Fabrizio Del Dongo
Genius
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Indice

  1. Presentazione del testo
  2. Introduzione al dialogo
  3. Uomo vivo

Presentazione del testo

Il testo presenta, sotto forma di dialogo o contrasto fra un uomo ancora in vita e un cadavere, il tema della vanità di ogni apparenza e di ogni forma di orgoglio (= contemptus mundi). Le battute sono speculari nel senso che ad una quartina dell’uno corrisponde quella dell’altro, riprendendone anche l’argomento. I primi sei versi costituiscono una sorta di introduzione e gli ultimi quattro la conclusione con il precetto moralistico.

Introduzione al dialogo

Quando tu, uomo altezzoso, sei tutto contento,
va a meditare sulla morte:

e poni lì la tua meditazione,
e rifletti bene che tu devi ritornare
sotto quella forma nelle quali vedi stare
l’uomo che giace nella fossa senza luce [il sepolcro].

Uomo vivo
“Ora rispondimi o uomo sepolto,
che sei uscito da questa terra così rapidamente:
dove sono gli abiti sontuosi di cui eri vestito?
ti vedo adornato di molta bruttezza [tono sarcastico – ossimoro]

Uomo morto
O fratello mio, non mi redarguire aspramente,
perché la mia vicenda ti può essere utile!
I miei genitori mi fecero spogliare, poi
mi coprirono con un rozzo panno [il cicilio, usato anche dai frati dell’ordine francescano]”.

Uomo vivo
“Ora dov’è la testa così ben pettinata?
Con cui ti azzuffasti a tal punto da lasciarti senza capelli?
È stata l’acqua bollita che ti ha reso calvo?
Non c’è più bisogno della discriminatura!”

Uomo morto
“A questa mia testa che era bionda,
è caduta la carne tutta intorno e i capelli che l’attorniavano:
non pensavo queste cose quando ero nel mondo,
mi davo delle arie partecipando al ballo tondo.”

Uomo vivo
“Dove sono ora gli occhi così luminosi?
Sono stati gettati lontano dalle loro orbite.
Credo che i vermi se li siano mangiati,
e non ebbero paura della tua altezzosità“.

Uomo morto
“Ho perduto gli occhi con i quali commettevo peccati,
guardando la gente e manifestando con lo sguardo la mia cupidigia.
Povero me, ora mi trovo nel danno totale,
perché il corpo è divorato [dai vermi] e l’anima dal fuoco [dell’inferno]”.

Uomo vivo
“Ora dov’è il naso che avevi per sentire i profumi
Quale infermità te lo ha fatto scomparire?
Non ti sei potuto difendere dai vermi,
la tua sporgenza si è abbassata notevolmente” [in senso metaforico “la tua superbia”].

Uomo morto
“Questo mio naso che avevo per sentire i profumi,
è caduto [si è putrefatto] , emettendo un grande fetore:
non ci pensavo, quando ero attratto
dalle cose [ignobili] di cui era pieno il mondo”.

Uomo vivo

“Dov’è la lingua, così tagliente
Apri la bocca per vedere se tu ne possiedi ancora un po’.
Fu tagliata o furono piuttosto i denti
a rendertela in tal modo.”

Uomo morto
“Ho perso la lingua con cui parlavo,
tramite essa ordivo molte discordie [fra i miei simili]:
non ci pensavo quando mangiavo
il cibo e bevevo oltre misura”.

Uomo vivo
“Ora chiudi le labbra per nascondere i denti.
Sembra che tu non voglia schernire chi ti guarda.
Mi metti paura solo a guardarti:
ti cadono i denti senza alcuna estrazione”.

Uomo morto
“Come faccio a chiudere la bocca, se non l’ho più?
Pensavo poco al passaggio dalla vita alla morte.
Ahimè misero, come farò
Quando io [il corpo] e la mia anima saremo nel fuoco infernale?”

Uomo vivo
“Dove sono ora le tue braccia [che] con tanta forza.
Minacciarono la gente, mostrando coraggio
Grattati la testa, se ti è possibile,
scrolla la chioma e datti delle arie da superbo”.

Uomo morto
“Il mio corpo è già nella fossa:
la carne è caduta, sono rimaste soltanto le ossa
e da me se ne andata ogni forma di orgoglio
e ne ho a sazietà di ogni miseria”.

Uomo vivo
“Ora, alzati, che sei rimasto troppo in silenzio,
indossa le armi e prendi lo scudo.
Mi sembra che tu sia preso da tanta codardia
Non sopportare più questa prostrazione.”

Uomo morto
“Mi è forse possibile alzarmi in piedi?
Chi te lo sente dire, lo potrebbe credere!”
Pazzo è colui che in vita
Non prevede la fine a cui è destinato”.

Uomo vivo
“Ora chiama i tuoi parenti affinché ti vengano ad aiutare,
che ti liberino dai vermi che ti stanno divorando.
Furono più solerti nel venire a spogliarti [dei tuoi beni]:
si divisero le tue priorità e le tue vesti”.

Uomo morto
“Non li posso chiamare perché sono senza voce.
Ma falli tu venire per rendersi conto del mio guadagno:
che mi veda giacere [nella tomba] colui che si affanna
ad acquisire possedimenti e a fare recinzioni”

Uomo vivo (conclusione)
“Ora ascoltami, o uomo di mondo:
mentre sei in vita, non continuare ad essere interessato a ciò che è vano;
pensa, o pazzo, che ben presto
tu conoscerai una grande sofferenza”.

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