Concetti Chiave
- Elio Vittorini, nato a Siracusa nel 1908, è stato un intellettuale e scrittore italiano che si è distinto per il suo impegno politico e letterario, partecipando attivamente alla Resistenza e lavorando con editori come Bompiani.
- Esordisce come narratore nel 1931 con "Piccola borghesia", una raccolta di racconti che analizza criticamente la classe piccolo-borghese, evidenziando i difetti psicologici e morali come invidia e ipocrisia.
- Il romanzo "Il garofano rosso" del 1933-34, caratterizzato da un conflitto generazionale, è stato censurato per le sue idee rivoluzionarie, rappresentando un rifiuto dell'integrazione borghese.
- "Conversazione in Sicilia", pubblicato nel 1939, usa una chiave allegorica per criticare il fascismo e racconta il viaggio di un tipografo siciliano che affronta la miseria e l'oppressione della sua terra natale.
- Nei suoi romanzi utopici, come "Le donne di Messina", Vittorini esplora la creazione di comunità ideali e affronta temi di condivisione e democrazia, riflettendo sulla possibilità di una società più giusta e solidale.
Indice
- Infanzia e Gioventù Ribelle
- Carriera Letteraria e Politica
- Impegno Antifascista e Resistenza
- Indipendenza Culturale e Editoriale
- Temi e Stile Narrativo
- Esordio Narrativo e Temi Sociali
- Romanzo di Formazione e Censura
- Critica della Mentalità Borghese
- Romanzo e Denuncia Sociale
- Simbolo Letterario dell'Antifascismo
- Resistenza e Storia d'Amore
- Romanzo Breve e Critica Sociale
- Utopia e Comune Sociale
- Città del Mondo e Valori Democratici
Infanzia e Gioventù Ribelle
Nacque a Siracusa il 23 luglio 1908, suo padre avrebbe voluto farne ragioniere ma egli si fece cacciare da scuola occupando l’istituto in segno di protesta contro la riforma Gentile, non più fortuna fu la sua esperienza militare: arruolatosi in aviazione come allievo pilota, fu rispedito a casa dopo due sole settimane di caserma per scarsa attitudine alla disciplina.
Insofferente all’ambiente familiare, fuggì infatti di casa più volte, non ancora ventenne prese moglie la sorella del poeta Salvatore Quasimodo, da cui ebbe due figli e si trasferì in Friuli, dove aveva trovato impiego presso un’impresa di costruzioni stradali.Carriera Letteraria e Politica
Intanto la sua firma cominciava a comparire su diversi giornali e periodici, in fondo ad articoli di critica letteraria, a racconti o a satire di costume, il credito guadagnato come intellettuale militante e la consonanza di propositi gli valsero l’ingresso in “Solaria”, la più importante rivista letteraria del tempo. Nel 1930 poté trasferirsi a Firenze lavorando come correttore di bozze al quotidiano “La Nazione” fino a che un’intossicazione da piombo non lo costrinse a rinunciarvi, nel 1938 venne assunto a Milano dall’editori Bompiani, che sarebbe diventato l’editore dei suoi romanzi. Fu anche un traduttore della recente narrativa americana, la mitizzazione della giovane letteratura d’oltreoceano culminò nel 1941 con l’allestimento di una memorabile antologia “Americana”, bloccata però dalla censura fascista per l’eccessivo americanismo del curatore.
Impegno Antifascista e Resistenza
Per attività antifascista nell’estate del 1943 fu arrestato e rinchiuso nel carcere milanese di San Vittore, liberato in seguito all’armistizio, entrò attivamente nella Resistenza, occupandosi in particolare della propaganda e del rifornimento di armi ai partigiani, dopo la liberazione fu per qualche tempo redattore capo dell’edizione milanese del quotidiano comunista “L’Unità”. Nel 1946 si candidò a entrare nell’Assemblea Costituente nelle liste del Partito comunista, ma non rinunciò al suo profilo di intellettuale scomodo, approdando da ultimo nell’ala radicale del Partito socialista.
Indipendenza Culturale e Editoriale
La prima rottura con i vertici comunisti avvenne proprio nel 1946, quando Vittorini difese strenuamente l’indipendenza della cultura dalla politica, rifiutando di prendere ordini dai capi del partito, diresse per Bompiani, Einaudi e Mondadori, collane editoriali, come “Gettoni” e “Il Menabò”, quest’ultimo con Calvino. Morì a Milano il 12 febbraio del 1966, una settimana dopo essersi unito in seconde nozze con Ginetta Varisco, sua fedele compagna fin dai tempi della Resistenza.
Temi e Stile Narrativo
Ogni storia di Vittorini fa storia da sé, nasce da un’intima necessità per comunicare di volta in volta il senso nuovo della vita, fu un intellettuale sempre vigile e problematico, non di adagia mai sulle posizioni raggiunte, il suo pensiero è infatti in continua evoluzione, sollecitato dal mutare del quadro politico-sociale. La letteratura svolge infatti per lui un’azione politica e anche denuncia e progetto: denuncia di tutte le violenza, ingiustizie e discriminazioni che soffocano la libertà, lui insegue infatti la favola di vita. L’utopia di cui si nutrono i romanzi di Vittorini ha sempre a che fare con la creazione di una struttura sociale a misura d’uomo, dove tutti possano vivere serenamente e in pace con gli altri, anche per questo è affascinato dal mito di Robinson [protagonista del romanzo di Defoe che riesce a costruirsi un habitat sicuro e confortevole nell’isola deserta dove la sua nave ha fatto naufragio]. Vorrebbe un mondo popolato da persone così ingegnosi e in questa prospettiva si spiega la frequenza con cui ricorre al topos del viaggio. Un’altra caratteristica è il trattamento allegorico della materia narrata, ha sempre cercato di trascendere la realtà contingente, di estrarre significati universali dal mondo storicamente e geograficamente circoscritto dove cala la vicenda, la Sicilia ad esempio viene spesso sottoposta e un processo di trasfigurazione.
Esordio Narrativo e Temi Sociali
Come narratore esordisce nel 1931 con “Piccola borghesia”, un libro di racconti in parte già usciti su Solaria, negli anni immediatamente precedenti, ma sottoposti, nel passaggio da rivista a volume a modificarne talvolta anche radicali. Vi si possono isolare tre principali nuclei tematici: il mondo fantastico e avventuroso della fanciullezza, l’ambiente impiegatizio, e vari casi di donne insoddisfatte, la cui aspirazione a essere felici viene soffocata o delusa da uomini insensibili. Il titolo dell’opera riferendosi a una specifica classe sociale, suggerisce di interpretare questi racconti in chiave di indagine sociologica e infatti emerge una rappresentazione critica del ceto piccolo-borghese, di cui stigmatizza i difetti sul piano psicologico e morale [invidia, avarizia, ipocrisia, ostentazione]. In questo contesto alienante, il conseguimento della felicità appare una pretesa illegittima, tornare al paradiso perduto dell’infanzia, a quella stagione esuberante e inconsapevole è impossibile. Il secondo traguardo narrativo di Vittorini è un libro di occasione, scritto per partecipare a un concorso indetto nel 1932 da una rivista del tempo, “L’Italia letteraria”, con una cospicua somma di denaro in palio, si aggiudicò il premio a pari merito con il giornalista Lilli e un corposo estratto dell’opera, intitolato “Quaderno sardo” comparve sulla rivista alla fine dello stesso anno. Previa accurata revisione, il diario fu pubblicato in volume nel 1936 come “Viaggio in Sardegna”, poi modificato in “Sardegna come un’infanzia”, presenta temi come lo spirito di avventura e lo sguardo incantato propri del bambino, infatti l’autore stesso, visitando l’isola, ha vissuto questa esperienza come una regressione al tempo favoloso della fanciullezza.
Romanzo di Formazione e Censura
Capolavoro della letteratura solariana, comparve sulla rivista in 8 puntate, tra il 1933 e il 1934, l’uscita del romanzo infastidì il regime per l’idea anarchico-rivoluzionaria di fascismo che veicolava, per questo l’opera incappò nelle maglie della censura che prima sequestrò un fascicolo di Solaria, e poi non ne autorizzò la vendita al pubblico. È un romanzo di formazione ma non rientra nello schema originario del Bildungsroman di Goethe, non segue infatti il modello dell’assimilazione, che prevede il lieto fine con l’inserimento del giovane nei ranghi della società: si rifà infatti al modello opposto della contestazione che inscena il conflitto generazionale, il rifiuto da parte dei giovani di lasciarsi integrare nel sistema borghese. Il protagonista Alessio Mainardi infatti, è un adolescente sfrontato che sfida apertamente insegnante e genitori, facendosi bocciare da scuola e sognando la rivoluzione con un suo amico più grande Tarquinio, che aveva partecipato alla marcia su Roma, l’ideale di vita che sogna è lontano da quello dei genitori. L’insofferenza del protagonista nei loro confronti è una spia della crisi irreversibile che ha investito un sistema pedagogico fondato più sul principio di autorità che non sulle leve del dialogo e della motivazione, nei tanti “arrivati” non vede altro che il desolate trionfo del pregiudizio e dell’alienazione.
Critica della Mentalità Borghese
Pensò di dare seguito al Garofano rosso lavorando a un secondo romanzo incentrato sugli stessi personaggi principali, Tarquinio, divenuto ricco redditiere sposa Giovanna dopo averla rapita con la complicità di Alessio, per vincere la netta contrarietà del padre di lei. Di questa storia resta solo una serie di brani scelti, pubblicati sulla rivista Letteratura ma al di là della esile trama, l’opera presenta due motivi tematici di rilevante interesse: la critica della mentalità borghese di Tarquinio dimentico dei suoi trascorsi rivoluzionari, convinto che i soldi possano aprire ogni porta. Il secondo è il regno dei cieli, che Alessio portavoce di Vittorini, intende una conquista non individuale ma di tutta l’umanità da gustare non dopo la morte, ma sulla terra, traguardo raggiungibile purché ognuno si muova all’azione sotto la spinta di un ideale univoco, affacciandosi quindi la prospettiva utopica di una palingenesi sociale.
Romanzo e Denuncia Sociale
Nei primi mesi del 1936 si dedicò al romanzo “Erica e i suoi fratelli”, anche se poco dopo scoppiò la guerra civile spagnola e il progetto venne accantonato ma dato integralmente alle stampe nel 1954, le pagine disegnano la tragica parabola di una bambina poverissima abbandonata dai genitori e costretta a prostituirsi per sopravvivere insieme ai fratelli minori Ludovica e Alfredo, rimasti sulle sue spalle. Evita accuratamente qualsiasi riferimento al fascismo, ma denunzia la crisi industriale, dei salari sempre più bassi e della disoccupazione, offrendo uno spaccato dell’Italia fascista tutt’altro che entusiasmante.
Simbolo Letterario dell'Antifascismo
Il romanzo appare sulla rivista fiorentina Letteratura nel 1939, per i suoi contenuti critici nei confronti della letteratura, subì il sequestro ma continuò a circolare in edizioni clandestine fino alla liberazione, diventando una sorta di simbolo letterario dell’antifascismo. Racconta del ritorno al paese natale di un giovane tipografo siciliano emigrato al Nord, Silvestro, per una visita alla madre, durante il viaggio e il breve soggiorno ha modo di venire in contatto con il mondo offeso, ossia l’umanità oppressa o discriminata, costretta a vivere nella miseria, che segna la sua coscienza profondamente, diventando interprete di un dolore collettivo in un pianto che è anche grido di sdegno nei confronti di chi semina lutti e ferite nel genere umano. Davanti a tanto squallore si chiede perché molte persone, soprattutto quelle che hanno provato la sofferenza sulla propria pelle, non mostrino alcuna solidarietà nei confronti degli infermi e chi ha la possibilità di soccorrere se ne infischi. Per aggirare la censura fascista, adotta una chiave allegorica, che richiede un’interpretazione di secondo grado per comprendere ciò che l’autore si è visto costretto a suggerire in maniera velata: l’isola a cui fa riferimento viene descritta come mitica, il rimpatrio [durato 3 giorni come la sepoltura di Cristo prima di risorgere] è una discesa agli inferi della sofferenza e della morte, i capitoli finali sconfinano nell’onirico e surreale [dialoga con il fantasma del fratello morto]. I personaggi vengono definiti “figure di funzione”, non individui ma maschere parlanti.
Resistenza e Storia d'Amore
Il popolo è il grande protagonista della letteratura del secondo dopoguerra, lui cerca di delinearne un’immagine diversa e sempre più disincantata. “Uomini e no” si focalizza sulla Resistenza, nonostante il buon successo di pubblico Vittorini non ha mai nutrito particolari simpatie per questo romanzo, considerandolo un lavoro eseguito a freddo per obbedire a spinte volontaristiche che avevano soffocato la spontaneità dell’invenzione. Le zone più difettose e irrisolte sono i capitoli scritti in corsivo, che interrompono la narrazione e vengono concepiti come spazi in cui lo scrittore si espone in prima persona e si mette in gioco. Il protagonista, nome in codice Enne 2, è il comandante di una banda partigiana, di sublimare l’impegno politico la sua infelice storia d’amore di Berta, ma è continuamente tentato di perdersi e alla fine si lascia scovare e uccidere dai fascisti. La travagliata storia d’amore s’intreccia con alcune azioni partigiane compiute da Enne 2 e dai suoi uomini, descritti come uomini semplici e dalla faccia buona, a differenza dei nazifascisti che sono criminali ai suoi occhi, sollevando quindi i partigiani al rango di eroi impavidi e martiri della Liberazione.
Romanzo Breve e Critica Sociale
“Il Sempione strizza l’occhio al Frejus” è un romanzo breve, protagonista è la fame patita da una famiglia numerosa che vive di stenti in un quartiere periferico di Milano con un solo uno stipendio, ad aggravare la situazione si aggiunge l’appetito insaziabile del vecchio patriarca, detto elefante: i pochi soldi che porta a casa Euclide, fratello del protagonista disoccupato, bastano solo per comprare il pane ma si siedono a tavola con grande decoro, fingendo un cenone di diverse portate. Essi aspettano inerti il giorno in cui potranno tornare a saziarsi veramente. Il romanzo “La garibaldina” tratta invece di un soldato di leva che, ottenuta una breve licenza decide di tornare a casa, in treno incontra una bizzarra signora proprietaria terriera che gli racconta la sua vita anticonformista, in particolare i trascorsi di garibaldina. Scesi dal treno a Gela, il giovane si offre di portarle i bagagli, la strada è lunga e in salita e arrivati in paese la donna chiede ai mietitori che lei assolda per falciare il grano, di dare il cambio al soldato. Indignata del loro rifiuto, afferma che non li prenderà a giornata, essi poi assaltano il giovane di ritorno incolpandolo del mancato reclutamento, ma viene salvato dalla signora a cavallo che risolve tutto. L’opera recupera il modello del ritorno a casa di “Conversazioni di Sicilia” ma prosegue con l’indagine avviata in “Il sempione” su certi radicati modi di pensare caratteristici della società italiana.
Utopia e Comune Sociale
“Le donne di Messina” è il romanzo suo più impegnativo, venne infatti riscritto tre volte: la prima edizione esce tra il 1947 e il 1948 a puntate su “Rassegna di’Italia”, interrotta sul più bello per indurrei lettori ad acquistare il volume in preparazione, pubblicato poi d Bompiani l’anno successivo. Rispetto alla versione in rivista, questa seconda non si limita ad aggiungere i capitoli mancanti, ma offre un testo prosciugato, ridotto frutto di un lavoro di concentrazione che porta ad una revisione capillare dell’opera, l’edizione definitiva è quella del 1964. Protagonista è un gruppo di sbandati che, scesi da un camion in panne sull’appennino emiliano, vedendo in lontananza un villaggio di contadini abbandonato per la guerra, decidono di stabilirvisi fondando una comune, quindi un nucleo sociale in cui tutte le attività lavorative, i beni e i servizi sono condivisi. In via prioritaria si provvide alla bonifica dei terreni circostanti cosparsi di mine, per poterli coltivare e all’erezione di dormitori, all’approvvigionamento idrico e alla costruzione di una piccola centrale elettrica, incarnando quindi lo spirito di Robinson, la loro storia è scandita da tre fasi: età delle carriole, età del carretto ed età del camion. Il tutto in un clima democratico e di condivisione, anche se non mancano le defezioni, specialmente quando nel primo inverno scarseggiano i viveri, ma a mettere in crisi il sistema sono due agenti esterni: rivendicazione dei diritti di proprietà da parte dei legittimi intestatari e l’arrivo nel villaggio di una squadra di ex partigiani che danno la caccia a Ventura, ex ufficiale fascista della Repubblica di Salò. Nella versione originaria troviamo un finale aperto, in cui la gente del villaggio non si piega alle pretese dei proprietari e si prepara alla battaglia, nell’ultimo epilogo invece l’utopia della comune cade sotto i colpi del progresso: accogliendo l’invito degli ex partigiani molti abbandonano il villaggio a favore della città, e il villaggio stesso cambia volto [insegne luminose, esercizi commerciale, juke-box].
Città del Mondo e Valori Democratici
Nel 1946 tenne una rubrica intitolata “Le città del mondo” con due sole puntate dedicata a New York e Chartres, poco dopo venne pubblicato un breve racconto con lo stesso titolo in cui una squadra di muratori evoca diverse città piene di fascino: Alicante, Sidney, Manilla, San Francisco e Babilonia. Infine venne anche pubblicato un romanzo incompiuto dal medesimo titolo, le vicende sono ambientate in una Sicilia dai contorni sia reali che fantastici, sia arcaica che moderna, che attira l’autore per l’ansia di cambiamento da cui la vede attraversata, il canovaccio è costruito attorno a quattro coppie di persone i cui cammini s’intersecano: Rosario e suo padre, pastori, e il piccolo Nardo che, cacciato di casa dalla madre, gira l’isola con il padre. A cui si aggiungono Gioacchino e Michela, una coppia di sposi in viaggio di nozze in smania di tornare a casa, e infine Rea Silvia che scappa da Milazzo per conoscere il mondo unendosi a Odeida, una matura prostituta, tutti loro continuano sempre a spostarsi, non hanno fissa dimora, inseguendo il sogno di una vita serena e dignitosa. Rosario è il portavoce dei valori democratici [altro titolo possibile era “I diritti dell’uomo”], è ammirevole la fierezza con cui tiene testa a un temuto latifondista rifiutando la sua offerta di lavoro dopo che questo aveva inferto pubblicamente una punizione infamante a un ragazzo alle sue dipendenza, rimane estasiato davanti al contegno di Rosario ed è pronto ad affidagli mansioni di grande responsabilità. Questi due episodi formano un dittico emblematico del rapporto con il potere, Vittorini si pronuncia anche sulla forma migliore di governo, quindi la democrazia parlamentare, in cui il popolo affida la propria sovranità, attraverso elezioni, ai suoi rappresentanti.
Domande da interrogazione
- Quali sono stati i primi passi della carriera letteraria e politica di Vittorini?
- Come si è manifestato l'impegno antifascista di Vittorini?
- Quali sono i temi principali delle opere di Vittorini?
- In che modo Vittorini ha affrontato la censura fascista?
- Qual è l'importanza del romanzo "Le donne di Messina" nella produzione di Vittorini?
Vittorini iniziò la sua carriera letteraria scrivendo articoli di critica letteraria e racconti per vari giornali e periodici, guadagnando credito come intellettuale militante. Entrò nella rivista "Solaria" e lavorò come correttore di bozze per "La Nazione" a Firenze. Successivamente, fu assunto dall'editore Bompiani a Milano, dove divenne anche traduttore di narrativa americana.
Vittorini fu arrestato nel 1943 per attività antifascista e rinchiuso nel carcere di San Vittore. Dopo la liberazione, partecipò attivamente alla Resistenza, occupandosi di propaganda e rifornimento di armi ai partigiani. Dopo la guerra, lavorò come redattore capo per "L'Unità" e si candidò all'Assemblea Costituente con il Partito Comunista.
Le opere di Vittorini trattano temi come la critica della mentalità borghese, la denuncia delle ingiustizie sociali e la ricerca di un'utopia sociale. Utilizza spesso il topos del viaggio e un trattamento allegorico per trascendere la realtà contingente e comunicare significati universali.
Vittorini affrontò la censura fascista attraverso l'uso di chiavi allegoriche e simboliche nei suoi romanzi, come in "Conversazioni in Sicilia", che divenne un simbolo letterario dell'antifascismo. Le sue opere spesso circolavano in edizioni clandestine fino alla liberazione.
"Le donne di Messina" è considerato il romanzo più impegnativo di Vittorini, riscritto tre volte. Racconta la storia di una comune sociale fondata da un gruppo di sbandati, esplorando temi di condivisione e democrazia. Il romanzo riflette l'utopia di una società a misura d'uomo, ma anche le sfide e le defezioni che tale progetto incontra.