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Concetti Chiave

  • L'approccio diagnostico categoriale definisce confini netti tra categorie, utile per condizioni come la psicosi, ma problematico per disturbi emotivi come l'ansia.
  • Per i disturbi emotivi comuni, l'approccio dimensionale è preferito poiché considera un continuum tra normale e patologico, senza cut-off precisi.
  • Vantaggi dell'approccio categoriale includono semplicità di utilizzo clinico e informatico, e la possibilità di gerarchie diagnostiche.
  • Lo svantaggio principale è la difficoltà nel trattare casi di confine e pazienti sotto-soglia che non soddisfano tutti i criteri diagnostici.
  • Il DSM-5 adotta un approccio categoriale per grandi sindromi e dimensionale per sottocategorie, bilanciando i limiti dell'approccio categoriale.

Indice

  1. Approccio diagnostico categoriale
  2. Limiti dell'approccio categoriale

Approccio diagnostico categoriale

L’approccio diagnostico categoriale (“si/no”) sancisce che il paziente deve appartenere o meno ad una categoria diagnostica e stabilisce quindi dei confini netti tra una categoria e l’altra. Questo è molto utile, ad esempio, quando si giudicano i pazienti psicotici, che devono per forza manifestare deliri e allucinazioni (ovvero alterazione dei pensieri e della percezione): quindi se li presenta rientra nella categoria diagnostica, in caso opposto ne viene escluso.

Limiti dell'approccio categoriale

Mentre nei disturbi emotivi comuni (come l’ansia) l’approccio categoriale è difficile da applicare: ad esempio l’ansia è un’emozione sperimentata da ogni persona (evolutivamente mantenuto perché suscita paura delle situazioni pericolose per sapere come comportarsi). Infatti, per questi disturbi è meglio sfruttare un approccio dimensionale, il quale stabilisce un continuum tra il normale e il patologico, il problema è che tra i due non c’è un cut-off preciso (non c’è un livello oggettivo di ansia al di sotto del quale essa è fisiologia e al di sopra del quale essa è patologica!). In assenza di una soglia precisa, per differenziare le due condizioni occorrono altri strumenti, come la valutazione il disagio sperimento dal paziente e l’impatto sulla vita del soggetto (è in grado di svolgere il proprio ruolo famigliare, lavorativo e di mantenere i rapporti sociali?).

Vantaggi dell’approccio categoriale

• Semplicità di impiego nella clinica e nei training.

• Semplice utilizzo in campo informatico (es. per i DRG per il rimborso delle prestazioni e le elaborazioni di dati statistici).

• Possibilità di usare gerarchie diagnostiche.

Svantaggi: dell’approccio categoriale

• Difficoltà nel classificare di casi di confine. Ad esempio, un paziente che riporta sintomi di depressione (come l’anedonia, l’apatia e la tristezza), ma anche di importanti stati d’ansia (come agitazione, palpitazioni, sudorazione eccessiva o racconta che in alcune situazioni l’ansia era intensa a tal punto da fargli credere di perdere il controllo), secondo l’approccio categoriale fisso e inflessibile dovrebbe essere definito come affetto da depressione o disturbo d’ansia.

Quindi non tiene conto della necessità di utilizzare categorie ibride → paziente con sindrome ansio- depressiva (vedi punto precedente); oppure un paziente con sindrome schizo-affettiva (paziente con allucinazioni tipiche della schizofrenia e affettiva perché ha un’alterazione dell’umore). Occorre ricordare che alcuni psichiatri sostengono che le categorie ibride siano solo un errore diagnostico legato incapacità dell’osservatore di intervistare correttamente il paziente.

• Perdita dei pazienti sotto-soglia → per fare la diagnosi devono essere soddisfatti un certo numero di criteri diagnostici. Ad esempio, per fare diagnosi di depressione occorrono almeno 5 criteri per cui il paziente deve manifestare umore depresso e irritabile per la maggioranza dei giorni per almeno due settimane e avere almeno altri sintomi (come calo dell’appetito, pensiero di morte, astenia, ecc.). Nel caso in cui il paziente riporta meno di 5 sintomi non si può fare la diagnosi di depressione, ma si può constatare comunque il suo disagio, per cui viene definito sotto-soglia. Tali pazienti sono così esclusi.

Quindi il DSM-5 studiando vantaggi e svantaggi dell’approccio categoriale ha approvato l’uso di un approccio categoriale per le grandi sindromi e dimensionale per sottocategorie.

Domande da interrogazione

  1. Qual è l'approccio diagnostico categoriale?
  2. L'approccio diagnostico categoriale stabilisce dei confini netti tra una categoria diagnostica e l'altra, determinando se un paziente appartiene o meno a una categoria specifica.

  3. Perché l'approccio categoriale è utile nel giudicare i pazienti psicotici?
  4. L'approccio categoriale è utile nel giudicare i pazienti psicotici perché stabilisce dei criteri chiari, come la presenza di deliri e allucinazioni, per determinare se un paziente rientra nella categoria diagnostica.

  5. Perché l'approccio categoriale è difficile da applicare nei disturbi emotivi comuni come l'ansia?
  6. L'approccio categoriale è difficile da applicare nei disturbi emotivi comuni come l'ansia perché l'ansia è un'emozione sperimentata da ogni persona e non esiste un livello oggettivo di ansia al di sopra del quale essa è considerata patologica.

  7. Quali sono i vantaggi dell'approccio categoriale?
  8. I vantaggi dell'approccio categoriale includono la semplicità di impiego nella clinica e nei training, l'utilizzo semplice in campo informatico e la possibilità di utilizzare gerarchie diagnostiche.

Domande e risposte