vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi

Vita di Umberto Saba: le difficoltà e l’amore per la letteratura
Umberto Saba nasce a Trieste nel 1883. Il suo vero cognome era Poli. La madre era ebrea e fu abbandonata dal padre del bambino che portava in grembo prima che nascesse. Saba, quindi, fu affidato ad una balia slovena, che si chiamava Peppa Sabaz. Anche per questo Saba rinunciò al suo vecchio cognome e assunse l’altro, forse in omaggio alla balia o forse perché il termine Saba, in ebraico, vuol dire pane. Ebbe ristrettezze economiche e interruppe gli studi per lavorare; il suo grande amore, però, era la letteratura. Nel 1905 si recò a Firenze per motivi culturali, essendo essa una delle città più vivaci d’Italia. Pur vivendo in territorio austriaco, Saba si considerava italiano e fece il servizio militare in Italia. Nel 1909 sposò Carolina, che sarà sua moglie fino alla morte e che lo ispirerà in diverse poesie, con il nome di Lina. Durante la prima guerra mondiale, si arruolò volontario, ma fu destinato a incarichi amministrativi. Tornato a casa dopo la guerra, aprì a Trieste una libreria antiquaria e negli anni ’30 cominciò ad essere abbastanza conosciuto come poeta. Fu colpito da crisi nervose, soffriva di depressione e fu curato da uno psicoanalista. Nel 1938 le leggi razziali lo costrinsero a cedere la libreria, e durante la guerra evitò il campo di concentramento nascondendosi e fu aiutato da amici come Eugenio Montale. Dopo la II guerra mondiale, le sue crisi nervose si aggravarono e fu costretto ad essere ricoverato in clinica. Nel 1956 morì la moglie e l’anno successivo morì anche lui.
Per ulteriori approfondimenti sulla vita di Umberto Saba vedi anche qua
Opere principali di Umberto Saba: la poetica e lo stile
Saba scrive soprattutto in poesia. Il suo testo più importante si intitola Il canzoniere, rielaborato più volte, fino alla fine dei suoi giorni. Tra le sue poesie sulla guerra, la più famosa è Marcia Notturna.
Saba è molto diverso dagli altri poeti del tempo: rifiuta la retorica di D’Annunzio e le sperimentazioni degli ermetici. Quello che vuole fare, è creare una poesia semplice, dove gli argomenti sono soprattutto autobiografici. Secondo Saba, la poesia deve parlare della quotidianità, con argomenti banali come ad esempio il calcio e la sua squadra del cuore, la Triestina. Dietro a questa apparente semplicità si nasconde una profondità di pensiero, nel senso che dalle cose semplici possono venire sentimenti estremamente profondi. Anche lo stile è molto facile da comprendere, grazie all’utilizzo di termini quotidiani: riprende in parte la tradizione poetica italiana e la rielabora in maniera personale. Ha scritto anche alcuni testi in prosa, il suo testo più importante è un romanzo, pubblicato postumo, nel 1975, intitolato Ernesto. È un romanzo che Saba ha scritto da vecchio ricordando la sua gioventù. Il titolo è il nome del protagonista e delle sue prime esperienze di vita e soprattutto sessuali perché ha una relazione omosessuale con un giovane operaio e per liberarsi da questo rapporto che lui ha accettato, si fa licenziare e confessa alla madre il vero motivo del licenziamento.
Amai di Umberto Saba: analisi
Amai trite parole che non uno
osava. M’incantò la rima fiore
amore,
la più antica difficile del mondo.
Amai la verità che giace al fondo,
quasi un sogno obliato, che il dolore
riscopre amica. Con paura il cuore
le si accosta, che più non l’abbandona.
Amo te che mi ascolti e la mia buona
carta lasciata al fine del mio gioco.
Amai è una poesia importante perché spiega molto chiaramente la concezione della poesia di Saba. Nel senso che Saba ha come ideale una poesia apparentemente banale, ma che nasconde grandi profondità. La poesia è composta da tre strofe di endecasillabi, tranne il verso 3 che è un trisillabo. Le strofe sono di varia lunghezza. C’è la presenza anche della rima, che però non segue un ordine predeterminato ma serve per dare un ritmo alla poesia.
Questa poesia comincia con un passato remoto. Tuttavia, emerge chiaramente che si tratta di qualcosa di passato, che continua a persistere nel presente, tant’è che l’ultima strofa comincia con un presente (“amo”). Saba adopera spesso due termini contrapposti: amore e dolore. Essi costituiscono un ossimoro che viene detto ossimoro esistenziale e che è per Saba l’essenza della vita.
Amai di Umberto Saba: parafrasi
Io ho amato parole comuni, che nessun poeta usava nelle sue poesie. Sono rimasto incantato dalla rima fiore amore, che è la più vecchia, ma anche la più difficile del mondo. Ho amato la verità che sta nella profondità delle cose, come un sogno dimenticato che il dolore fa diventare amico. Il cuore si avvicina a lei con paura ma poi non la abbandona più. Amo te, lettore, che mi ascolti, che sei presente e amo la carta vincente che viene lasciata alla fine del gioco.
La capra di Umberto Saba: analisi
Ho parlato a una capra.
Era sola sul prato, era legata.
Sazia d’erba, bagnata
dalla pioggia, belava.
Quell’uguale belato era fraterno
al mio dolore. Ed io risposi, prima
per celia, poi perché il dolore è eterno,
ha una voce e non varia.
Questa voce sentiva
gemere in una capra solitaria.
In una capra dal viso semita
sentiva querelarsi ogni altro male,
ogni altra vita.
Questa poesia descrive semplicemente una capra, che si trova in un prato e bela, anche se non ha fame. Bela probabilmente per un male interiore e Saba si sente vicino a questo sentimento, che è personale, ma anche riferito ad un popolo, che è quello ebraico. È composta da tre strofe di endecasillabi e settenari, tranne l’ultimo che è un quinario. È presente la rima ma usata in maniera molto libera.
La capra di Umberto Saba: parafrasi
Una volta ho parlato con una capra. Stava da sola sul prato, era legata. Senso di solitudine e oppressione. Aveva mangiato, era bagnata dalla pioggia e belava.
Quel belato monotono era vicino al mio stesso dolore, per questo io risposi prima per scherzo, poi perché il dolore è comune a tutti: ha un’unica voce e non cambia. Questo pianto lo sentivo nel belato di una capra solitaria.
In una capra, dal viso semita, ebreo, sentivo lamentare tutti i mali e tutta la vita.
Città vecchia di Umberto Saba: analisi
Spesso, per ritornare alla mia casa
prendo un'oscura via di città vecchia.
Giallo in qualche pozzanghera si specchia
qualche fanale, e affollata è la strada.
Qui tra la gente che viene che va
dall'osteria alla casa o al lupanare
dove son merci ed uomini il detrito
di un gran porto di mare,
io ritrovo, passando, l'infinito
nell'umiltà.
Qui prostituta e marinaio, il vecchio
che bestemmia, la femmina che bega,
il dragone che siede alla bottega
del friggitore.
la tumultuante giovane impazzita
d'amore,
sono tutte creature della vita
e del dolore;
s'agita in esse, come in me, il Signore.
Qui degli umili sento in compagnia
il mio pensiero farsi
più puro dove più turpe è la via.
È una poesia, come altre, che Saba dedica a Trieste, la sua città. Non la dedica però alla Trieste luminosa, ma alla sua parte più umile, cioè al porto. È composta da tre strofe, di varia lunghezza. La maggior parte sono endecasillabi ma ci sono anche versi più brevi come un trisillabo. Quasi tutti i versi hanno la rima che non ha una struttura precisa. Notiamo l’ossimoro esistenziale di amore e dolore: la vita è compresa fra questi due sentimenti contrapposti. Il succo della vita, gli aspetti più interessanti, belli, autentici, sono fra le persone umili, che magari moralmente sono criticabili, ma che possiedono un proprio valore ed hanno dei sentimenti sinceri.
Città vecchia di Umberto Saba: parafrasi
Spesso, per tornare verso la mia casa, percorro una via buia di Trieste. Qualche fanale giallo, illuminato, si specchia nelle pozzanghere e la strada è piena di gente. Qui, tra le persone che vanno e vengono, nell’osteria, tornano alle proprie case, o vanno verso il bordello, dove gli uomini e le cose sono lo scarto di un gran porto di mare. Passando qui, in questa umiltà io trovo qualcosa di infinito. Qui, la prostituta e il marinaio, un vecchio bestemmiatore, la ragazza che litiga, il soldato che mangia nella friggitoria. Queste sono tutte creature piene di umanità e di dolore. In tutte loro, come anche in me, è presente Dio. Qui, insieme a tutti gli umili, sento che il mio pensiero diventa più puro dove la strada è più tortuosa.
Ulisse di Umberto Saba: analisi
Nella mia giovinezza ho navigato
lungo le coste dalmate. Isolotti
a fior d'onda emergevano, ove raro
un uccello sostava intento a prede,
coperti d'alghe, scivolosi, al sole
belli come smeraldi. Quando l'alta
marea e la notte li annullava, vele
sottovento sbandavano più al largo,
per fuggirne l'insidia. Oggi il mio regno
è quella terra di nessuno. Il porto
accende ad altri i suoi lumi; me al largo
sospinge ancora il non domato spirito,
e della vita il doloroso amore.
Saba in questa poesia riprende la figura dantesca di Ulisse. Ulisse torna a Itaca ma dopo riparte, per via della sua voglia di conoscere, arriva fino alla montagna del Purgatorio e poiché ha osato troppo e viene punito da Dio. Anche per Saba Ulisse è un eroe con un infinito desiderio di conoscenza, di fronte al quale non si ferma mai. I versi sono endecasillabi sciolti. L’immagine iniziale è quella del Mare Adriatico, dove ci sono isolotti e scogli, che sono da un certo punto di vista molto belli, ma da un lato anche molto pericolosi per chi ci naviga (esempio di ossimoro). Da questo viene l’idea che il mare rappresenta l’avventura, la conoscenza, e alla fine, Saba afferma che anche per lui il porto è lontano e l’amore per la vita lo fa ancora andare per mare.

Ulisse di Umberto Saba: parafrasi
Quando ero giovane ho percorso le coste della Dalmazia. Alcune piccole isole si vedevano fuori dalle onde e qui, ogni tanto, qualche uccello si fermava per cacciare i pesci. Questi isolotti erano coperti d’alghe, scivolosi ma luminosi come smeraldi sotto i raggi del sole.
Quando l’alta marea e il buio li nascondeva, le navi percorrevano il mare più al largo per sfuggire al pericolo. Oggi il mio regno, il mio ideale è il mare, terra libera. Il porto mostra le sue luci agli altri. Io invece sono ancora sul mare, spinto dal mio spirito indomabile e dal doloroso amore della vita.
Il canzoniere
“Amai”
È una poesia importante perché spiega molto chiaramente la concezione della poesia
di Saba. Nel senso che Saba ha come ideale una poesia apparentemente banale, ma
che nasconde grandi profondità. La poesia è composta da tre strofe di endecasillabi
tranne il verso 3 che è un trisillabo. Le strofe sono di varia lunghezza. C’è la presenza
anche della rima, che però non segue un ordine predeterminato ma serve per dare un
ritmo alla poesia.
Amai trite parole che non uno Amai, comincia con un passato remoto, si
capisce che non è qualcosa del passato
osava. M’incantò la rima fiore che però non indica qualcosa di dimentica
amore, ma continua anche nel presente. Non per
la più antica difficile del mondo. niente l’ultima strofa comincia con un
Amai la verità che giace al fondo, presente, amo.
quasi un sogno obliato, che il dolore Io ho amato parole comuni, che nessun
riscopre amica. Con paura il cuore poeta usava nelle sue poesia. Sono
rimasto incantato dalla rima fiore amore,
le si accosta, che più non l’abbandona. che è la più vecchia, ma anche la più
Amo te che mi ascolti e la mia buona difficile del mondo.
carta lasciata al fine del mio gioco. Ho amato la verità che sta nella
profondità delle cose, come un sogno
dimenticato che il dolore fa diventare
amico. Il cuore si avvicina a lei con paura
ma poi non la abbandona più.
Saba adopera spesso due termini
contrapposti: Amore e Dolore.
Costituiscono un ossimoro che viene
detto OSSIMORO ESISTENZIALE e che
è per Saba l’essenza della vita.
Amo te, lettore, che mi ascolti, che sei
presente e amo la carta vincente che
viene lasciata alla fine del gioco.
“La capra”
Questa poesia descrive molto semplicemente una capra che si trova in un prato e bela
anche se non ha fame. Bela probabilmente per un male interiore e Saba si sente vicino
a questo sentimento, che è personale, ma anche riferito ad un popolo che è quello
ebraico. È composto da tre strofe di endecasillabi e settenari, tranne l’ultimo che è un
quinario. È presente la rima ma usata in maniera molto libera.
Ho parlato a una capra. Una volta ho parlato con una capra. Stava
Era sola sul prato, era legata. da sola sul prato, era legata. Senso di
Sazia d’erba, bagnata solitudine e oppressione. Aveva
dalla pioggia, belava. mangiato, era bagnata dalla pioggia e
Quell’uguale belato era fraterno belava.
al mio dolore. Ed io risposi, prima Quel belato monotono era vicino al mio
per celia, poi perché il dolore è eterno, stesso dolore, per questo io risposi prima
ha una voce e non varia. per scherzo, poi perché il dolore è
Questa voce sentiva comune a tutti: ha un’unica voce e non
gemere in una capra solitaria. cambia. Questo pianto lo sentivo nel
In una capra dal viso semita belato di una capra solitaria.
sentiva querelarsi ogni altro male, In una capra, dal viso semita, ebreo,
ogni altra vita. sentivo lamentare tutti i mali e tutta la
vita.
“Città vecchia” Agli esami partire dalla vita
di Saba e poi andare sulla
È una poesia, come altre, che Saba dedica a poesia “Amai” in modo tale
Trieste, la sua città. Non la dedica però alla Trieste da parlare sia di una poesia
luminosa, ma alla sua parte più umile, cioè al che della sua ideologia.
porto. È composta da tre strofe, di varia
lunghezza. La maggior parte sono endecasillabi
ma ci sono anche versi più brevi come un trisillabo. Quasi tutti i versi hanno la rima
che non ha una struttura precisa.
Spesso, per ritornare alla mia casa Spesso, per tornare verso la mia casa,
prendo un'oscura via di città vecchia. percorro una via buia di Trieste. Qualche
Giallo in qualche pozzanghera si specchia fanale giallo, illuminato, si specchia nelle
qualche fanale, e affollata è la strada. pozzanghere e la strada è piena di gente.
Qui tra la gente che viene che va Qui, tra le persone che vanno e vengono,
dall'osteria alla casa o al lupanare nell’osteria, tornano alle proprie case, o
dove son merci ed uomini il detrito vanno verso il bordello, dove gli uomini e
di un gran porto di mare, le cose sono lo scarto di un gran porto di
io ritrovo, passando, l'infinito mare. Passando qui, in questa umiltà io
nell'umiltà. trovo qualcosa di infinito. Qui, la
Qui prostituta e marinaio, il vecchio prostituta e il marinaio, un vecchio
che bestemmia, la femmina che bega, bestemmiatore, la ragazza che litiga, il
il dragone che siede alla bottega soldato che mangia nella friggitoria.
del friggitore. Queste sono tutte creature piene di
la tumultuante giovane impazzita umanità e di dolore. In tutte loro, come
d'amore, anche in me, è presente Dio.
sono tutte creature della vita
e del dolore; Qui, insieme a tutti gli umili, sento che il
s'agita in esse, come in me, il Signore. mio pensiero diventa più puro dove la
strada è più tortuosa.
Qui degli umili sento in compagnia
il mio pensiero farsi Ossimoro esistenziale di amore e dolore,
più puro dove più turpe è la via. la vita è compresa fra questi due
sentimenti contrapposti. Il succo della
vita. Gli aspetti più interessanti, belli,
autentici sono fra le persone umili, che
magari moralmente sono criticabili, ma
che possiedono un proprio valore ed
hanno dei sentimenti sinceri.
“Ulisse”
Saba in questa poesia riprende la figura dantesca di Ulisse. Ulisse torna a Itaca ma
dopo riparte, per via della sua voglia di conoscere, arriva fino alla montagna del
purgatorio e poiché ha osato troppo e viene punito da Dio. Canto XVI dell’Inferno,
parte dell’inferno dette Male volge. Anche per Saba Ulisse è un eroe che decide di
decide di non fermarsi mai.
conoscere sempre, Sono endecasillabi sciolti.
L’immagine iniziale è del Mare Adriatico dove ci sono isolotti e scogli, che sono da un
certo punto di vista molto belli, ma da un lato anche molto pericolosi per chi ci naviga.