Concetti Chiave
- Machiavelli critica i principati ecclesiastici per la loro immunità dalle leggi politiche, vedendoli come un'eccezione ingiustificata alla necessità di esercitare la virtù nel governo.
- Alessandro VI e Giulio II sono descritti come leader laici che hanno rafforzato il potere temporale della Chiesa, sfidando le tradizionali restrizioni spirituali.
- La religione, secondo Machiavelli, è uno strumento politico per mantenere l'unità e il rispetto delle istituzioni, ma la Chiesa romana è vista come la causa principale delle debolezze italiane.
- L'analisi politica del tempo evidenzia le rivalità tra stati italiani e il ruolo del Papato e delle famiglie Orsini e Colonna nel complicare la situazione politica.
- Il capitolo si chiude con una lode a Papa Leone X de’ Medici, con un tono di adulazione, riconoscendone le potenzialità per rendere lo Stato pontificio ancora più potente e rispettato.
Indice
Il potere temporale della Chiesa
In questo capitolo, lo scrittore, dopo aver trattato rapidamente e con una punta di sarcasmo i principati ecclesiastici, cioè governati da un prelato, tratta di un particolare principato ecclesiastico, la Chiesa italiana, visto pero, come uno dei tanti stati in lotta fra loro per l’egemonia e che, forte, per virtù dei pontefici e il favore della fortuna potrebbe anche realizzare l’unità d’Italia. Pertanto, Alessandro VI e Giulio II sono descritti come due signori laici italiani, tutti interessati a creare per la Chiesa un forte potere temporale che non si rifa ad alcun titolo spirituale, anzi è parte attiva alla vita politica dell’Italia e dell’Europa.
Machiavelli e la religione
I principati ecclesiastici sono sorretti da istituzioni e leggi che affondano le proprie radici nella religione. Tali istituzioni sono talmente prestigiose che comunque gli ecclesiastici si comportino, essi non vengono mai destituiti. Machiavelli prova un sentimento di sdegnosa ira nei confronti di questo tipo di principato perché sfuggono alle leggi della politica per cui i loro principi, una volta arrivati al potere, per virtù o per fortuna, possono godersi serenamente il potere senza dover più esercitare la virtù in quanto sono immuni da conseguenze sfavorevoli della fortuna. Lo scrittore ha sempre provato una sprezzante avversione nei confronti di ogni forma di collusione fra politica e religione in quanto non si può fare una buona politica pur vivendo nel rispetto dei principi religiosi. Sul piano politico, ha religione ha solo un valore come “strumento del regno”, cioè necessario a garantire l’unità dei cittadini, a rispettare le istituzioni statali e a predicare il dovere civico di difendere lo Stato. Per questo motivo, Machiavelli esalta soprattutto la religione pagana degli antichi Romani, mentre nei confronti di quella cristiana esprime un giudizio non esaltante perché, predicando l’ascetismo e la preghiera, si rende inutile alla società. Nel potere temporale della Chiesa, lo scrittore vede la causa prima della “ruina” italiana; le forze temporali del Papa sono sempre state poco stimate, soprattutto negli ultimi tempi.
Il quadro politico italiano
A questo punto, per giustificare quest’ultimo giudizio sul papato, Machiavelli fornisce un quadro politico degli Stati italiani del suo tempo. Prima della discesa in Italia di Carlo VIII, l’Italia era sotto il dominio di Venezia, del re di Napoli, del Papa, del duca di Milano e di Firenze. Questi principati avevano due obiettivi: 1) impedire che una qualsiasi potenza straniera calasse in Italia con le armi 2) evitare che di essi prevalesse sull’altro. Fra di essi quelli più sorvegliati per le evidenti mire espansionistiche erano Venezia e il Papa e pere frenare le loro ambizioni era necessario che gli altri stati stringessero un’alleanza, mentre il Papa era controllato dai baroni romani. Fra questi ultimi vengono ricordati le due fazioni: gli Orsini e i Colonna.
Tuttavia, né la fortuna, né la saggezza politica poterono mai liberare il papa dalle difficoltà creategli dalle rivalità fra i baroni. D’altra la durata media della vita di un papa era molto ridotta e a fatica, egli riusciva a rendere, temporaneamente impotente una delle due fazioni.
L'ascesa di Alessandro VI
Arrivato sul trono pontificio Alessandro VI Borgia fu chiaro a tutti come più di ogni altro papa, con la forza del denaro e delle milizie, diventare egemone sugli altri stati italiani. Per raggiungere il suo scopo si servì della calata in Italia del re di Francia Luigi XII e delle azioni di Cesare Borgia, suo figlio. Alla morte di quest’ultimo, il successore di Alessandro VI, papa Giulio II della Rovere la Chiesa si trovo più potente: possedeva tutta la Romagna e i baroni romani erano ormai ridotti all’impotenza. Il nuovo pontefice trovò già introdotto un sistema per accumulare ricchezze. Egli, però, ebbe un merito: tutte le imprese portate a termine con successo (cacciata dei Francesi, annessione di Bologna e sconfitta di Venezia) furono immuni da nepotismo di cui, invece, si erano macchiati i suoi predecessori. Nessun membro delle due famiglie Orsini e Colonna ricoprono ora una dignità cardinalizia, per cui esse sono messe in disparte e la lotta fra le due fazioni è ridotta anche se le ambizioni e le rivalità continuano ad esistere, ma in tono minore.
L'eredità di Papa Leone X
Machiavelli termina il capitolo con una lode nei confronti di Papa Leone X de’ Medici (= Giovanni de’ Medici): egli ha trovato uno Stato pontificio molto potente: i suoi predecessori lo hanno reso temuto da tutti con la forza e l’astuzia, ma lui, con la sua bontà e con tante altre virtù saprà renderlo ancora più grande e rispettabile. Questo augurio resta venato da un velo di adulazione nei confronti della signoria dei Medici da cui l’ scrittore si aspetta un incarico politico.
Domande da interrogazione
- Qual è il ruolo del potere temporale della Chiesa secondo Machiavelli?
- Come Machiavelli percepisce la relazione tra politica e religione?
- Qual era la situazione politica italiana prima della discesa di Carlo VIII?
- In che modo Alessandro VI ha consolidato il potere della Chiesa?
- Qual è l'eredità di Papa Leone X secondo Machiavelli?
Machiavelli vede il potere temporale della Chiesa come un attore politico attivo in Italia e in Europa, capace di realizzare l'unità d'Italia grazie alla forza dei pontefici e alla fortuna.
Machiavelli esprime avversione verso la collusione tra politica e religione, ritenendo che la religione debba servire come strumento per garantire l'unità e il rispetto delle istituzioni statali, ma critica la religione cristiana per la sua inutilità sociale.
Prima della discesa di Carlo VIII, l'Italia era dominata da Venezia, il re di Napoli, il Papa, il duca di Milano e Firenze, con l'obiettivo di impedire l'ingresso di potenze straniere e mantenere l'equilibrio tra di loro.
Alessandro VI ha usato denaro e milizie per diventare egemone sugli altri stati italiani, sfruttando l'invasione di Luigi XII e le azioni di Cesare Borgia, portando la Chiesa a possedere la Romagna e riducendo i baroni romani all'impotenza.
Machiavelli loda Papa Leone X per aver ereditato uno Stato pontificio potente e temuto, e si aspetta che con la sua bontà e virtù lo renda ancora più grande e rispettabile, sebbene il suo elogio sia velato da adulazione verso i Medici.