Fabrizio Del Dongo
Genius
8 min. di lettura
Vota

Concetti Chiave

  • La ballata è un dialogo tra l'anima e il corpo, con l'anima che cerca di risvegliare il corpo per affrontare il giudizio divino.
  • Il corpo, descritto con orrore, è spaventato dal giudizio imminente e consapevole delle sue colpe e sofferenze.
  • Il tema centrale è il contrasto tra la dignità divina dell'anima e la colpevolezza del corpo, che ha sedotto l'anima al peccato.
  • L'anima rimprovera il corpo, sottolineando l'occasione persa di raggiungere la beatitudine del regno di Dio.
  • Il dialogo culmina con la presenza di Dio, che incute terrore nel corpo e sottolinea la condizione di eterna pena.

Indice

  1. Introduzione alla ballata
  2. Ritornello
  3. Strofa I - L’anima si rivolge al corpo
  4. Strofa II : Il corpo risponde all’anima
  5. Strofa III: Risposta dell’anima
  6. Strofa IV: Il corpo controbatte
  7. Strofa V: L’anima risponde:
  8. Strofa VI: Risposta del corpo
  9. Strofa VII: L’anima controbatte col un atteggiamento di giustiziera
  10. Strofa VIII: Risposta del corpo
  11. Strofa IX: Risposta dell’anima

Introduzione alla ballata

Si tratta di una ballata, definita “minore”.
Al ritornello, seguono nove strofe, ognuna di quattro versi. Ogni verso è formato due settenari accoppiati: i primi sei settenari presentano delle rime alterne, mentre il settimo rima dal sesto. L’ultimo settenario riporta la rima di ogni fine di strofa.
È un dialogo, sotto forma di contrasto fra l’anima che va a risvegliare il corso per rivestirsene e il corpo, impaurito per l’imminente giudizio divino

Ritornello

«O corpo enfracedato, eo so' l'alma dolente;
lèvati emmantenente, cà si meco dannato.

“O corpo decomposto, io sono la tua anima sofferente;
alzati subito, in questo luogo sei dannato con me”.

Strofa I - L’anima si rivolge al corpo

L'àgnelo sta a trombare(voce de gran paura!),
òpo nn'è a ppresentare senza nulla demora.
Stàvime a ppredecare,ch'e' no n'avissi pagura;
male te crisi allora,quando fic'el peccato».

L’angelo con la sua tromba innalza un suono che desta terrore
Dobbiamo presentarci senza indugio.
Mi stavi a dire di non aver paura:
Allora feci male a crederti, quando commettesti il peccato!

[L’attributo che Jacopone descrive il corpo, esprime tutto l’orrore e il disprezzo dello scrittore per i beni terreni. Ben diverso è l’attributo assegnato immediatamente all’anima, come se ogni colpa fosse del corpo e l’anima conservasse la dignità per il fatto che essa è di origine divina. Questo aspetto viene confermato durante tutta la lode. Durante la vita, il corpo ha continuamente sedotto l’anima al peccato, promettendole l’impunità].

Strofa II : Il corpo risponde all’anima

«Or èi tu, l'alma mia cortese e conoscente?
Po' che 'n t'andasti via retornai a niente.
Famme tal compagniach'eo non sia sì dolente!
Veio terrebel gentecun volto esvaliato».

Dov’eri tu, anima cortese e saggia?
Dopo che tu ne ne andasti, io ritornai nel nulla.
Fammi compagnia, affinche io sia sollevato dalle mie sofferenze
Sto vedendo personaggi terribili, dal volto diverso dall’usuale.”

[Il corpo sui desta e invoca l’anima affinché torni in lui: quando essa lo abbandonò, tornò polvere. Ora che l’anima l’ha destato spera di liberarsi da ogni dolore e di ritornare com’era prima della morte. Anche in questi versi l’anima è sentita come una forza che ha il potere di ridestare dalla morte perché rimane in essa l’impronta originaria del divino.]

Strofa III: Risposta dell’anima

«Queste so' le demonia, cun chi t'è opo avetare;
non te pò' far istoria que t'oporà a portare;
non me 'n trovo en memoria de poterlo ennarrare;
se ententa fuss'el mare, ià non 'n sirìa pontato!».

Questi sono i demoni, con cui devi convivere;
non fare inutili resistenze per ciò che ti sarà necessario sopportare;
non l’ho a mente in modo da potertelo narrare
anche se tutto il mare fosse inchiostro, non me lo sarei potuto annotare.

Strofa IV: Il corpo controbatte

«Non ce posso venire, ché so' en tanta afrantura
ch'eo sto su nel morire, sento[ce] la morte dura.
Sì facisti al partire, rumpisti onne iontura;
recata ài tal fortura c'onn'osso m'à' spezzato».

Non ti posso seguire perché sono talmente affranto
Che mi sembra di tornare a morire
Quando te ne sei andata, i spezzasti tutte le giunture
E mi recarsi un tale dolore da spezzarmi le ossa

Strofa V: L’anima risponde:

«Como da téne a mmene fòse apicciato amore,
simo reiunti en pene con eternal sciamore;
l'ossa contra le vene, nerba contra ionture,
'sciordenat'onne umore de lo primero stato».

Allo stesso modo che in vita si accese amore fra te e me,
ora siamo di nuovo uniti nella pena, in legame di eterno odio;
le tue ossa saranno nemiche delle tue vene e i tuoi nervi delle tue giunture,
disordina in te tutti gli umori della tua vita terrena.

Strofa VI: Risposta del corpo

«Unquanco Galieno, Avicenna, Ypocrate
non sàpper lo conveno de me' infirmitate;
tutte enseme iongono e sòmesse adirate,
sento tal tempestatech'e' non vorrìa esser nato».

Nessuno, dai più grandi medici in poi come Galieno, Avicenna e Ippocrate,
conobbe il manifestarsi contemporaneo di tante infermità;
tutte insieme mi giungono addosso e mi tormentano con la loro ira nemica
sento una tale tempesta che non vorrei mai essere nato

Strofa VII: L’anima controbatte col un atteggiamento di giustiziera

«Lévate maledetto, cà non pòi più morare;
ne la fronte n'è scripto tutto nostro peccare;
quel che nascusi a letto, volevamo operare,
oporàsse mustrare, vigente omne om nato».

Togliti di mezzo, o maledetto, non puoi più restare qui;
sulla porti scritti tutti i peccati che abbiamo commesso:
volevamo fare tutto quanto a letto avevo nascosto,
si dovrà mostrare di fronte ad ogni uomo nato

Strofa VIII: Risposta del corpo

«Chi è questo gran scire, rege de grann'altura?
Sotterra vorrìa gire, tal me mette paura.
Ove porrìa fugire da la sua faccia dura?
Terra, fa copretura, ch'e' no 'l veia adirato».

Chi è questo grande sapiente, re da una grande altezza
Mi vorrei nascondere sotto terra, dalla paura che mi mette.
Dove potre fuggire dal suo aspetto severo?
O Terra, spalancati e ricoprimi, affinché io non vedere il suo aspetto adirato”.

[Questa strofa è piena della presenza di Dio, espressa attraverso il terrore e il vano desiderio di fuggire da cui è dominato il corpo del peccatore. Si tratta di un motivo già espresso dallo scrittore.]

Strofa IX: Risposta dell’anima

«Questo è Iesù Cristo; lo Figliolo de Dio.
Vedenno el volto tristo, 'splaceli el fatto mio.
Potemmo fare aquisto d'aver lo renno sio!
Malvascio corpo e rio, or que avem guadagnato!».

Costui è Gesù Cristo, il Figlio di Dio.
Ve vediamo il volto rattristato, gli duole ciò che ho compiuto.
Avremmo potuto acquistarsi la beatitudine del suo regno!
Corpo malvagio e colpevole, in tal modo che cosa ci abbiamo guadagnato!

Domande da interrogazione

  1. Qual è la struttura della ballata descritta nel testo?
  2. La ballata è definita "minore" e consiste in un ritornello seguito da nove strofe, ognuna composta da quattro versi. I versi sono formati da due settenari accoppiati, con rime alterne nei primi sei settenari e il settimo che rima con il sesto. L'ultimo settenario riporta la rima di ogni fine di strofa.

  3. Qual è il tema principale del dialogo tra l'anima e il corpo?
  4. Il dialogo è un contrasto tra l'anima, che cerca di risvegliare il corpo per rivestirsene, e il corpo, che è impaurito per l'imminente giudizio divino. L'anima rappresenta la dignità divina, mentre il corpo è visto come colpevole di peccato.

  5. Come viene descritto il corpo nella ballata?
  6. Il corpo è descritto con orrore e disprezzo, considerato responsabile di aver sedotto l'anima al peccato durante la vita. È impaurito e affranto, consapevole delle sue colpe e delle sofferenze che deve affrontare.

  7. Qual è la reazione del corpo di fronte alla presenza divina?
  8. Il corpo è dominato dal terrore e desidera fuggire dalla presenza di Dio, espressa attraverso il volto severo di Gesù Cristo. Si sente colpevole e impotente di fronte al giudizio divino.

  9. Qual è il messaggio finale dell'anima al corpo?
  10. L'anima rimprovera il corpo per le sue azioni malvagie, sottolineando che avrebbero potuto ottenere la beatitudine del regno di Dio. Invece, a causa delle colpe del corpo, si trovano entrambi in una condizione di eterna pena.

Domande e risposte

Hai bisogno di aiuto?
Chiedi alla community