Concetti Chiave
- Il poema celebra Goffredo di Buglione, il condottiero che liberò il Santo Sepolcro con saggezza e abilità, affrontando avversità terrene e ultraterrene.
- Le forze celesti sostennero Goffredo, guidando i suoi compagni smarriti verso la retta via e la croce cristiana.
- La poesia è presentata come un mezzo dolce e ingannevole per veicolare verità e valori religiosi, come il miele che fa accettare una medicina amara.
- Il poeta invoca la musa per ottenere ispirazione divina, affinché il suo canto possa contenere bellezza e verità.
- Alfonso II è esortato a seguire le orme di Goffredo, preparandosi a liberare il Santo Sepolcro dai Turchi e ricevere il comando delle forze cristiane.
Canto l’arme pietose e ‘l capitano
che ‘l gran sepolcro liberò di Cristo.
Molto egli oprò co ‘l senno e con la mano,
molto soffrì nel glorioso acquisto;
e in van l’Iferno vi s’oppose, e in vano
s’armò d’Asia e di Libia il popol misto.
Il Ciel gli diè favore, e sotto a i santi
segni ridusse i suoi compagni erranti.
Canto le armi pie (pietose, nel senso di devote, poste al servizio della fede) e il comandante (Goffredo di Buglione) che liberò il grande (misura d’importanza) sepolcro di Cristo.
Egli molto si adoperò con la ragione e con la mano (mise a disposizione la sua saggezza e la sua abilità come condottiero), soffrì molto per la conquista di Gerusalemme e invano il demonio si oppose a tale conquista come anche vana fu l’opposizione delle popolazioni della Libia (gli Egiziani) e dell’Asia (con l’espressione « popolo misto» si vuol indicare i mussulmani uniti per contrastare l’avanzata dell’esercito cristiano).
Il cielo (le forze celesti) gli diede il suo appoggio e ricondusse (il cielo è sempre il soggetto della frase) i suoi compagni (di Goffredo) che avevano perduto la retta via ( l’aggettivo «erranti» indica il vagare dello spirito, lontano dagli insegnamenti religiosi, e la distrazione degli uomini dall’impegno militare al servizio del Santo Sepolcro.) sotto la croce cristiana (i santi simboli).
O Musa, tu che di caduchi allori
non circondi la fronte in Elicona,
ma su nel cielo infra i beati cori
hai di stelle immortali aurea corona,
tu spira al petto mio celesti ardori,
tu rischiara il mio canto, e tu perdona
s’intesso fregi al ver, s’adorno in parte
d’altri diletti, che de’ tuoi, le carte.
Sai che là corre il mondo ove più versi
di sue dolcezze il lusinghier Parnaso,
e che ‘l vero, condito in molli versi,
i più schivi allettando ha persuaso.
Così a l’egro fanciul porgiamo aspersi
di soavi licor gli orli del vaso:
succhi amari ingannato intanto ei beve,
e da l’inganno suo vita riceve.
Il Potere della Poesia
Tu (musa) sai che là nel mondo pagano le persone sono attratte dai versi e dalle dolcezze della poesia (il Parnaso è il monte sacro ad Apollo, dio della poesia), e che la verità resa in versi languidi, ha convinto, ha catturato, persino i più schivi alle dolcezze della lirica. In questo modo al bambino malato porgiamo i bordi della tazza coperti con liquidi dolci (miele): intanto ingannato (dal sapore dolce del miele) egli beve succhi amari (la medicina), e da questo suo inganno riceve la guarigione.
Quest’ultima similitudine è direttamente ripresa dal De Rerum Natura di Lucrezio. Con essa il Tasso spiega: così come il miele, cosparso sul bordo della tazza, inganna il bambino malato ad ingoiare la medicina benefica, altrimenti troppo amara, la poesia è un ” dolce” veicolo per i valori religiosi, indispensabili per la sopravvivenza dello spirito.
Tu, magnanimo Alfonso, il qual ritogli
al furor di fortuna e guidi in porto
me peregrino errante, e fra gli scogli
e fra l’onde agitato e quasi absorto,
queste mie carte in lieta fronte accogli,
che quasi in voto a te sacrate i’ porto.
Forse un dì fia che la presaga penna
osi scriver di te quel ch’or n’accenna.
È ben ragion, s’egli averrà ch’in pace
il buon popolo di Cristo unqua si veda,
e con navi e cavalli al fero Trace
cerchi ritòr la grande ingiusta preda,
ch’a te lo scettro in terra o, se ti piace,
l’altro imperio de’ mari a te conceda.
Emulo di Goffredo, i nostri carmi
intanto ascolta, e t’apparecchia a l’armi.
L'Appello ad Alfonso
A ragione, se avverrà mai (unqua) che il buon popolo di Cristo (i cristiani) viva in pace e con navi e cavalli (si riferisce alla Crociata condotta da Alfonso II contro i turchi) sottragga ai Turchi («fero Trace» i Turchi erano Traci perché occupavano Costantinopoli, territorio dell’antica Tracia) il Santo Sepolcro ingiustamente occupato («l’ingiusta preda»), allora che a te venga concesso il potere («lo scettro») sugli eserciti, o se preferisci, l’atro comando quello delle flotte navali. In attesa che questo avvenga, tu Alfonso, emulo di Goffredo, ascolta i nostri componimenti poetici, e preparati a combattere.
Domande da interrogazione
- Qual è il tema principale del testo?
- Come viene descritta la poesia nel testo?
- Chi è invocata come fonte d'ispirazione nel testo?
- Qual è il ruolo di Alfonso nel testo?
- Qual è l'obiettivo finale auspicato nel testo?
Il tema principale è la liberazione del Santo Sepolcro di Cristo da parte di Goffredo di Buglione, con l'aiuto divino, contro le forze avversarie.
La poesia è descritta come un mezzo dolce e ingannevole per trasmettere verità e valori religiosi, simile al miele che copre il sapore amaro della medicina.
La Musa è invocata come fonte d'ispirazione per infondere ardore celeste e illuminare il canto.
Alfonso è lodato come un protettore e guida, e viene esortato a prepararsi per la battaglia, emulando Goffredo.
L'obiettivo finale è la pace per il popolo cristiano e la riconquista del Santo Sepolcro dai Turchi, con Alfonso al comando.