Fabrizio Del Dongo
Genius
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Concetti Chiave

  • Il sonetto di Foscolo riflette l'intolleranza verso la guerra e i moti rivoluzionari, con una lieve allusione all'amore perduto per Isabella Roncioni.
  • La metafora del mirto secco e delle foglie dell'alloro simboleggia la fine dell'amore e la perdita della speranza giovanile di gloria poetica.
  • Foscolo esprime un profondo disagio psicologico, derivato dalla violenza vissuta durante la guerra, che ha indurito i suoi sentimenti e offuscato la mente.
  • Il pensiero del suicidio è presente ma contrastato dal desiderio di gloria e dall'affetto verso la madre, riflettendo un conflitto interiore tipico del preromanticismo.
  • Il sonetto evidenzia contraddizioni romantiche, con richiami letterari a Petrarca e Ovidio, esprimendo dissidi tra aspirazioni ideali e la realtà opprimente.

Indice

  1. Composizione e Temi del Sonetto
  2. Simbolismo delle Piante
  3. Autobiografia e Guerra
  4. Suicidio e Contraddizioni

Composizione e Temi del Sonetto

Il sonetto è stato composto fra il 1799 e il 1801, visto che è stato pubblicato nel 1802. Esso inspira al sentimento amoroso che lega il poeta con Isabella Roncioni, anche se il motivo centrale è dettato dall’intolleranza nei confronti dei moti rivoluzionari e della guerra in genere che non permettono più di fare distinzione fra il bene e il male.

All’amore per la donna amata è fatta allusione soltanto nei primi due versi e l’immagine del mirto secco ci potrebbe far pensare alla fine di tale rapporto. Nell’insieme il sonetto ha più un valore psicologico che non lirico perché in esso si può cogliere, soprattutto, un forte disagio del poeta.

Non sono più colui che ero un tempo; gran parte di me non esiste più:

e ciò che mi resta è soltanto lacrime e una sensazione di vuoto (= languore)

E il mirto è senza vita, e le foglie dell’alloro, primo elemento che mi spingeva, da giovane, a comporre poesie, sono avvizzite.

Perché dal giorno in cui un’illecita licenza di uccidere e la guerra

mi abituarono ai modi e alle scene sanguinose,

la mia mente ha perso lucidità, i sentimenti si sono induriti, e l’uccidere

altri uomini è diventato per me un mestiere [come un altro] oltre ad un motivo di vanto.

Che se anche mi viene il pensiero di darmi la morte,

da questo proposito crudele mi allontanano

il forte desiderio di gloria e l’affetto verso la madre.

Così schiavo di me stesso, e di altri, e del destino,

so qual è la cosa migliore da fare e nonostante questo mi appiglio a quella peggiore

e so invocare la morte ma non sono in grado di darmela.

Simbolismo delle Piante

Non so chi fui; perì di noi gran parte;

questo che avanza è sol languore e pianto.

Questi due versi costituiscono la traduzione di un passo delle elegie del poeta latino Massimiano: “Non sum qui fueram: periit pars maxima nostri; hoc quoque quod superest languor et horror habet.” Espressioni dello stesso tipo si ritrovano anche in altri scritti di Foscolo.

E secco né il mirto, e son le foglie sparte

Del lauro, speme del giovanil mio canto.

In questi due versi ritroviamo l’immagine di due piante: il mirto e l’alloro. Il mirto è la pianta sacra a Venere ed è il simbolo dell’amore, ma ormai è appassito perché il sentimento amoroso è svanito. L’alloro simboleggia la gloria poetica e le sue foglie sono disperse e abbandonate, quelle foglie in cui, simbolicamente, da giovane il Foscolo riponeva tanta speranza, poiché sperava di raggiungere la fame tramite la poesia.

Autobiografia e Guerra

Perché dal dì ch’empia licenza e Marte

vestivan me del lor sanguineo manto

cieca è la mente e guasto il core, ed arte

l’umana strage, arte è in me fatta, vanto.

Questi versi costituiscono un richiamo autobiografico. Il poeta, nella primavera del 1799, si impegnò nella lotta armata contro l’esercito austro-russo che aveva invaso la Repubblica Cisalpina e contro gli insorti, rimanendo, nel primo caso, anche ferito. Ora, dopo qualche tempo, riflettendo, si rende amaramente conto che dal giorno in cui la violenza rivoluzionaria e la guerra (=Marte) rese lecito l’uccisione dei propri simili, il suo cuore non fu più in grado di amare, la sua mente divenne offuscata e dare la morte ad altri diventò per lui un motivo di vanto. In altri termini, lo scrittore denuncia e riprova la guerra ed ogni forma di rivolta irriguardosa e sovvertitrice della tradizione perché non fa altro che impedire all’uomo di ragionare, permettendogli così di accettare soluzioni violente e sbrigative.

Suicidio e Contraddizioni

Che se pur sorge di morir consiglio,

a mia fiera ragion chiudon le porte

furor di gloria, e carità di figlio.

In questi versi, si va avanti l’idea del suicidio, molto familiare in Foscolo (fra l’altro due fratelli del poeta morirono in questo modo e anche Jacopo Ortis si dà la morte). Si trattava dell’estrema soluzione cara alla generazione dei preromantici che, però, non aveva niente di debolezza bensì collegato ad un concetto di eroismo e di sublime rinuncia al mondo. Tuttavia il poeta non arriva a tale passo estremo poiché il ragionamento radicale (= fiera ragion) che lo potrebbe convincere a darsi la morte, è contrastato da due elementi: il grande desiderio di perseguire la gloria scrivendo opere poetiche e l’amore pietoso verso la madre che non vuole lasciare sola ed inconsolabile a piangere la perdita del figlio.

Tal di me schiavo, e d’altri, e della sorte,

conosco il meglio ed al peggior mi appiglio,

e so invocar e non darmi la morte.

In questi ultimi versi, da cui traspare una contraddizione tutta romantica, il richiamo al Petrarca e a Ovidio è evidente. Infatti, Petrarca aveva scritto: “E veggio il meglio ed al peggior m’appiglio”, mentre Ovidio aveva detto: “Video meliora proboque, deteriora sequor.” L’esistenza del poeta ruota tutta intorno ad una serie di dissidi interno: aspira alla liberta ma si sente oppresso da se stesso, dagli altri e dallo stesso destino; è convito che la morte sarebbe la soluzione migliore, ma resta sempre aggrappato alla vita che non gli procura che sofferenze e dolori; è capace di invocare la morte, ma non ha il coraggio di suicidarsi. Tali contraddizioni hanno un aspetto terreno e nulla hanno in comune con il dissidio trascendente del Petrarca fra il Cielo e la passione amorosa verso Laura.

Domande da interrogazione

  1. Qual è il tema centrale del sonetto e come si collega all'esperienza personale del poeta?
  2. Il tema centrale del sonetto è l'intolleranza verso i moti rivoluzionari e la guerra, che impediscono di distinguere tra bene e male. Questo si collega all'esperienza personale del poeta, che ha partecipato alla lotta armata e riflette amaramente su come la violenza abbia offuscato la sua mente e indurito il suo cuore.

  3. Qual è il significato simbolico delle piante menzionate nel sonetto?
  4. Il mirto, sacro a Venere, simboleggia l'amore ormai svanito, mentre l'alloro rappresenta la gloria poetica, con le sue foglie disperse che indicano la perdita di speranza nel raggiungere la fama attraverso la poesia.

  5. Come viene affrontato il tema del suicidio nel sonetto?
  6. Il tema del suicidio è presente come un pensiero che il poeta considera, ma è contrastato dal desiderio di gloria e dall'affetto verso la madre, che lo trattengono dal compiere l'atto estremo.

  7. Quali contraddizioni interne vive il poeta secondo il sonetto?
  8. Il poeta vive contraddizioni interne tra il desiderio di libertà e il sentirsi oppresso da se stesso, dagli altri e dal destino. Sebbene riconosca che la morte potrebbe essere la soluzione migliore, rimane aggrappato alla vita, incapace di suicidarsi.

  9. In che modo il sonetto riflette il disagio psicologico del poeta?
  10. Il sonetto riflette il disagio psicologico del poeta attraverso l'espressione di sentimenti di vuoto, indurimento del cuore e offuscamento della mente, causati dalla violenza e dalla guerra, che lo hanno reso incapace di amare e lo hanno portato a considerare la morte come una via d'uscita.

Domande e risposte

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