Un medico e la sua paziente
Analizziamo una pagina molto significativa di Giacinta, romanzo d’esordio di Capuana: il colloquio tra la protagonista e il dottor Follini, che indaga su di lei per curiosità scientifica. Il testo è tratto dalla prima edizione (1879) dell'opera.
Uno specchio della poetica naturalista e verista
Il testo rivela due elementi tipici della narrativa naturalista e verista: da una parte, la fiducia nella scienza, qui incarnata dal personaggio del dottor Follini (è lui a studiare lo strano caso della protagonista Giacinta); dall’altra, la rinuncia del narratore a interventi diretti (commenti, giudizi ecc.), in ossequio al principio dell’impersonalità.
Le contraddizioni di Giacinta
Capuana è interessato soprattutto ad analizzare il mondo interiore di Giacinta. La donna apparentemente è piena di vita («Una sera la Giacinta pareva allegrissima. La sua allegria scoppiettava», r. 23), ma in realtà soffre di una segreta, profonda ossessione (la gelosia, qui non dichiarata, per l’amante Andrea). In certi momenti non è ben padrona di se stessa («la sua lingua era legata, la sua mente si distraeva, i suoi pensieri diventavano incoerenti», rr. 29-30); perciò, rendendosi conto del proprio stato, nelle ultime righe che abbiamo letto chiede l’aiuto del medico.
Il modello del dottor Follini
Capuana cerca d’illuminare le zone della psiche di Giacinta che restano in ombra. Si identifica con il dottor Follini, convinto che «i nervi, il sangue, le fibre, le cellule» (gli elementi fisici, cioè) «non spiegavano tutto nell’individuo» (rr. 3-4). Il medico incarna il perfetto modello dello scienziato positivista: pur dotato di profonda umanità, si accosta alle sofferenze psichiche di Giacinta con un atteggiamento obiettivo e distaccato («Per quanto grande fosse la simpatia ispiratagli dalla Giacinta, egli conservava rimpetto a lei la sua freddezza scientifica», rr. 13-14). Segue per questo un preciso metodo investigativo: interessato ad accertare la natura della malattia della donna e le cause che hanno concorso a generarla, esamina con rigore gesti, parole e azioni della protagonista. Oltre che ottimo scienziato, dunque, il dottor Follini è anche l’immagine perfetta di ciò che dovrebbe essere, secondo Capuana, il narratore verista: un ricercatore scrupoloso e neutrale.
Lo stile della narrazione
Lo scopo di verità che ispira Capuana dà forma anche allo stile. Assumendo il punto di vista del medico (focalizzazione interna) e lasciando a questo personaggio il compito di esprimere riflessioni e commenti sulla vicenda della protagonista, il narratore cerca di mantenersi in disparte, di restare nascosto e pressoché inavvertibile da parte del lettore. I dialoghi assumono qualche volta la forma del discorso diretto libero, cioè con battute non introdotte da verbi dichiarativi né accompagnate da commenti: si ottiene così quell’effetto di presa diretta, di realtà dal vivo, che è tipico della narrativa naturalista.
Giacinta
Il romanzo si presenta come un «documento umano », la storia vera di una giovane nobildonna vissuta al tempo di Capuana. Giacinta soffre di un profondo trauma, derivato dalla violenza sessuale inflittale da un servo in età infantile; ora è preda di un angoscioso senso di colpa, alimentato dai pregiudizi dominanti nel suo ambiente. Perciò Giacinta non riesce a vivere un normale rapporto d’amore: si rifiuta di sposare Andrea, del quale è innamorata; ma dopo il matrimonio con l’anziano conte Giulio accoglie Andrea come amante. La nevrosi della donna, consistente in una passione morbosa, incuriosisce il dottor Follini, che osserva scrupolosamente gli atteggiamenti, i gesti e le contraddizioni della protagonista. Intanto Giacinta precipita nello squilibrio, fino a togliersi la vita. L’intento di Capuana è in linea con le teorie positiviste: vuole infatti dimostrare come le malattie del carattere siano causate da un intreccio di fattori familiari, sociali, ambientali, psicologici. Dal
Naturalismo di
Zola, poi, egli riprende il principio dell’impersonalità. Volendolo rispettare nel modo più scrupoloso, Capuana riscrive due volte Giacinta, per «cancellare qualunque segno, qualunque ombra con cui la personalità dell’autore faceva qua e là capolino ». La seconda e la terza edizione dell’opera (1886 e 1889) lasciano quindi sempre più spazio ai nudi fatti.