Concetti Chiave
- Il sonetto di Foscolo intreccia elementi neoclassici e sensibilità romantica, riflettendo l'idea di "neoclassicismo romantico" come fuga dalla realtà deludente.
- Il verso iniziale "Né più mai toccherò le sacre sponde" esprime una conclusione amara di un dialogo interiore, collegando l'esilio ad altri dolori del poeta.
- Foscolo evoca la sua terra natale, Zacinto, utilizzando immagini classiche legate a miti come quello di Venere, creando un legame tra mito e realtà.
- Il poeta si identifica con Ulisse, condividendo il tema dell'esilio e ammirando il ritorno in patria dell'eroe, un destino che Foscolo desiderava ma che gli era negato.
- Nell'ultima terzina, Foscolo accetta con rassegnazione il suo destino, evocando la sepoltura illacrimata, simbolo della sua angoscia di morire lontano dalla patria.
Indice
Il Sonetto di Foscolo
Né più mai toccherò le sacre sponde
ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell'onde
del greco mar da cui vergine nacque
Venere, e fea quelle isole feconde
col suo primo sorriso, onde non tacque
le tue limpide nubi e le tue fronde
l'inclito verso di colui che l'acque
cantò fatali, ed il diverso esiglio
per cui bello di fama e di sventura
baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.
Tu non altro che il canto avrai del figlio,
o materna mia terra; a noi prescrisse
il fato illacrimata sepoltura.
Struttura e Temi del Sonetto
Il sonetto, la cui struttura è abab/abab/cde/cde, è un esempio di componimento in cui si compenetrano elementi neoclassici e sensibilità romantica; a questo proposito, alcuni critici hanno parlato di neoclassicismo romantico; infatti il classicismo con la sua perfezione e i suoi miti costituì, per la generazione del Foscolo, un mezzo di fuga dalla realtà fatta di delusione, un rimedio per vincere il “mal du siècle”. Il primo verso è la conclusione di un colloquio interiore dalle tonalità amare e gli ultimi tre esprimono la rassegnazione di un giovane a cui tutto è stato e sarà negato. Nel mezzo abbiamo la visione dei miti classici che portano pace e serenità e l’azzurro del mare da cui nacque Venere e che fu solcato da Ulisse e cantato da Omerio.
Riflessioni e Miti Classici
“Né più mai toccherò le sacre sponde...” - Il Né iniziale collega il primo verso ad una lunga riflessione interiore, quasi ne costituisse un’ amara conclusione. Ricollega la sofferenza dell’esilio, oggetto del sonetto, a tutti gli altri dolori del poeta, a volte non manifestati apertamente, ma sempre ben presenti nel suo animo. Il poeta non scrive ritornerò o mi fermerò, ma qualcosa di più lieve, come si trattasse di un approdo leggero. Le sponde sono sacre non solo perché costituiscono il paese natale del Foscolo; sono sacre perché legati ai miti, alle leggende di un tempo e soprattutto alla nascita di Venere.
Immagini di Serenità e Pace
“ove il mio corpo fanciulletto giacque,”- il verso ci dà un’immagine di serenità e di pace, quasi un abbandono nelle braccia della terra natale resa dal verbo “giacere”
Richiamo alla Terra Natale
“Zacinto mia, che te specchi nell'onde / del greco mar”. - Dopo la lenta musicalità dei due versi precedenti, Foscolo invoca la sua terra natale, chiamandola con il nome greco. Egli vi nacque nel 1778, la abbandonò una prima volta a 8 anni per seguire il padre a Spalato e definitivamente a 14 anni. Da questo punto in poi si ha tutta una serie di immagini e di ricordi di stampo classico legati da un avverbio o da una congiunzione relativa. La versione in prosa diventa quindi la seguente:
“E nemmeno più toccherò le sacre sponde dove il mio corpo riposò da fanciullo, o Zacinto mia,
che ti rispecchi nelle onde del mare greco,
da cui nacque Vergine Venere
e (=la quale) rese quelle isole fertili con il suo primo sorriso
onde (= per le quali cose) celebrarono il tuo limpido cielo e i tuoi boschi i gloriosi versi di Omero
ed (=il quale) descrisse le acque solcate per il volere del Fato e l’esilio in diverse terre
per cui, reso grande dalla fama e dalla sventura, Ulisse baciò la sua petrosa Itaca
“da cui vergine nacque / Venere” - Le selve e le sponde dell’isola si rispecchiano nello stesso mare da cui nacque Venere, come esistesse una certa continuità fra il mito e la realtà presente.
“e fea quelle isole feconde / col suo primo sorriso...” - Il primo sorriso di Venere rendeva fertili le splendenti le isole del mare Jonio. L’uso dell’imperfetto “fea = faceva, rendeva”, indica la continuità dell’azione fecondatrice della dea nel tempo
“...onde non tacque / le tue limpide nubi e le tue fronde / l'inclito verso di colui che l'acque canto fatali...” - Foscolo fa riferimento ad Omero che infatti, nel IX canto dell’Odissea ricorda le brune selve di Zacinto. Per un momento sembra quasi che il Foscolo dimentichi il suo dolore, ma arriva il ricordo di Ulisse che lo rende consapevole del proprio destino che non gli permetterà mai di ritornare in patria, come invece concesse all’eroe greco.
“..ed il diverso esiglio, per cui bello di fama e di sventura / baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.” - Viene rievocato il mito di Ulisse, le sue peregrinazioni volute dal destino e l’esilio attraverso varie terre e varie popolazioni. Ulisse si identifica con il Foscolo ed il punto culminante di tale identificazione si ha nell’immagine dell’eroe greco che, al suo ritorno, bacia Itaca. Foscolo non celebra volentieri gli eroi vittorioso baciati dalla fortuna. Esso è attratto dagli sconfitti e dai sofferenti con cui i momenti di contatto sono numerosi. Nei confronti della sorte di Ulisse, Foscolo sembra mostrare anche una certa ammirazione perché è la sorte che il poeta sognava: l’esilio, le delusione, ma, alla fine, il ritorno in patria. Nonostante l’aspetto inospitale, Itaca resta comunque la patria tanto cara ad Ulisse.
Riflessioni Finali di Foscolo
“Tu non altro che il canto avrai del figlio, / o materna mia terra; a noi prescrisse / il fato illacrimata sepoltura.” - Nell’ultima terzina all’evocazione del mito di Venere, il canto di Omero ed il mito di Ulisse subentrano delle riflessioni molto distaccate, proprie di colui ha ormai consumato tutte le lacrime. Pertanto, il sonetto ritorna al motivo iniziale ed è come se il cerchio si chiudesse. Ormai Foscolo accetta con rassegnazione ciò che il destino gli ha riservato ed il furore romantico dello Jacopo Ortis si è calmato. La sepoltura illacrimata, cioè senza nessuno che piangesse sulla sua tomba, è sempre stato oggetto di angoscia per il poeta; infatti si ritrova nello Jacopo Ortis e ne Le Grazie, come se avesse previsto di morire lontano da suoi, come effettivamente avvenne.
Domande da interrogazione
- Qual è la struttura del sonetto di Foscolo e quali temi principali affronta?
- Come viene rappresentata la terra natale di Foscolo nel sonetto?
- Qual è il significato del richiamo ai miti classici nel sonetto?
- In che modo Foscolo si identifica con Ulisse nel sonetto?
- Quali riflessioni finali esprime Foscolo nel sonetto?
Il sonetto di Foscolo segue la struttura abab/abab/cde/cde e combina elementi neoclassici con una sensibilità romantica. Affronta temi come la nostalgia per la terra natale, il richiamo ai miti classici e la rassegnazione di fronte al destino.
La terra natale di Foscolo, Zacinto, è evocata con immagini di serenità e pace, riflettendo un legame profondo con i miti classici e la bellezza naturale, come il mare greco e la nascita di Venere.
I miti classici, come la nascita di Venere e le avventure di Ulisse, rappresentano un rifugio dalla realtà e un mezzo per esprimere la sofferenza dell'esilio e la nostalgia per la patria perduta.
Foscolo si identifica con Ulisse attraverso il tema dell'esilio e del desiderio di ritorno in patria. Ammira il destino di Ulisse, che, nonostante le avversità, riesce a tornare a Itaca, un sogno che Foscolo non può realizzare.
Nelle riflessioni finali, Foscolo accetta con rassegnazione il suo destino di sepoltura illacrimata, senza lacrime sulla sua tomba, un tema ricorrente nella sua opera che riflette la sua angoscia per la morte lontano dalla patria.