Fabrizio Del Dongo
Genius
4 min. di lettura
Vota

Concetti Chiave

  • Il "Detto dei villani" di Matanzone da Caligano è un'opera del XIV secolo che critica i contadini e celebra la nascente borghesia, rompendo con la tradizione di deridere la nobiltà.
  • Il testo, composto da 384 versi, adatta il "Trattato dei dodici mesi" alle fatiche dei contadini, rappresentando una polemica tra abitanti urbani e rurali che risale fino al Rinascimento.
  • La figura del villano è descritta in maniera caricaturale e dispregiativa, con riferimenti a stereotipi usati anche contro la nobiltà, evidenziando il disprezzo urbano verso i contadini.
  • L'opera potrebbe risalire al XV secolo e localizzarsi nella provincia di Milano, con elementi culturali che suggeriscono un'origine non plebea dell'autore, forse un giullare.
  • Pur utilizzando uno stile giullaresco, l'opera sottolinea le fatiche e le vessazioni dei contadini, distanziandosi dalla tradizionale celebrazione della loro laboriosità.

Indice

  1. Il contesto storico e sociale
  2. Origini e autore del "Detto"
  3. Contrapposizione sociale e simbolismo

Il contesto storico e sociale

L’opera di Matanzone da Caligano, il “Detto dei villani”, si colloca all’interno del filone della poesia popolare e giullaresca che caratterizza il XIV secolo. Si tratta di uno dei primi componimenti popolareggianti che non prende in giro la classe nobiliare, bensì il modo dei contadini e tessendo anche le lodi della nascente borghesia. In pratica, il “detto” si articola intorno ad una polemica sostenuta dai ceti cittadini inferiori, ceti proletari ed artigiani della città, contro gli abitanti della campagna. Il testo è articolato in 384 versi e all’interno viene ripreso il Trattato dei dodici mesi, adattato alle fatiche dei contadini distribuite nel corso dell’anno. La polemica che vi viene descritta ha origini molto antiche e si trascinerà per molti secoli fino al Rinascimento, dove essa serviva da controcampo giullaresco alla tradizione di stampo elevato di tipo arcadico o bucolico. Il villano è rappresentato come un individuo bestiale e disgustoso, molto esperto in imbrogli e odiato dalla stessa popolazione urbana dedita all’artigianato che ricorre agli stessi stereotipi usati per prendere in giro la nobiltà.

Origini e autore del "Detto"

Gli indizi che ci fanno pensare ad una composizione risalente addirittura alle soglie del XV secolo sono numerosi, mentre la localizzazione regionale è da ricercare nella provincia di Milano. L’individuazione dello strato sociale di appartenenza dell’autore è più complessa. Matanzone dovrebbe essere un “villano” perché nella letteratura dello stesso filone, di solito, sono i contadini che si prendono in giro a vicenda. Tuttavia, alcuni elementi culturali presenti nel testo, come l’applicazione del Trattato dei dodici mesi ci fanno pensare ad un’origine tutt’altro che plebea. D’altra parte, il termine “Matazone” è in rapporto con “matto”, per cui questo ci potrebbe fare pensare ad un‘invenzione giullaresca, forse con un riferimento biografico dell’autore. All’inizio dell’opera l’autore si presenta come un giullare alle dipendenze di signori e cavalieri.

Contrapposizione sociale e simbolismo

Vi troviamo anche le ragioni addotte dal signore per spiegare al villano la naturale differenze fra le due posizioni sociali, quindi abbiamo l’affresco dei dodici mesi con il realistico riferimento alle fatiche connesse. La contrapposizione fra il villano e il cavaliere è presente fin dalle prime pagine: con la metafora della nascita: il villano è nato dal peto di un asino mentre il cavaliere è originato dall’unione di un giglio con una rosa. Nel corso dell’opera, il villano è sempre accostato allo sterco degli animali, ad una vita ridotta all’essenzialità e alla familiarità con gli animali; si tratta di elementi che erano già presenti nei Fabliaux francesi. L’influenza dei modi della letteratura cortese non manca: la descrizione dell’inizio stagione, il pino con una piccola fontana, con la cannella fatta d’oro. Tutt’intorno abbiamo il giardino, tipico della poesia provenzale. Le fatiche che il villano deve affrontare durante l’anno ci ricordano le pene inflitte all’uomo da Dio dopo la cacciata dal Paradiso Terrestre, riprendono le miniature e le sculture tipiche dell’arte romanica e mettono in risalto lo sfruttamento a cui la povera gente era sottoposta. Per questo motivo, si potrebbe anche affermare che lo stile giullaresco e caricaturale sia molto utile all’autore per prendere le difese dei contadini di cui non raffigura la laboriosità, com’era in uso fino ad allora, ma le fatiche e le vessazioni quotidiane a cui essi erano costretti.

Domande da interrogazione

  1. Qual è il contesto storico e sociale del "Detto dei villani"?
  2. L'opera si inserisce nel filone della poesia popolare e giullaresca del XIV secolo, caratterizzata da una polemica tra i ceti cittadini inferiori e gli abitanti della campagna, con un focus sulle fatiche dei contadini.

  3. Chi è l'autore del "Detto dei villani" e quali sono le sue origini?
  4. L'autore è Matanzone da Caligano, probabilmente un "villano" o un giullare, con elementi culturali che suggeriscono un'origine non plebea, e l'opera è localizzata nella provincia di Milano.

  5. Come viene rappresentata la contrapposizione sociale nel "Detto dei villani"?
  6. La contrapposizione è tra il villano e il cavaliere, con il villano descritto in termini dispregiativi e il cavaliere associato a simboli nobili, riflettendo le differenze sociali dell'epoca.

  7. Quali simbolismi sono presenti nell'opera?
  8. L'opera utilizza simbolismi come la nascita del villano dal peto di un asino e del cavaliere da un giglio e una rosa, e include elementi della letteratura cortese e della poesia provenzale.

  9. Qual è lo scopo dello stile giullaresco e caricaturale nell'opera?
  10. Lo stile giullaresco e caricaturale serve a difendere i contadini, evidenziando le loro fatiche e vessazioni quotidiane piuttosto che la loro laboriosità, in contrasto con le rappresentazioni precedenti.

Domande e risposte

Hai bisogno di aiuto?
Chiedi alla community