Concetti Chiave
- Narciso, un giovane cacciatore, respinge l'amore delle ninfe e si innamora della sua immagine riflessa, portando alla sua rovina.
- La favola di Narciso funge da monito contro l'orgoglio e il rifiuto dell'amore, insegnamenti trasmessi da Mercurio ad Adone nel giardino di Venere.
- Nel XVII secolo, l'epica tradizionale viene abbandonata da Marino, che si ispira a Nonno di Panopoli e Claudiano, suscitando scandalo negli ambienti letterari.
- La cancellazione dell'eroe classico nell'epica del Seicento porta all'introduzione di personaggi passivi come Adone, che non agisce eroicamente.
- L'Adone di Marino si distingue per la proliferazione narrativa, con molte azioni inutili che non influenzano veramente il corso degli eventi.
Indice
La storia di Narciso
Se non ti è pesante, ti voglio raccontare
quanto accadde al povero Narciso.
Narciso un fanciullo che faceva innamorare
tutte le belle ninfe che abitavano lungo le rive del fiume Cefisio.
La più bella, che si chiamava
Eco, bruciava d’amore [per lui]
e adorando il suo aspetto da Dio
si comportava più da adoratrice che da innamorata.
Un tempo la ninfa parlava con grande facilità
ed era solito esprimersi in un modo più eloquente delle altre
Giunone presa dall’ira e indispettita
fece si che essa potesse ripetere solo le ultime sillabe delle parole [immagine dell’eco che rinvia gli ultimi suoni del discorso pronunciato].
Nonostante, per la condanna severe e profonda, i suoi lamenti spezzati e incompleti non riuscissero ad esprimere chiaramente [il pensiero, i propri sentimenti]
essa suppliva, chiedendo una tregua alle sue sofferenze,
con gli sguardi pieni d’amore o con i sospiri.
Ma l’ingrato e giovane ragazzo non provava
alcuna pietà per il mortale dolore della ninfa
negli occhi e nelle mani portava la morte
ostile com’era alle belve, ma ancora di più nei confronti dell’amore
[Narciso praticava la caccia e con le mani portava la morte alle belve, ma ancora di più era ostile al sentimento amoroso]
si difende [dagli assalti dell’amore], bello quanto forte,
con la durezza dell’espressione del viso e con l’orgoglio dell’animo.
Basta a se stesso e lascia gli altri nel dubbio
nel capire se in lui prevalga la bellezza o l’insensibilità
“Amore (dicevano le ragazze innamorate)
O da questo deriso serpe velenoso, sordo ai richiami d’amore,
dove sono l’arco e la fiaccola che fanno parte di te?
[nell’iconografia mitologica, Amore impugna l’arco con il quale invia le frecce al cuore degli innamorati, e la fiaccola con cui accende i cuori]
Perché egli non rimane né arso dalla tua fiamma, né ferito dalla tua freccia?
Ti supplichiamo, fa’ sì che con sospiri e pianti
Egli possa inutilmente amare perché non corrisposto e non accettato!
Come riesci a sopportare così tanto orgoglio?
Vendica le proprie sconfitte e i torni degli altri.”
L’arciere [Amore], contro la cui freccia lo scudo è inutile,
porse attenzione a quella preghiera così calorosa
e un giorno, scorse il cacciatore orgoglioso [Narciso]
tutto solo in un luogo solitario.
Stanco di dar la caccia ai cinghiali e agli orsi
Cercava un po’ d’ombra per ripararsi dai raggi infuocati del sole ;
ogni uccello smette di cantare quando il grand caldo si espande,
eccetto la sommessa e stridula cicala.
Tra le verdi colline che formano un teatro di verdura,
si trova una vallata selvaggia ricoperta di boschi;
qui la falce non osa recidere nulla, l’aratro non osa
spezzare le zolle o tagliare la crosta del terreno;
una piccola fonte fredda e oscura perché ben in ombra
inghirlandata da un intreccio di fiori
qui sta al riparo dal sole e le sue acque sono così trasparenti
da far arrivare lo sguardo fino al fondo limpido.
Sul bordo letale di questa sorgente [“letale” perché sarà la causa della morte di Narciso]
che bagna dui goccioline, simili a perle, i fiori circostanti
e serve da specchio alla montagna ricca di grotte
che la ripara dal sol quanto più si alza [nelle ore centrali della giornata il sole, essendo più alto, riscalda di più e la montagna serve da buon riparo alla fonte]
[Narciso] appoggia il petto e la fronte affaticata,
affonda nell’acqua le mani e vi immerge le labbra prosciugate dal sole.
A questo punto, Amore, mentre egli è chinato per bere,
vuole che egli impari che non ci si deve far gioco della virtù degli Dei.
Egli fissa lo sguardo attento nell’ acqua
E vi scorge la propria immagine,
prova una forma di sentimento amoroso mai provato prima
nei confronti dell’immagine riflessa che crede essere finta;
abbraccia l’ombra nell’acqua argentea che scorre via
e sospira e desidera ciò che, in realtà, possiede già;
quello che sta cercando lo porta in se stesso.
O misero, e non può trovare ciò che ha accanto.
Per rinfrescarsi, dissetandosi, corre verso l’acqua fresca,
ma l’onda fresca gli provoca nel cuore una maggiore sete d’amore [Narciso si sta innamorando della propria immagine]
qui la fiamma dell’amore si risveglia e la miccia si accende,
laddove il piede lo porta a calmare l’arsura [Narciso ravviva la fiamma, accende la miccia del desiderio amoroso. In questi versi, abbiamo un continuo rinvio di significato fra l’arsura causata dal caldo e dalla sete a quella del desiderio d’amore]
arde di desiderio e affinché l’ardore prenda sempre maggior vigore
la sua stessa bellezza rinforza ancor più il desiderio
e, bruciando per un’immagine senza vita [la sua immagine riflessa nell’acqua della fonte]
mentre si rinfresca il viso, il petto prende fuoco [contrasto fra l’acqua fresca della fonte che è reale, e il fuoco metaforico del desiderio amoroso].
Narciso contempla la sua immagine e, ahimè folle!
Trae da questo falsa immagine una vera angoscia.
Egli amante e contemporaneamente amato, e preso fra la il gelo e il fuoco dell’amore [Narciso è contemporaneamente parte attiva e parte passiva del suo amore com’ è meglio specificato dai due versi seguenti]
Contemporaneamente è freccia e bersaglio [dell’amore], arco e arciere.
Desidera avere quello che ha l’acqua liquida e molle [cioè l’immagine riflessa]
cioè la bella figura e l’immagine superba
e geloso del bene di cui è privato
dalla riva della fonte si rivolge all’acqua come a un rivale in amore
Il destino di Narciso
Venendo meno lo spirito a quell’infelice giovane
Non riuscì a sopportare di piacere troppo a se stesso.
Lungo le acque che avevano organizzato l’inganno
depose la vita [si lasciò morire annegando nelle acque della fonte] e morto come uomo, ritrovò la vita sotto forma di fiore.
L’acqua che fu la causa della morte, ora lo nutre e lo fa crescere,
poiché esso trae dall’acqua ogni sua forza vitale.
Questo fu il destino del folle e bello
[giovane] innamorato della sua vuota immagine.
(Da notare la presenza in contemporanea dell’allitterazione e dell’annominazione, disposte, per altro, secondo una schema che richiama il chiasmo. L’allitterazione è limitata ai suoni gg e g. L’annominazione è l’accostamento di due parole con suono simile o uguale che esprimono un concetto contrario: vana/vaga, vaneggiante/vagheggiator]
Insegnamenti della favola
La favola di Narciso viene narrata da Mercurio ad Adone e fa parte di una serie di sei racconti mitologici destinati ad Adone, nel giardinò di Venere, affinché essi gli servino come insegnamento nell’ambito dell’ iniziazione all’amore. Narciso è un modello negativo perché egli disprezza la legge universale dell’amore e per questo è punito con la morte. Questo è l’insegnamento che se ne può dedurre: Adone sarà felice se terrà un comportamento opposto a quello di Narciso, cioè se non infrangerà la legge universale dell’amore.
L'epica nel XVII secolo
Nel XVII secolo, l’epica era molto in voga e costituiva la manifestazione poetica più impegnata della poesia: Il Trissino, per esempio, intende prendere le difese dell’ Italia nobile e feudale, mentre il Tasso descrive la lotta della cristianità contro gli infedeli musulmani. Come fonte d’ispirazione, l’epica del Seicento si rifà a Omero o a Virgilio. Il Marino abbandona l’epica in senso tradizionale e al binomio Omero-Virgilio sostituisce il binomio Nonno di Panopoli (ultimo scrittore ellenistico)-Claudiano (poeta e senatore romano, sostenitore di Stilicone). Prendere questi due scrittori come modello suscitò un certo scandalo negli ambienti letterari ed eruditi del tempo, anche se avevano fatto una veloce apparizione con il Poliziano. Invece erano conosciuto ed apprezzati in Francia. L’assunzione di questi due modelli, nell’Adone ha due conseguenze:
• dal punto di vista del contenuto, si ha la cancellazione dell’eroe-protagonista;
• dal punto di vista della forma, la cancellazione del racconto e l’introduzione di una miriade di racconti di secondo livello, intersecati con il primo.
L'Adone e l'anti-eroe
Nel Seicento, la cancellazione dell’eroe è frequente e ad esso si sostituisce l’anti eroe cioè colui che agisce, ma sbaglia obiettivo come Don Chisciotte. Tuttavia, Adone non è nemmeno un antieroe perché non agisce, non entra mai in azione e invece di fare si lascia fare. Non interviene nella guerra, ma vi assiste rintanato in una grotta. Tutto ciò che fa è poco eroico: si traveste da donna, si assoggetta ad un cavaliere, ruba degli oggetti vietati come farebbe un bambino e di fronte al rivale non sceglie altro che fuggire. Siccome non agisce da eroe è ovvio che esistano degli elementi che inceppano i processi narrativi. Molte azioni inserite nella narrazione sono inutili: e producono l’effetto della proliferazione. Per esempio, per sedurre Adone, Venere mette in atto tutta una serie di stratagemmi o di azioni finalizzate: la sorpresa del sonno, l’invio di un sogno, una falsa medicazione un bacio rubato, ecc. Ma nulla di questo serviva perché sappiamo che Adone era pronto a cedere a Venere, soltanto guardandola. Per uccidere Adone, lo scrittore mette in moto tutta una serie di azioni: armi fatate, ira degli dei, agguati, gelosie, bestie inferocite, miracoli naturali. Ma, anche in questo caso, tutto è inutile perché Adone è un cacciatore inesperto e la inettitudine e fragilità sarebbero state sufficienti per ucciderlo. Per questi motivi, l’Adone si colloca in contrasto con il tradizionale poema epico italiano.
Domande da interrogazione
- Qual è la storia di Narciso e quale ruolo gioca Eco in essa?
- Qual è l'insegnamento principale della favola di Narciso?
- Come si caratterizza l'epica del XVII secolo e quali sono le sue fonti d'ispirazione?
- In che modo l'Adone si differenzia dai tradizionali poemi epici italiani?
- Qual è il ruolo dell'anti-eroe nel contesto del Seicento e come si manifesta nell'Adone?
La storia di Narciso narra di un giovane che faceva innamorare tutte le ninfe, tra cui Eco, che lo adorava. Narciso, però, era insensibile all'amore e finì per innamorarsi della sua immagine riflessa nell'acqua, portandolo alla morte.
L'insegnamento della favola di Narciso è che disprezzare la legge universale dell'amore porta alla punizione, come accadde a Narciso che morì innamorato della sua immagine. Adone, al contrario, sarà felice se seguirà la legge dell'amore.
L'epica del XVII secolo era una forma poetica impegnata, ispirata da Omero e Virgilio. Tuttavia, Marino si distaccò da questa tradizione, scegliendo Nonno di Panopoli e Claudiano come modelli, suscitando scandalo nei circoli letterari.
L'Adone si differenzia per l'assenza di un eroe-protagonista e per la proliferazione di racconti secondari. Adone non agisce come un eroe, ma si lascia fare, rendendo molte azioni narrative inutili e contrastando con l'epica tradizionale.
Nel Seicento, l'anti-eroe sostituisce l'eroe tradizionale, agendo ma sbagliando obiettivo. Nell'Adone, il protagonista non agisce affatto, ma si lascia trascinare dagli eventi, rendendo la narrazione meno eroica e più complessa.