Proprio in questo punto il poema trova la sua conclusione.

1.Non perché … travagliava: il concetto è che Dio è immutabile, si sottrae alle dimensioni temporali, è sempre qual s’era davante, “quale era prima”; semmai è Dante che, trasformandosi nel corso della contemplazione, ha l’impressione che sia l’immagine (parvenza) divina a cambiare, ad alterarsi ai suoi occhi. Nel verbo “travagliarsi” c’è anche l’idea che tale visione produce fatica nel poeta: è una visione così alta da risultare insostenibile.

2. tre giri … spiri: Dante descrive la Trinità attraverso l’immagine di tre cerchi di colore diverso, ma le cui circonferenze sono identiche e sovrapposte. Il secondo cerchio (il Figlio, cioè Gesù) è riflesso dal primo (Dio Padre) come arcobaleno da altro arcobaleno. Il terzo cerchio (lo Spirito Santo) è in forma di fuoco, emanazione dell’amore degli altri due. Quinci e quindi sono avverbi di moto da luogo (“da qui e da lì”, “da una parte e dall’altra”).

3.. Oh quanto … “poco”: il motivo dell’ineffabilità divina è uno dei temi salienti di questo canto e di tutto la terza cantica. Ciò che Dante ha visto in paradiso è molto più di quanto la mente possa comprendere e di quanto, adesso, la lingua riesca a comunicare.

O luce etterna … arridi!: Dio si giustifica da sé; è il soggetto e l’oggetto dei propri atti di comprensione e d’amore. Dio risiede (side) in sé e in nessun luogo: il Padre intende se stesso nel Figlio ed è inteso dal Figlio; dall’uno e dall’altro si genera l’amore, cioè lo Spirito Santo. La descrizione è impreziosita dalla figura retorica dell’annominazione, con la quale si accostano parole simili nel suono (intendi, intelletta, intendente), perché derivanti dalla stessa radice, ma distanti nel significato.

6. pinta … effige: viene ora la visione di un altro grande mistero: dopo la Trinità, l’incarnazione. Dante vede dipinta in Dio la natura umana di Cristo. Il concetto viene espresso mediante un’immagine astratta, inafferrabile: il cerchio riflesso (il Figlio) mostra al proprio interno, che ha lo stesso colore dello sfondo, l’aspetto di noi uomini, la nostra effige. Perciò lo sguardo di Dante si concentra totalmente su questa immagine. L’espressione nostra effige ricorda da vicino il primo verso dell’Inferno: «Nel mezzo del cammin di nostra vita»: l’inizio e la fine del poema si corrispondono. Dante continua a rappresentarsi come se stesso e, insieme, come parte dell’umanità.

7.

La Razionalizzazione del Mistero

Qual è ’l geomètra: Dante si sforza di razionalizzare il mistero; si sente come il matematico che ostinatamente ricerca il principio che consentirebbe la quadratura del cerchio, ossia la possibilità di calcolare l’area di un cerchio in modo da trasformarlo in un quadrato di superficie equivalente. La quadratura del cerchio è un antico problema di geometria, discusso dal matematico greco Archimede e molto presente nel dibattito medievale.

Domande da interrogazione

  1. Qual è il significato della visione di Dante nella Trinità?
  2. La visione di Dante rappresenta il culmine del suo viaggio, dove vede la Trinità e l'Incarnazione, simboleggiando l'unione di Dio in tre persone e l'apparizione di Cristo al centro.

  3. Perché Dante sottolinea l'insufficienza della parola umana?
  4. Dante evidenzia che la parola umana è inadeguata per descrivere l'esperienza divina, poiché la visione di Dio è troppo grande per essere compresa e comunicata completamente.

  5. Come viene descritta la grazia della visione?
  6. La grazia della visione è descritta come un intervento divino che permette a Dante di comprendere il mistero, con la sua mente illuminata da un lampo di luce che espande l'anima per accogliere la visione soprannaturale.

  7. In che modo Dante rappresenta la Trinità?
  8. Dante rappresenta la Trinità attraverso l'immagine di tre cerchi di colore diverso ma con circonferenze identiche e sovrapposte, simboleggiando il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.

  9. Qual è il tentativo di razionalizzazione del mistero da parte di Dante?
  10. Dante cerca di razionalizzare il mistero paragonandosi a un matematico che tenta di risolvere la quadratura del cerchio, un problema geometrico che simboleggia la difficoltà di comprendere pienamente il divino.

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