Concetti Chiave
- Elio Vittorini fondò la rivista "Politecnico", ispirandosi alla testata ottocentesca di Carlo Cattaneo, per promuovere il dialogo culturale e sociale.
- Dopo la chiusura della rivista nel 1947, Vittorini continuò a perseguire ideali di giustizia e felicità umana fino alla sua morte nel 1966.
- Il viaggio a Milano nel 1933 segnò un cambiamento nel suo punto di vista, spingendolo a esplorare la realtà circostante e a immaginare una convivenza felice tra gli uomini.
- Milano, paragonata a New York, fu vista come un centro di confronto di idee e progettualità sociali, ispirando la sua visione di città ideale.
- Nelle sue opere, come "Città del mondo", enfatizza il ruolo della piazza come luogo simbolico di dialogo e democrazia, influenzato da teorici come Le Corbusier.
Indice
L'eredità del Politecnico
Elio Vittorini, come ben risaputo, fondò e diresse nel secondo dopoguerra una rivista intitolata “Politecnico” come chiaro riferimento e omaggio alla testata ottocentesca di Carlo Cattaneo. Tuttavia, è possibile identificare una stagione del poltiecnicismo che va oltre la chiusura della rivista, avvenuta nel 1947, e si estende fino alla sua morte, avvenuta precocemente nel 1966.
Vittorini in questa fase della sua vita appare come un vero e proprio intellettuale che sfrutta la propria saggezza in ambito culturale per diventare una sorta di paladino della giustizia e della felicità umana, questo aspetto di nota anche nel passo autobiografico che si trova nella prefazione dell’opera “Garofano rosso” in cui emerge il suo cambiamento d’animo sviluppatorsi dopo il viaggio a Milano che fece nel 1933.Il cambiamento di prospettiva di Vittorini
Vittorini scrive “dopo cinque o sei anni durante i quali mi pareva di non aver avuto che da bambino rapporti spontanei con le cose materne della terra e guardavo perciò all’indietro, scrivendo rivolto all’interno, ora non sapevo dove guardarmi attorno”.
Milano e la visione urbanistica
Appare dunque come se ci fosse una cambiamento di punto di vista di Vittorini che non guarda più solo se stesso ma anche ciò che lo circonda, riscoprendo quasi una realtà nuova, e questo spostamento avviene principalmente grazie alla città di Milano, lui stesso la descriverà così in un’intervista per Crovi nel 1953: “Milano, come New York, è la città politecnica del confronto delle idee e della progettualità sociali”. Milano appare infatti ai suoi occhi come una sorta di visione, rappresenta infatti effettivamente un panorama completamente diverso dalla sua amata terra natale siciliana, ma qui ritrova nell’architettura urbanistica una sorta di centro propulsore della storia e da qui inizia ad immaginare la possibilità di una convivenza felice tra gli uomini. I connotati della sua città perfetta, si possono notare in particolare nell’opera “Città del mondo”, in cui viene quasi subito citato l’architetto svizzero Le Corbusier, “individuare un principio di urbanistica che non sarebbe affatto dispiaciuto a un teorico delle cosiddette città-giardino come Le Corbusier “Le città belle avevano anche questo merito: di rendere la gente brava e buona””. Ovviamente in queste città non deve assolutamente mancare la piazza, che per Vittorini rappresenta una sorta di simbolo del dialogo e della democrazia, non a caso nella letteratura vittoriniana si riscontra spesso una particolare attenzione data alla costruzione dei dialoghi stessi.
Domande da interrogazione
- Qual è l'eredità del "Politecnico" di Elio Vittorini?
- Come si manifesta il cambiamento di prospettiva di Vittorini?
- Qual è la visione urbanistica di Milano secondo Vittorini?
- Qual è il ruolo della piazza nella visione urbanistica di Vittorini?
L'eredità del "Politecnico" di Vittorini va oltre la chiusura della rivista nel 1947, estendendosi fino alla sua morte nel 1966, rappresentando un periodo in cui Vittorini si afferma come intellettuale e paladino della giustizia e felicità umana.
Vittorini passa da una visione introspettiva a una più aperta verso il mondo esterno, influenzato dal suo viaggio a Milano nel 1933, che lo porta a riscoprire una nuova realtà e a immaginare una convivenza felice tra gli uomini.
Milano è vista da Vittorini come una città politecnica, simile a New York, dove avviene il confronto delle idee e la progettualità sociale, rappresentando un centro propulsore della storia e un modello di convivenza urbana ideale.
La piazza è un simbolo di dialogo e democrazia per Vittorini, elemento essenziale nelle città ideali, riflettendo l'importanza del dialogo nella sua letteratura e nella costruzione di una società armoniosa.