Concetti Chiave
- La ballata è un dialogo tra l'anima e il corpo, con l'anima che cerca di risvegliare il corpo per affrontare il giudizio divino.
- Il corpo, descritto con orrore, è spaventato dal giudizio imminente e consapevole delle sue colpe e sofferenze.
- Il tema centrale è il contrasto tra la dignità divina dell'anima e la colpevolezza del corpo, che ha sedotto l'anima al peccato.
- L'anima rimprovera il corpo, sottolineando l'occasione persa di raggiungere la beatitudine del regno di Dio.
- Il dialogo culmina con la presenza di Dio, che incute terrore nel corpo e sottolinea la condizione di eterna pena.
Indice
- Introduzione alla ballata
- Ritornello
- Strofa I - L’anima si rivolge al corpo
- Strofa II : Il corpo risponde all’anima
- Strofa III: Risposta dell’anima
- Strofa IV: Il corpo controbatte
- Strofa V: L’anima risponde:
- Strofa VI: Risposta del corpo
- Strofa VII: L’anima controbatte col un atteggiamento di giustiziera
- Strofa VIII: Risposta del corpo
- Strofa IX: Risposta dell’anima
Introduzione alla ballata
Si tratta di una ballata, definita “minore”. Al ritornello, seguono nove strofe, ognuna di quattro versi. Ogni verso è formato due settenari accoppiati: i primi sei settenari presentano delle rime alterne, mentre il settimo rima dal sesto. L’ultimo settenario riporta la rima di ogni fine di strofa.È un dialogo, sotto forma di contrasto fra l’anima che va a risvegliare il corso per rivestirsene e il corpo, impaurito per l’imminente giudizio divino
Ritornello
«O corpo enfracedato, eo so' l'alma dolente;lèvati emmantenente, cà si meco dannato.
“O corpo decomposto, io sono la tua anima sofferente;
alzati subito, in questo luogo sei dannato con me”.
Strofa I - L’anima si rivolge al corpo
L'àgnelo sta a trombare(voce de gran paura!),òpo nn'è a ppresentare senza nulla demora.
Stàvime a ppredecare,ch'e' no n'avissi pagura;
male te crisi allora,quando fic'el peccato».
L’angelo con la sua tromba innalza un suono che desta terrore
Dobbiamo presentarci senza indugio.
Mi stavi a dire di non aver paura:
Allora feci male a crederti, quando commettesti il peccato!
[L’attributo che Jacopone descrive il corpo, esprime tutto l’orrore e il disprezzo dello scrittore per i beni terreni. Ben diverso è l’attributo assegnato immediatamente all’anima, come se ogni colpa fosse del corpo e l’anima conservasse la dignità per il fatto che essa è di origine divina. Questo aspetto viene confermato durante tutta la lode. Durante la vita, il corpo ha continuamente sedotto l’anima al peccato, promettendole l’impunità].
Strofa II : Il corpo risponde all’anima
«Or èi tu, l'alma mia cortese e conoscente?Po' che 'n t'andasti via retornai a niente.
Famme tal compagniach'eo non sia sì dolente!
Veio terrebel gentecun volto esvaliato».
Dov’eri tu, anima cortese e saggia?
Dopo che tu ne ne andasti, io ritornai nel nulla.
Fammi compagnia, affinche io sia sollevato dalle mie sofferenze
Sto vedendo personaggi terribili, dal volto diverso dall’usuale.”
[Il corpo sui desta e invoca l’anima affinché torni in lui: quando essa lo abbandonò, tornò polvere. Ora che l’anima l’ha destato spera di liberarsi da ogni dolore e di ritornare com’era prima della morte. Anche in questi versi l’anima è sentita come una forza che ha il potere di ridestare dalla morte perché rimane in essa l’impronta originaria del divino.]
Strofa III: Risposta dell’anima
«Queste so' le demonia, cun chi t'è opo avetare;non te pò' far istoria que t'oporà a portare;
non me 'n trovo en memoria de poterlo ennarrare;
se ententa fuss'el mare, ià non 'n sirìa pontato!».
Questi sono i demoni, con cui devi convivere;
non fare inutili resistenze per ciò che ti sarà necessario sopportare;
non l’ho a mente in modo da potertelo narrare
anche se tutto il mare fosse inchiostro, non me lo sarei potuto annotare.
Strofa IV: Il corpo controbatte
«Non ce posso venire, ché so' en tanta afranturach'eo sto su nel morire, sento[ce] la morte dura.
Sì facisti al partire, rumpisti onne iontura;
recata ài tal fortura c'onn'osso m'à' spezzato».
Non ti posso seguire perché sono talmente affranto
Che mi sembra di tornare a morire
Quando te ne sei andata, i spezzasti tutte le giunture
E mi recarsi un tale dolore da spezzarmi le ossa
Strofa V: L’anima risponde:
«Como da téne a mmene fòse apicciato amore,simo reiunti en pene con eternal sciamore;
l'ossa contra le vene, nerba contra ionture,
'sciordenat'onne umore de lo primero stato».
Allo stesso modo che in vita si accese amore fra te e me,
ora siamo di nuovo uniti nella pena, in legame di eterno odio;
le tue ossa saranno nemiche delle tue vene e i tuoi nervi delle tue giunture,
disordina in te tutti gli umori della tua vita terrena.
Strofa VI: Risposta del corpo
«Unquanco Galieno, Avicenna, Ypocratenon sàpper lo conveno de me' infirmitate;
tutte enseme iongono e sòmesse adirate,
sento tal tempestatech'e' non vorrìa esser nato».
Nessuno, dai più grandi medici in poi come Galieno, Avicenna e Ippocrate,
conobbe il manifestarsi contemporaneo di tante infermità;
tutte insieme mi giungono addosso e mi tormentano con la loro ira nemica
sento una tale tempesta che non vorrei mai essere nato
Strofa VII: L’anima controbatte col un atteggiamento di giustiziera
«Lévate maledetto, cà non pòi più morare;ne la fronte n'è scripto tutto nostro peccare;
quel che nascusi a letto, volevamo operare,
oporàsse mustrare, vigente omne om nato».
Togliti di mezzo, o maledetto, non puoi più restare qui;
sulla porti scritti tutti i peccati che abbiamo commesso:
volevamo fare tutto quanto a letto avevo nascosto,
si dovrà mostrare di fronte ad ogni uomo nato
Strofa VIII: Risposta del corpo
«Chi è questo gran scire, rege de grann'altura?Sotterra vorrìa gire, tal me mette paura.
Ove porrìa fugire da la sua faccia dura?
Terra, fa copretura, ch'e' no 'l veia adirato».
Chi è questo grande sapiente, re da una grande altezza
Mi vorrei nascondere sotto terra, dalla paura che mi mette.
Dove potre fuggire dal suo aspetto severo?
O Terra, spalancati e ricoprimi, affinché io non vedere il suo aspetto adirato”.
[Questa strofa è piena della presenza di Dio, espressa attraverso il terrore e il vano desiderio di fuggire da cui è dominato il corpo del peccatore. Si tratta di un motivo già espresso dallo scrittore.]
Strofa IX: Risposta dell’anima
«Questo è Iesù Cristo; lo Figliolo de Dio.Vedenno el volto tristo, 'splaceli el fatto mio.
Potemmo fare aquisto d'aver lo renno sio!
Malvascio corpo e rio, or que avem guadagnato!».
Costui è Gesù Cristo, il Figlio di Dio.
Ve vediamo il volto rattristato, gli duole ciò che ho compiuto.
Avremmo potuto acquistarsi la beatitudine del suo regno!
Corpo malvagio e colpevole, in tal modo che cosa ci abbiamo guadagnato!
Domande da interrogazione
- Qual è la struttura della ballata descritta nel testo?
- Qual è il tema principale del dialogo tra l'anima e il corpo?
- Come viene descritto il corpo nella ballata?
- Qual è la reazione del corpo di fronte alla presenza divina?
- Qual è il messaggio finale dell'anima al corpo?
La ballata è definita "minore" e consiste in un ritornello seguito da nove strofe, ognuna composta da quattro versi. I versi sono formati da due settenari accoppiati, con rime alterne nei primi sei settenari e il settimo che rima con il sesto. L'ultimo settenario riporta la rima di ogni fine di strofa.
Il dialogo è un contrasto tra l'anima, che cerca di risvegliare il corpo per rivestirsene, e il corpo, che è impaurito per l'imminente giudizio divino. L'anima rappresenta la dignità divina, mentre il corpo è visto come colpevole di peccato.
Il corpo è descritto con orrore e disprezzo, considerato responsabile di aver sedotto l'anima al peccato durante la vita. È impaurito e affranto, consapevole delle sue colpe e delle sofferenze che deve affrontare.
Il corpo è dominato dal terrore e desidera fuggire dalla presenza di Dio, espressa attraverso il volto severo di Gesù Cristo. Si sente colpevole e impotente di fronte al giudizio divino.
L'anima rimprovera il corpo per le sue azioni malvagie, sottolineando che avrebbero potuto ottenere la beatitudine del regno di Dio. Invece, a causa delle colpe del corpo, si trovano entrambi in una condizione di eterna pena.