carlottazamperlini
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Concetti Chiave

  • I sintomi dei parassiti intestinali includono diarrea acquosa, dimagramento e edemi dovuti all'ipoalbuminemia, influenzando la pressione oncotica e causando l'accumulo di liquidi nei tessuti.
  • La diagnosi di ostertagiosi di tipo I è relativamente semplice in autunno, poiché gli animali giovani al pascolo ingeriscono larve, risultando in molti soggetti infetti con esami delle feci positivi.
  • L'ostertagiosi di tipo II è più difficile da diagnosticare poiché la risposta immunitaria dell'ospite varia, e gli esami delle feci potrebbero non mostrare uova, poiché le larve L4 si riattivano senza trasformarsi ancora in adulti.
  • Per identificare specifici parassiti intestinali, si utilizza la coprocultura che sviluppa le larve in laboratorio, permettendo la classificazione delle larve di terzo stadio e facilitando l'identificazione di parassiti come Haemonchus o Cooperia.
  • Lo sviluppo di nuovi metodi diagnostici ha ridotto la necessità di trattamenti negli animali, e sebbene la ricerca di anticorpi specifici sia possibile, è spesso evitata a causa dei costi elevati.

Indice

  1. Sintomi e diagnosi iniziale
  2. Diagnosi ostertagiosi tipo I
  3. Ostertagiosi tipo II e complicazioni
  4. Metodi diagnostici e differenziazione
  5. Anemia e metodi innovativi

Sintomi e diagnosi iniziale

I sintomi sono abbastanza simili perché ci sono comunque diarrea acquosa, dimagramento degli animali e edemi dovuti all’ipoalbuminemia (per esempio edema a bottiglia da Fasciola), quindi, ci sono problemi di pressione oncotica, i liquidi fuoriescono dai vasi, vanno nei tessuti e lì si accumulano, dando edema.

Diagnosi ostertagiosi tipo I

La diagnosi della ostertagiosi di tipo I in autunno è tutto sommato abbastanza facile perché se gli animali giovani vanno al pascolo, ingeriscono tante larve e si ammaleranno in molti, ci sono molti soggetti infetti. Se si facesse un esame delle feci, questo risulterebbe positivo perché comunque alcuni di quelli vanno avanti, diventano adulti e depongono delle uova, quindi, la diagnosi è facile.

Ostertagiosi tipo II e complicazioni

Nell’ostertagiosi di tipo II, invece, non sono colpiti tutti gli animali perché dipende moltissimo dalla risposta immunitaria dell'ospite, quante larve sono sopravvissute in inverno, quante si riattivano in primavera. Quindi, non tutti i soggetti giovani hanno la diarrea, ce ne sono solo alcuni, se si fa l'esame delle feci non si trovano ancora le uova perché tendenzialmente le L4 si sono riattivate, ma non ci sono ancora gli adulti che producono le uova. Questo spiega perché spesso le mortalità sono maggiori, semplicemente perché non si diagnosticano correttamente e, quindi, non si va a trattare in maniera adeguata. Tant'è che in passato sono state utilizzate diverse metodiche, non solo gli esami copromicroscopici, ma, banalmente, si proponeva anche il dosaggio ematico del pepsinogeno, che era molto utile nell’ostertagiosi di tipo II, proprio perché la distruzione della mucosa porta a un maggiore assorbimento di pepsinogeno.

Metodi diagnostici e differenziazione

Nella diagnosi è fondamentale l'anamnesi, cioè l'età dei soggetti, i trattamenti effettuati e la carica delle larve sul pascolo. La diagnosi è molto semplice: si fa un esame copromicroscopico quantitativo perché non interessa solo sapere se ci sono, ma anche quanti ce ne sono. Siccome le uova sono tutte uguali, se si vuole sapere se è Haemonchus piuttosto che Cooperia si fa una coprocultura, cioè si fanno sviluppare in laboratorio le L1, L2 e L3, poi si va a classificare le larve di terzo stadio, perché sono abbastanza facili da riconoscere. Ostertagia dà diarrea, diminuzione delle produzioni, Haemonchus dà un vero e proprio stato anemico.

Anemia e metodi innovativi

Nella foto si vede quanto è pallida la congiuntiva di quest'animale. È chiaro che se c’è anemia, l'animale a un certo punto sarà anche debole, avrà difficoltà nel movimento e si può addirittura avere la morte al pascolo dei soggetti. Questo è un esempio che il prof fa non perché lo utilizzeremo, ma per far capire come spesso bisogna sviluppare dei nuovi metodi e come spesso, i metodi che sono semplici, sono semplici perché c'è stato un grandissimo lavoro prima. Questo è un metodo che ha permesso di ridurre in maniera significativa la necessità di trattamento negli animali ed è un'idea veramente molto buona. Si può anche andare a cercare gli anticorpi specifici nei soggetti, ma, nella pratica, non si fa perché ha un costo elevatissimo.

Domande da interrogazione

  1. Quali sono i sintomi comuni dei parassiti intestinali negli animali?
  2. I sintomi comuni includono diarrea acquosa, dimagramento e edemi dovuti all'ipoalbuminemia, come l'edema a bottiglia da Fasciola, che causano problemi di pressione oncotica e l'accumulo di liquidi nei tessuti.

  3. Come si diagnostica l'ostertagiosi di tipo I negli animali?
  4. La diagnosi è relativamente semplice in autunno, poiché gli animali giovani che vanno al pascolo ingeriscono molte larve e molti si ammalano. Un esame delle feci risulterebbe positivo, rivelando la presenza di uova deposte dagli adulti.

  5. Perché l'ostertagiosi di tipo II è più difficile da diagnosticare?
  6. La diagnosi è complicata perché non tutti gli animali sono colpiti, dipendendo dalla risposta immunitaria dell'ospite e dalla quantità di larve sopravvissute in inverno. Gli esami delle feci potrebbero non rivelare la presenza di uova, poiché le larve L4 si sono riattivate ma non si sono ancora trasformate in adulti che producono uova.

  7. Quali metodi diagnostici sono utilizzati per identificare specifici parassiti intestinali negli animali?
  8. Oltre agli esami copromicroscopici, si utilizza la coprocultura per sviluppare le larve in laboratorio e classificare le larve di terzo stadio, facilitando l'identificazione di specifici parassiti come Haemonchus o Cooperia. Questo metodo è essenziale per determinare la corretta diagnosi e il trattamento.

Domande e risposte