Concetti Chiave
- Il principato civile, secondo Machiavelli, è una forma di governo in cui il potere è detenuto da un cittadino della città, sostenuto sia dal popolo che dai grandi, pur mantenendo una parvenza di istituzioni repubblicane.
- Il principato civile può evolvere in un principato assoluto, in cui il potere del principe diventa monopolistico, spesso a scapito delle istituzioni repubblicane che erano inizialmente solo formali.
- Un principe sostenuto dal popolo è più autonomo rispetto a uno appoggiato dai grandi, poiché questi ultimi possono avere pretese e ambizioni che limitano il potere del principe.
- Machiavelli suggerisce che il consenso popolare è più sicuro e vantaggioso per il principe rispetto al sostegno dei grandi, che possono essere volubili e cercare vantaggi personali.
- Un punto critico per il principato civile è quando cerca di trasformarsi in un principato assoluto, momento in cui le istituzioni repubblicane possono riacquistare forza, mettendo a rischio la stabilità del potere del principe.
Indice
Il Principato Civile e il Consenso
Il principato civile è una forma piuttosto rara di principato, temperato da un Consiglio, costituito dai cittadini migliori. Nel capitolo, Machiavelli mostra come si può arrivare a questa forma di governo: o col favore del popolo o con il favore dei grandi. In ogni caso, il principe deve sempre acquisire il consenso, indispensabile per dare al principato una reale validità e sicurezza. Alla fine del capitolo, lo scrittore mostra come, normalmente, il principato civile evolve in direzione di un principato assoluto.
Il termine “civile” deriva dal fatto che il signore non è straniero, ma cittadino della città, detiene il potere che gli è stato conferito dai cittadini e lo esercita in forma civile, mantenendo, a volte, solo formalmente, le istituzioni repubblicane.
Per giungere a capo di questa forma di principato non è necessaria né la sola virtù, né la sola fortuna: serve un’astuzia fortunata, cioè un’astuzia che viene favorita dalle circostanze fortunate del momento.
Desideri Contrastanti e Lotta di Fazioni
Machiavelli sostiene che in ogni città si trovano due desideri contrastanti [per indicare “desiderio” adopera il termine “umore”, preso in prestito dalla medicina, il che prova la sua visione naturalistica dello Stato]: chi desidera non essere né oppresso, né comandato e chi desidera opprimere e comandare il popolo. Questi due interessi diversi provocano la lotta di fazioni; si arriva ad una alterazione degli equilibri [come gli umori del corpo umano, alterano la salute del corpo] e il tutto si concretizza in tre possibili effetti: il principato, la libertà, la licenza.
Il principe civile può giungere al potere perché vi è condotto dalla volontà del popolo o da quella dei grandi della città a seconda che all’una o all’altra parte si presenti l’occasione propizia per imporre la propria politica o con la forza o con l’astuzia. Coloro che arrivano a governare un principato con l’aiuto dei grandi incontra più difficoltà di colui che vi arriva con il sostegno popolare. Questo succede perché i grandi, che hanno innalzato il principe, si atteggiano in qualche modo a suoi pari in quel governo che essi hanno costituito per salvaguardare i propri interessi ed egli, provenendo dalle loro file e vedendoli quasi suoi pari, non può avere piena e indiscussa volontà di azione nei loro confronti
Il Potere del Principe e il Popolo
Un simile principe può diventare veramente autonomo soltanto se abbandona i grandi e se arriva ad acquistare il favore dei popolo. Tuttavia bisogna considerare che colui che arriva al comando sostenuto dal popolo si ritrova solo [nel senso che non condivide il potere con nessuno] e intorno a lui non ha quasi nessuno che gli voglia obbedire. Favorire i grandi non si può senza offendere la giustizia nei confronti del popolo; invece si può favorire il popolo nel suo giusto desiderio di non essere oppresso dai grandi.
D’altra parte è più conveniente per un principe contare sul favore popolare che su quello dei grandi, dato che non può mai proteggersi a sufficienza da un’eventuale ostilità della massa popolare, sempre molto numerosa. I grandi non si limitano ad abbandonare il principe come farebbe il popolo ostile; sono più astuti e cercano di prevenire le grazie del futuro successore del principe. Non è trascurabile il fatto che il principe sia costretto a tenersi il popolo che ha, ma i grandi può farli e disfarli a proprio piacimento [rovinare chi gli è ostile, crearne di nuovi affinché gli siano devoti].
Il Ruolo dei Grandi nel Principato
Per il loro comportamento, esistono due categorie di grandi: o si comportano in modo tale da vincolarsi strettamente alla tua fortuna oppure no. Purché non avanzino pretese smisurate, il principe deve trattare i primi da amici e riservare loro incarichi e titoli. Il problema di coloro che non si sentono legati al principe è, invece, complesso. Se sono vili d’animo o pusillanimi, il principe deve accettare i loro consigli, se avveduti, questo affinché nella prosperità ti possano tornare utili e nell’avversità non averli da temere. Il Principe, invece deve temere e trattare da nemici quei grandi che non si sentono obbligati nei suoi confronti ad arte, ossia per ambizione: anche nei momenti sfavorevoli essi cercheranno sempre di rovinare il Principe sempre di più.
Il Consenso Popolare e la Psicologia delle Masse
Se, invece, il Principe è diventato tale col sostegno dei grandi, deve sempre acquisire il consenso popolare, ben più utile a governare che il consenso dei grandi. A questo punto, lo scrittore applica alla sua teoria, alcuni concetti propri della psicologia delle masse: gli uomini si sentono, in tal caso più obbligati e quindi si legano di riconoscenza al benefattore.
Ma come può il Principe guadagnare il consenso del popolo? Machiavelli non dà una risposta perché i modi variano a seconda delle circostanze. A questo proposito, egli riporta, comunque una esemplificazione nella figura di Nabide, tiranno di Sparta. Egli resse l’assedio dei Greci e di Roma e gli fu sufficiente, al sopraggiungere del pericolo, garantirsi di alcuni pochi che avrebbero potuto nuocere, facendo trucidare ottanta giovani appartenenti alle famiglie più nobili di Sparta. È vero che, alla fine, dovette venire a patto con i Romani, ma nonostante questo, il suo Stato non si sfaldò. Confutando in anticipo la tesi di coloro che non sono d’accordo, lo scrittore ricorda la non veridicità del proverbio popolare “ Chi fonda in sul popolo fonda in sul fango”, sostenendo che alcune massime di sapienza comune hanno la loro validità in certi casi, ma non possono essere assunti come norme di condotta politica. Quanto affermato dal proverbio è vero quando un capopopolo non è ancora in possesso delle leve del potere come nel caso dei Gracchi o di Giorgio Scali, ai tempi del Tumulto dei Ciompi. Ma quando a fondarsi sul popolo è un Principe, coraggioso e che non si perde d’animo di fronte alle avversità, egli non sarà mai ingannato da popolo.
Il Destino dei Principati Italiani
Un momento delicato per questi principati civili è quando il principe che li governa decide di rendere assoluto il potere che deriva dal consenso dei cittadini. Questo era stato il destino degli Stati italiani del Trecento e del Quattrocento, quando le signorie temperate si erano trasformate o si stavano trasformando in veri e propri principati, come nel caso dell’evoluzione della signoria dei Medici. In tale evenienza, il loro mantenersi al potere è più incerto e soggetti a molti rischi. È il momento in cui quelle istituzioni, che erano state conservate come una vuota finzione giuridica per mascherare la realtà del potere signorile, riacquistano una grande consistenza politica e il principe si trova privo degli strumenti del proprio potere, che si rivolgono contro di lui. La diagnosi che lo scrittore fa di questo momento critico di un principato civile, può trovare riscontro anche in tempi più moderni.
Fedeltà e Gestione del Potere
Il capitolo termina con una considerazione molto pessimistica: la fedeltà degli uomini si esercita ironicamente sulle esibizioni e sulle offerte gratuite che ognuno fa al Principe quando il pericolo è lontano e ciascuno morirebbe volentieri per lui. Ma nel reale bisogno, tutta questa dedizione si dissipa e intorno al Principe si crea il deserto. La conclusione costituisce un’ammonizione molto energica: la fedeltà dei sudditi non va lasciata al loro arbitrio, ma gestita e vincolata dal Principe, in ogni momento, favorevole o avverso che sia.
Domande da interrogazione
- Qual è la caratteristica principale del principato civile secondo Machiavelli?
- Quali sono i due desideri contrastanti che Machiavelli identifica nelle città?
- Perché è più vantaggioso per un principe contare sul favore del popolo piuttosto che su quello dei grandi?
- Come può un principe guadagnare il consenso del popolo secondo Machiavelli?
- Qual è il destino dei principati italiani secondo Machiavelli?
Il principato civile è caratterizzato dal fatto che il signore è un cittadino della città e detiene il potere conferitogli dai cittadini, esercitandolo in forma civile, spesso mantenendo formalmente le istituzioni repubblicane.
Machiavelli identifica due desideri contrastanti: uno è il desiderio di non essere oppressi né comandati, e l'altro è il desiderio di opprimere e comandare il popolo, che portano alla lotta di fazioni.
È più vantaggioso perché il popolo è numeroso e la sua ostilità è difficile da gestire, mentre i grandi possono essere manipolati o sostituiti dal principe.
Machiavelli non fornisce una risposta definitiva, poiché i modi variano a seconda delle circostanze, ma sottolinea l'importanza di legare il popolo a sé attraverso atti di riconoscenza e protezione.
I principati italiani tendono a trasformarsi in principati assoluti, un processo che comporta rischi e incertezze, poiché le istituzioni repubblicane possono riacquistare potere e rivolgersi contro il principe.