Concetti Chiave
- Il sonetto di Foscolo, pubblicato nel 1802, è ispirato dall'amore per Isabella Roncioni e riflette un soliloquio malinconico e intimo.
- La prima quartina descrive un sonno lungo e incerto, simbolo del dolore e dei singhiozzi continui dell'animo del poeta.
- La notte è descritta con aggettivi che riflettono i sentimenti del poeta, esprimendo solitudine e malinconia attraverso il paesaggio notturno.
- Il poeta vaga solitario in un luogo desolato, forse il Parco delle Cascine, rievocando le sue sofferenze causate da amore e destino avverso.
- Conclude rivolgendosi all'amata, dimenticando le amarezze quotidiane e invocando la luce dei suoi occhi, in un sonetto stilisticamente ricco di enjambements e influenze romantiche.
Indice
Origine e ispirazione del sonetto
Il sonetto, pubblicato per la prima volta nel 1802, nello stesso anno de Le ultime lettere di Jacopo Ortis,sarebbe stato scritto nel 1801 ed è ispirato dall’amore per Isabella Roncioni.
La prima quartina inizia con “Così…”, la cui collocazione esprime una dolora conclusione di un precedente soliloquio. Così, il poeta passa intere giornate preso dal sonno, un sonno lungo, che quindi si protrae nei termini di ragionevole durata e incerto poiché in realtà si tratta di un dormiveglia. L’animo resta vigile e, non abbandonandosi al sonno, è affetto da dolore e da un singhiozzo continuo (= gemo).
Descrizione della notte e dei sentimenti
Successivamente, abbiamo l’immagine della notte che avanza e della luna e degli astri che iniziano a brillare. L’aria si fa fredda perché non è più riscaldata dal sole e appare ricoperta di mute ombre. Gli aggettivi adoperati per descrivere la notte incipiente (bruna, freddo aer, mute ombre), a prima vista, potrebbero sembrare un po’ scontati, ma non è così. Essi vogliono esprimere l’accordo del paesaggio con i sentimenti del poeta. Infatti, la notte è bruna perché è anche ombrosa di pensieri malinconici, il “freddo aer” esprime la solitudine intirizzita dell’anima, mentre sembra che le “mute ombre” condividano col poeta l’angoscia senza parole che il suo animo sta vivendo.
Vagabondare solitario e riflessioni
Giunta la notte, il poeta inizia a vagare solitario in una zona pianeggiante non abitata da nessuno e ricoperta di alberi. Alcuni critici sostengono che si tratterebbe del Parco delle Cascine a Firenze, tanto più che qualche verso più avanti si parla di strepitio delle acque dell’Arno. Immagine di Foscolo che se sta camminando immerso nella sua solitudine, ci rimanda al sonetto del Petrarca “Solo e pensoso i più deserti campi Vo mesurando a passi tardi e lenti….”
Durante tale vagabondare, col pensiero, egli ravviva le piaghe ( = dolore in senso metaforico) che gli hanno procurato la fortuna maligna, la passione amorosa e gli uomini. Questo concetto che immagina l’uomo solo in antagonismo continuo con tutto quanto lo circonda e di ispirazione alfieriana. Ad un certo punto, preso dalla stanchezza, forse più psichica che fisica, si ferma per appoggiarsi contro il tronco di un pino e sfinito, laddove rumoreggia l’acqua (forse l’acqua dell’Arno), inizia a parlare con le proprie speranze, come se si trovasse in uno stato delirante.
Riflessioni finali e invocazione
Nell’ultima terzina, il poeta si rivolge direttamente alla donna amata. Dimenticando le amarezze quotidiane (= le mortali ire) e l’avverso destino, il poeta emette dei sospiri e termina il sonetto invocandola, identificandola con la luce dei suoi occhi e chiedendosi chi gliela nasconda.
Dal punto di vista stilistico il sonetto – rima abba baab cde ced – risulta essere più completa rispetto ai precedenti, soprattutto per i numerosi “enjambements” incerto/sonno, bruna/notte che danno al componimento un ritmo continuo, melodico, meditativo e malinconico, frutto di un soliloquio intimo che, pur rifacendosi al Petrarca, in realtà è molto originale e soprattutto romantico.
Domande da interrogazione
- Qual è l'origine e l'ispirazione del sonetto?
- Come viene descritta la notte nel sonetto?
- Dove si svolge il vagabondare solitario del poeta?
- Quali riflessioni emergono durante il vagabondare del poeta?
- Come si conclude il sonetto?
Il sonetto è stato scritto nel 1801 e pubblicato nel 1802, ispirato dall'amore per Isabella Roncioni.
La notte è descritta con aggettivi come bruna, freddo aer e mute ombre, che riflettono i sentimenti malinconici del poeta.
Il poeta vaga solitario in una zona pianeggiante, probabilmente il Parco delle Cascine a Firenze, immerso nella sua solitudine.
Durante il vagabondare, il poeta riflette sulle piaghe causate dalla fortuna maligna, la passione amorosa e gli uomini, in un antagonismo continuo con il mondo.
Il sonetto si conclude con il poeta che si rivolge alla donna amata, invocandola e chiedendosi chi gli nasconda la luce dei suoi occhi.