Concetti Chiave
- La biodiversità è fondamentale per la stabilità ecologica, influenzando la resistenza e resilienza di un ecosistema ai cambiamenti ambientali.
- Esistono due forme principali di stabilità ecologica: resistenza, la capacità di resistere ai disturbi, e resilienza, la capacità di ripristinare l'equilibrio.
- La complessità di un ecosistema, con una rete alimentare diversificata, contribuisce alla sua capacità di adattarsi alle perturbazioni ambientali.
- Il sovrappopolamento umano è un fattore chiave che altera gli equilibri ecologici, aggravato dalla distribuzione diseguale delle risorse energetiche.
- La desertificazione, accelerata dalla pressione umana e variazioni climatiche, minaccia territori fertili trasformandoli in regioni sterili, colpendo sia paesi in via di sviluppo che sviluppati.
Indice
Importanza della biodiversità
La stabilità di un ecosistema è legata alla sua varietà biologica, ovvero alla sua biodiversità. La parola «biodiversità» riveste un significato molto ampio che include la varietà genetica, la ricchezza di specie e la complessità delle interazioni tra gli organismi.
Più un ecosistema è ricco di biodiversità, più è stabile. La stabilità è una caratteristica dei sistemi che per definizione indica persistenza. Una comunità biologica è stabile se persiste nel tempo, cioè se non subisce significative variazioni che superino le abituali oscillazioni dei rapporti numerici tra le varie forme viventi e dei tassi a cui si verificano i vari processi biologici (produzione, decomposizione, riciclo dei nutrienti). La stabilità di un ecosistema può essere valutata a diversi livelli.Resistenza e resilienza
Le due maggiori forme di stabilità sono la resistenza e la resilienza.
La resistenza indica la capacità di un ecosistema di resistere a cambiamenti provocati da fattori di disturbo. La resilienza indica invece la capacità di un ecosistema di tornare all’equilibrio dopo un cambiamento. Questo parametro descrive, in pratica, la velocità con la quale un ecosistema ritorna nella condizione precedente a un evento perturbativo che possa aver spostato i rapporti numerici tra le forme di vita o alterato il tasso dei processi biologici che si svolgono in quell’ecosistema.
Stabilità locale e globale
In termini di spazialità si parla anche di Questi due e aspetti dipendendo dalla frequenza e dall’estensione delle perturbazioni. La stabilità locale descrive la tendenza di una comunità di organismi a tornare al suo stato originale o prossimo a esso quando esposta a piccole perturbazioni. La stabilità globale descrive questa tendenza quando il sistema torna al suo stato originale dopo un esteso mutamento ambientale. Nell’ambito della stabilità sia locale sia globale, possiamo inoltre distinguere tra sistemi dinamicamente fragili, se stabili solamente in un ristretto intervallo di condizioni ambientali e, sistemi dinamicamente robusti, se stabili all’interno di un intervallo piuttosto ampio di condizioni ambientali.
Complessità e stabilità
La stabilita è associata alla complessità di un ecosistema o di una comunità. Esiste infatti una diretta proporzionalità tra complessità e stabilità. Un ecosistema complesso, ricco in biodiversità, offre alla comunità dei suoi organismi maggiori soluzioni alternative in caso di cambiamenti ambientali. Se in un determinato habitat esiste una complessa rete alimentare, in caso di improvvisa scomparsa di una fonte di cibo la stabilità potrà essere mantenuta con uno spostamento dell’attività troica su altri «nodi» della rete. Inoltre, se più specie svolgono ruoli simili, alcune funzioni fondamentali quali la fotosintesi, la decomposizione o l’impollinazione verranno sempre garantite. Gli ecosistemi mediterranei (ad esempio la macchia mediterranea), caratterizzati da forte variabilità dei fattori ambientali, hanno evoluto una forte resilienza a eventi naturali quali gli incendi, le forti mareggiate, il crollo di costoni rocciosi, e le specie tipiche di tali ambienti riescono a ricolonizzare velocemente le aree distrutte o fortemente degradate da questo tipo di eventi.
Minacce antropiche alla biodiversità
Le perturbazioni che minacciano la stabilità ecologica possono essere di tipo naturale (ad esempio un evento atmosferico, un incendio, una frana) o di tipo antropico (come l’inquinamento, la deforestazione, l’urbanizzazione ecc.).
Analizziamo in particolare gli effetti degli stress ambientali causati dall’uomo. Oggi, infatti, la diversità biologica è minacciata dall’incessante sfruttamento del mondo naturale da parte della nostra specie. Direttamente o indirettamente, la sola specie umana usufruisce del 40% della produttività degli ambienti terrestri e del 70% della produttività degli ambienti marini, con un tasso d’incremento dello sfruttamento del 2% annuo. Per questo motivo è importante conoscere e descrivere le principali minacce ambientali, quantificarne gli effetti e stabilire gli interventi per arrestare questo devastante fenomeno. Dalla sua comparsa sulla Terra, l’uomo ha prodotto profondi cambiamenti sul territorio, sfruttando il suolo e le piante per l’agricoltura, addomesticando e selezionando gli animali per l’allevamento, alterando l’ambiente per renderlo più idoneo al proprio insediamento. A partire dalla rivoluzione industriale, l’impatto dell’uomo sul pianeta è rapidamente aumentato in conseguenza dell’esplosione demografica, dell’estensione della rete dei trasporti, dello sfruttamento dei giacimenti del sottosuolo-lo, della modernizzazione dell’agricoltura. Tutto ciò ha provocato una serie di processi che stanno perturbando in vari modi gli equilibri ecologici globali. Vediamo più in dettaglio due di questi processi.
Crescita della popolazione umana
L’aumento numerico della popolazione umana è stato di per sé il primo elemento di alterazione degli equilibri del pianeta. Dalle origini dell’agricoltura, circa 10 000 anni fa, la crescita della popolazione mondiale è stata estremamente lenta fino al XVI secolo. Sono stati necessari ben 16 secoli perché dai circa 250 milioni di persone che si stima abitassero la Terra nell’anno zero la popolazione raddoppiasse, arrivando ai circa 500 milioni del XVII secolo. Da quel momento in poi il tempo di raddoppio della popolazione è andato sempre diminuendo, tanto che nel 1999 la popolazione mondiale ha superato i 6 miliardi di abitanti e nel 2011 ha raggiunto i 7 miliardi 3 per superare attualmente i 7 miliardi e 850 milioni. Riguardo ai tassi di crescita si registrano però notevoli differenze tra i paesi avanzati, spesso a «crescita zero», e i paesi in via di sviluppo, che contribuiscono per circa il 90% dell’incremento demografico. Il sovrappopolamento, unito ad arretratezza, analfabetismo e mancanza di adeguate strutture igienicosanitarie, costituisce sicuramente un grave problema a livello mondiale, aggravato dal fatto che l’80% delle risorse energetiche mondiali è utilizzato dai paesi industrializzati.
Desertificazione e sue cause
Con questo termine si intende il processo graduale attraverso il quale un territorio fertile e abitato si trasforma in una regione spopolata e sterile. Sebbene la desertificazione abbia origini antiche, è solo da pochi decenni che sono sorte serie preoccupazioni per il suo sviluppo accelerato su scala globale. Nell’attivare questo processo svolgono un ruolo determinante le oscillazioni naturali (in primo luogo quelle climatiche), ma la causa decisiva è senza dubbio l’eccessiva pressione umana sulle risorse. In particolare, l’esplosione demografica dei paesi in via di sviluppo ha messo in crisi, negli ultimi decenni del XX secolo, l’economia tradizionale della maggior parte dei territori aridi e semiaridi, già profondamente alterata durante il dominio coloniale di questi paesi. Tuttavia la desertificazione non riguarda soltanto i paesi poveri e sovrappopolati del Terzo mondo, ma colpisce anche molti paesi sviluppati, quali Australia, Stati Uniti, Argentina. Esistono vari mezzi tecnici per combattere la desertificazione, quali il miglioramento delle tecniche di utilizzazione del suolo e il controllo dello sviluppo delle attività produttive e degli insediamenti nelle regioni a rischio. Secondo le stime più recenti, su scala planetaria il 75% dei pascoli e il 50% delle aree coltivate negli ecosistemi secchi sarebbero interessati dal processo di desertificazione: si tratta di ben 36 milioni di km quadrati con oltre 300 milioni di abitanti!
Domande da interrogazione
- Qual è il legame tra biodiversità e stabilità ecologica?
- Quali sono le principali forme di stabilità ecologica?
- Come influisce l'attività umana sulla stabilità ecologica?
- Quali sono le conseguenze del sovrappopolamento sulla stabilità ecologica?
- Che cos'è la desertificazione e quali sono le sue cause principali?
La stabilità di un ecosistema è strettamente legata alla sua biodiversità; un ecosistema ricco di biodiversità è più stabile e capace di resistere e recuperare da perturbazioni.
Le principali forme di stabilità ecologica sono la resistenza, che è la capacità di un ecosistema di resistere ai cambiamenti, e la resilienza, che è la capacità di tornare all'equilibrio dopo un cambiamento.
L'attività umana, attraverso l'inquinamento, la deforestazione e l'urbanizzazione, minaccia la stabilità ecologica, sfruttando e alterando gli ecosistemi a un ritmo crescente.
Il sovrappopolamento altera gli equilibri del pianeta, con una crescita demografica che esercita pressione sulle risorse naturali, aggravando problemi come la desertificazione.
La desertificazione è il processo attraverso il quale un territorio fertile diventa sterile, causato principalmente dalla pressione umana e dalle oscillazioni climatiche, colpendo sia paesi in via di sviluppo che sviluppati.