Concetti Chiave
- Dante utilizza la metafora dell'albero genealogico per rappresentare la decadenza di Firenze, evidenziando superbia, invidia e avarizia come cause principali.
- Cacciaguida descrive una Firenze ideale del passato, un tempo di splendore e costumi semplici, che Dante ascolta con rammarico.
- Nel cielo del Sole, Dante incontra Cacciaguida che lo avverte dell'esilio imminente, un tema ricorrente anche in altri intellettuali italiani come Foscolo e Machiavelli.
- Il canto della profezia dell’esilio è fondamentale per comprendere i dubbi e il dolore di Dante riguardo alla sua attività letteraria e il suo destino personale.
- Cacciaguida incoraggia Dante a usare la sua voce per colpire le coscienze più alte, offrendo un'opera che, una volta meditata, diventerà nutrimento vitale per chi la comprende.
Indice
L'inizio e la decadenza di Firenze
L’inizio è celebre poiché è affettuoso e colto allo stesso tempo. Dante continua con la metafora dell’albero genealogico. Compare nuovamente l’elemento politico e morale in riferimento alla Firenze di Dante, reputata negativa. Infatti,non si tratta più della grande città Capo - scuola (i comuni e il Dolce Stil novo sono inaugurati proprio a Firenze) di un tempo e, Dante ricostruisce tale decadenza nella guerra civile dove tre colpe in particolare si sono susseguite: superbia,invidia, avarizia. In tal senso Caccia guida ripercorre la Firenze dei suoi anni, in cui la città risplendeva dei suoi tempi magnifici e lucenti. In questo modo si evoca un’immagine idealizzata della società fiorentina (dai costumi morigerati, assente da eccessi) a cui Dante ascolta con rammarico, anche nella prosecuzione nel canto XVI.
Il canto della profezia dell’esilio
Dante si trova nel cielo del Sole, dove risiedono gli spiriti militanti. Si tratta di un canto importante poiché è stato definito il canto della profezia dell’esilio, nonostante lo stesso Dante stia vivendo l’avvenimento in questione. Dante sollecita Cacciaguida per conoscere il senso del suo viaggio, come se volesse confermare le sue certezze, così il suo compaesano lo ammonisce circa l’esilio e in particolare di quanto sarà difficile sopportare con dignità tale condizione da esule. Un tema quindi, molto comune nella produzione artistica dantesca come pure ad altri intellettuali italiani tra cui Foscolo (in lui l’esilio è volontario), Machiavelli (in esilio scrive il Principe). Il canto si mostra comunque come canto del dolore, dei dubbi e delle perplessità che Dante esplica soprattutto circa la sua attività letteraria.
Cacciaguida e il grido di Dante
Tuttavia Cacciaguida lo rassicurerà e lo indirizzerà verso un uso coerente e consapevole. Cacciaguida lo esorta infatti a non tacere, ma a levare alto il suo "grido” che come il vento percuoterà le cime più alte, cioè i personaggi più in vista: solo chi avrà la coscienza sordida, d'altronde, potrà sentirsi colpito, mentre per gli altri l'opera, una volta "digerita", cioè meditata e assimilata, costituirà un "vital nutrimento".
Domande da interrogazione
- Qual è la metafora utilizzata da Dante per descrivere la decadenza di Firenze?
- Qual è il significato del "canto della profezia dell’esilio" per Dante?
- Come Cacciaguida consiglia Dante riguardo al suo "grido"?
Dante utilizza la metafora dell'albero genealogico per descrivere la decadenza di Firenze, evidenziando come la città sia passata da un tempo di grandezza a una condizione negativa a causa di superbia, invidia e avarizia.
Il "canto della profezia dell’esilio" è significativo per Dante poiché rappresenta un momento di riflessione sul suo esilio e le difficoltà che dovrà affrontare con dignità, un tema comune nella sua opera e in quella di altri intellettuali italiani.
Cacciaguida consiglia Dante di non tacere e di levare alto il suo "grido", che colpirà solo chi ha la coscienza sporca, mentre per gli altri sarà un nutrimento vitale una volta meditato e assimilato.