La ribellione di Nora
Il brano che segue, tratto dal terzo e ultimo atto, riporta la scena in cui Nora impone al marito, Torvald Helmer, di confrontarsi con lei sul loro matrimonio e gli comunica la propria decisione di andarsene di casa.
La messa in discussione del matrimonio
Le parole che Nora rivolge a Torvald sono il frutto di un’evoluzione interiore iniziata già da tempo, senza che la donna ne fosse pienamente consapevole, e ora giunta al suo apice. La cocente delusione provata poco prima, quando egli l’ha trattata con durezza pensando soltanto a salvaguardare la propria reputazione, le ha fatto prendere piena coscienza delle basi inconsistenti e inautentiche del suo matrimonio.
Una vita da «bambola»
Ora Nora vede con chiarezza che si è trattato non di un legame tra due adulti basato sull’amore e sul rispetto reciproco, ma di un continuo adattarsi da parte sua alle idee del marito. Si rende anche conto che il proprio stesso padre, quando ancora vive-va con lui, l’aveva educata a essere docile e compiacente, spingendola a esercitare un’autocensura preventiva sulle proprie opinioni: in sostanza Nora, un po’ per finta e un po’ per convinzione («o forse fingevo, non so neanch’io», r. 29), si è sempre comportata prima con il padre e poi con il marito come essi volevano che si comportasse. D’altro canto ai due uomini ha sempre fatto comodo avere accanto a sé una specie di bambola da coccolare e da guidare e non una persona ritenuta all’altezza di affrontare argomenti seri e di prendere decisioni in piena autonomia. Il risultato è stato quello di farla diventare una persona «buona a nulla» (r. 33), un’eterna bambina inadeguata a educare i figli, ad aiutarli cioè a crescere come dei futuri adulti responsabili e indipendenti nel giudizio.
L’inizio di un percorso di emancipazione
Ora che ha capito qual è stato il proprio ruolo in famiglia, Nora sente di avere un dovere verso se stessa più importante e più sacro di quello che ha nei confronti del marito e dei figli: il dovere di intraprendere un percorso di emancipazione, che consiste nel guadagnarsi da vivere lavorando e nell’acquisire l’esperienza della vita che finora le è mancata. Torvald in questo percorso le sarebbe d’ostacolo, perché non potrebbe concepire una ridefinizione dei ruoli; pertanto Nora, che ora rivendica il diritto di agire di propria volontà, gli comunica la decisione di lasciarlo
Un dramma ancora attuale
Nonostante sia stato scritto nell’Ottocento, Casa di bambola è un dramma che affronta tematiche ancora molto attuali, come il rapporto tra i sessi o i condizionamenti della società sui comportamenti individuali. Per questo motivo diversi artisti contemporanei scelgono di confrontarsi con l’opera di Ibsen. L’adattamento realizzato nel 2016 dalla regista Andrée Ruth Shammah, che rispetta il testo originale ampliandolo con battute tratte da altre opere dello scrittore norvegese, va oltre l’interpretazione tradizionale (una Nora che intraprende un progressivo percorso di emancipazione), focalizzando l’attenzione sulla fragilità dei diversi personaggi maschili, tutti interpretati dall’attore Filippo Timi (nella foto a sinistra), come a ribadire che nel
dramma l’uomo è in crisi in ogni sua declinazione, non solo come marito. Nonostante i temi profondi l’opera non manca di momenti di grande comicità e di sorprese: Nora (interpretata da Marina Rocco), per esempio, rompe la quarta parete entrando in scena direttamente dalla platea.