Concetti Chiave
- I riti funebri e l'affetto dei vivi non cambiano la condizione del defunto, che rimane nell'oblio e annullamento.
- Le tombe mantengono vivo il ricordo e creano una continuità di affetti tra vivi e defunti, offrendo una sorta di immortalità.
- La morte è meno terribile nei cimiteri, ma la distinzione delle ossa tramite un sepolcro offre poco sollievo rispetto alla vita perduta.
- L'illusione di non sprofondare nel nulla dopo la morte è mantenuta dal culto delle tombe, che risveglia il ricordo nei vivi.
- Chi non lascia ricordi positivi non trova gioia nel sepolcro, e le sue ceneri giacciono dimenticate, senza conforto o preghiere.
Indice
Il Destino del Defunto
I riti funebri e l’affetto dei viventi non possono modificare la condizione del defunto; quando siamo privati del godimento della bellezza della natura, delle speranze nel futuro e della fruizione degli affetti, l’esistenza o meno di un degno sepolcro non modifica affatto tale situazione negativa; per il defunto resta un destino di oblio e di annullamento.
La Speranza di Immortalità
Ma per qual motivo l’uomo si dovrebbe negare la speranza di garantirsi una sopravvivenza dopo la morte? Per mezzo delle tombe, si continua il ricordo e si realizza una continuità di affetti tra vivi e defunti; all’annientamento fisico, conseguenza delle inesorabili leggi del tempo, possiamo contrapporre l’intensità del ricordo dei vivi che assicura al defunto una specie di immortalità. Il pensiero della tomba non è di consolazione soltanto a chi non ha saputo conquistarsi l’affetto degli altri e sopravvivere nel loro ricordo.
La morte [intesa come inattività perché associata all’idea del sonno] è forse meno terribile all’ombra dei cipressi che adornano i cimiteri e dentro le tombe, invano consolate dal pianto dei superstiti? Quando ai miei occhi il Sole avrà cessato di splendere e di fecondare sulla terra il mondo animale e vegetale, e quando il futuro non si presenterà a me ricco di speranze e cose allettanti e quando non potrò più ascoltare i tuoi versi, o mio dolce amico [si tratta di Ippolito Pindemonte], caratterizzati da una malinconica musicalità, e quando non potrò più provare nel mio cuore né l’ispirazione poetica, né la passione amorosa, entrambi elementi di conforto nella mia esistenza di esule, [alla luce di tutte le condizioni negative appena elencate] che sollievo può costituire, se paragonato alla vita perduta, il fatto che le mire ossa siano distinte, per mezzo di un sepolcro, da tutte le altre che la morte dissemina sia sulla terra che in mare?
L'Inesorabile Oblio
O Pindemonte, purtroppo è così! Anche la Speranza, ultima risorsa dell’uomo, abbandona i sepolcri; e l’oblio avvolge ogni cosa nella sua notte; e una forza operosa [una legge naturale di perenne trasformazione] le travolge in un movimento continuo; e il trascorrere del tempo travolge e trasforma l’uomo, i suoi sepolcri, le sue spoglie mortali e i vari aspetti sia del cielo che della terra, che non sono altro che ciò che rimane delle trasformazioni precedenti. Ma perché, prima che il tempo arrivi a tanto, l’uomo si dovrà privare dell’illusione che, pur essendo morto, non precipiterà nel nulla e non varcherà la soglia del regno dei morti?
Il Dialogo Muto
Egli non vive forse anche sotto terra quando l’armonia del giorno non gli dirà più nulla, se essa può essere risvegliata dal culto delle tombe nella mente dei suoi cari [per i quali egli vive ancora]? Questo dialogo muto [= corrispondenza di amorosi sensi] fra il defunto e i sopravvissuti è divina, [è] un dono concesso dagli dei agli esseri umani e spesso, grazie a tale corrispondenza, si può vivere con l’amico deceduto che a sua volta vive con noi a patto che la terra che lo accolse appena nato o lo nutrì, ora, offrendogli pietosamente l’estremo rifugio con l’affetto di una madre, ne protegga le spoglie mortali dalle intemperie e dalle profanazioni ad opera del piede del popolo e a condizione che una lapide ne ricordi il nome e che un albero amico, col profumo dei suoi fiori e con la sua dolce ombra, ne consoli le spoglie.
La Solitudine del Sepolcro
Soltanto chi non lascia ricordi positivi e rapporti affettivi, nel sepolcro non trova gioia; e se pure vede qualcosa dopo le esequie, la sua anima finirà per errare fra i lamenti dei luoghi attraversati dal fiume Acheronte oppure [conoscerà] la beatitudine nel trovare accoglienza e rifugio sotto le grandi ali di Dio misericordioso: ma le sue ceneri giaceranno dimenticate in balia delle ortiche su di una terra incolta, in cui nessuna donna innamorata pregherà, né nessun passante solitario udrà il sospiro che la Natura emette dalla tomba [= il turbamento dello spirito che si prova per una legge naturale passando davanti ad una tomba].
Domande da interrogazione
- Qual è il destino del defunto secondo il testo?
- Come si può garantire una sorta di immortalità al defunto?
- Qual è il ruolo della speranza in relazione ai sepolcri?
- In che modo il dialogo muto tra defunto e sopravvissuti è descritto nel testo?
- Cosa accade a chi non lascia ricordi positivi e rapporti affettivi?
Il destino del defunto è l'oblio e l'annullamento, poiché i riti funebri e l'affetto dei viventi non possono modificare la sua condizione.
Si può garantire una sorta di immortalità al defunto attraverso il ricordo e la continuità degli affetti tra vivi e defunti, che si realizza tramite le tombe.
La speranza, ultima risorsa dell'uomo, abbandona i sepolcri, poiché l'oblio avvolge ogni cosa e il tempo trasforma tutto, inclusi l'uomo e i suoi sepolcri.
Il dialogo muto è descritto come una corrispondenza di amorosi sensi, un dono divino che permette di vivere con il defunto attraverso il culto delle tombe.
Chi non lascia ricordi positivi e rapporti affettivi non trova gioia nel sepolcro e le sue ceneri giacciono dimenticate, senza preghiere o ricordi da parte dei vivi.