Concetti Chiave
- Il poeta esprime un paradosso di attesa: sa che qualcosa arriverà, ma afferma di non aspettare nessuno, riflettendo una tensione interiore tra speranza e incertezza.
- Il componimento può essere letto in chiave religiosa, suggerendo un travaglio interiore verso la conversione, con richiami al Vangelo di Matteo e lessico cattolico.
- Alcuni critici vedono nel testo un riferimento biografico alla fine di una relazione amorosa, rappresentando un'attesa di riconciliazione con un passato personale.
- La struttura del testo è bipartita: la prima parte enfatizza negazione e incertezza, mentre la seconda segna un avvicinamento progressivo alla certezza di un arrivo.
- L'uso di figure retoriche, come ossimoro e sinestesia, amplifica l'evocatività del linguaggio, creando un'interconnessione tra dimensioni umane e trascendenti.
Indice
Trepidante attesa del poeta
Il poeta si trova in uno stato di trepidante attesa, pur affermando ripetutamente di non aspettare nessuno. Questo apparente paradosso sottolinea una tensione interiore: da un lato, il poeta è consapevole che qualcosa – o qualcuno – arriverà; dall’altro, non conosce ancora con certezza la sua identità.
Tuttavia, ha la certezza del suo avvento (ma deve venire, v. 14) e del suo valore salvifico (sarà perdono, v. 19; certezza, vv. 21-22; ristoro, v. 23).Perseveranza e ricerca spirituale
Affinché questa attesa si trasformi in presenza, è necessaria la perseveranza (verrà, se resisto, v. 15) e la capacità di superare lo sconforto e le delusioni della vita, senza abbandonare la ricerca spirituale. Negli ultimi versi, la lirica si chiude con un’immagine di rapimento estatico, quasi con un sospiro sommesso.
Interpretazioni religiose e personali
Il componimento può essere interpretato in chiave religiosa, come testimonianza del travaglio interiore che porterà Rebora alla conversione. Il lessico di matrice cattolica nella seconda parte del testo (perdono, tesoro, ristoro, pene) rafforza questa lettura. Inoltre, l’idea di un arrivo improvviso (verrà d’improvviso, / quando meno l’avverto, vv. 17-18) richiama il Vangelo di Matteo (24,44), che invita alla vigilanza in attesa della venuta di Cristo: «Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
Tuttavia, alcuni critici, basandosi sulla biografia di Rebora, hanno ipotizzato che l’ispirazione del testo derivi da una vicenda personale: la fine della relazione con la pianista russa Lydia Natus, durata sei anni. Il poeta sarebbe dunque in attesa di un segnale da lei, sospeso tra il disinganno (non aspetto nessuno) e la speranza di un ritorno. Sebbene questa lettura sia limitante rispetto alla portata più universale del componimento, è anche vero che la grandezza della lirica risiede nella capacità dell’autore di parlare su due livelli intrecciati: quello religioso e quello umano.
Struttura e figure retoriche
Il testo è strutturato in due parti simmetriche, divise esattamente a metà (dopo il v. 13) dalla congiunzione avversativa ma (v. 14).
Nella prima parte, il refrain non aspetto nessuno (vv. 4, 9, 13) enfatizza il senso di negazione e incertezza.
Nella seconda parte, invece, il verbo verrà si ripete con insistenza (vv. 15, 17, 19, 21, 23, 25), segnalando il progressivo avvicinarsi della presenza attesa.
Questa bipartizione riflette l’evoluzione del discorso: dall’attesa indefinita alla certezza di un arrivo.
L’autore utilizza diverse figure retoriche per amplificare il potere evocativo delle parole:
Ossimoro (ombra accesa, v. 5): la stanza è buia ma, al tempo stesso, illuminata, forse da una luce interiore o dall’avvicinarsi di una presenza trascendente.
Metafora e sinestesia (polline di suono, v. 8): il suono del campanello è descritto come particelle di polline, creando un’immagine che unisce udito e vista.
Ipallage (stupefatte di spazio, v. 11): il poeta proietta la propria emozione sui muri della stanza.
Climax ascendente nella rima deserto (v. 12) : avverto (v. 18) : certo (v. 21), che segna il passaggio dalla desolazione spirituale all’intuizione di un evento, fino alla certezza del suo compiersi.
Chiasmo (vv. 22-24: del suo e mio tesoro, […] delle mie e sue pene): l’incrocio degli aggettivi possessivi suggerisce la fusione tra la dimensione umana e quella divina, tema centrale della poetica reboriana.
Conclusione e immagine finale
La lirica si conclude con un’immagine di rapimento e contemplazione, lasciando il lettore sospeso in una dimensione di attesa e mistero.
Domande da interrogazione
- Qual è lo stato d'animo del poeta all'inizio del componimento?
- Qual è il ruolo della perseveranza nella ricerca spirituale del poeta?
- Come può essere interpretato il componimento in chiave religiosa?
- Quali sono le due interpretazioni principali del testo?
- Quali figure retoriche utilizza l'autore per amplificare il potere evocativo del testo?
Il poeta si trova in uno stato di trepidante attesa, pur affermando di non aspettare nessuno, creando una tensione interiore tra consapevolezza e incertezza.
La perseveranza è essenziale per trasformare l'attesa in presenza, superando sconforto e delusioni senza abbandonare la ricerca spirituale.
Il componimento può essere visto come un travaglio interiore verso la conversione, con riferimenti al lessico cattolico e all'idea di un arrivo improvviso, richiamando il Vangelo di Matteo.
Il testo può essere interpretato sia come un'esperienza religiosa che come una vicenda personale legata alla fine di una relazione amorosa, mostrando la capacità del poeta di parlare su due livelli intrecciati.
L'autore utilizza ossimoro, metafora, sinestesia, ipallage, climax ascendente e chiasmo per amplificare l'evocatività e riflettere l'evoluzione del discorso.