Concetti Chiave
- Il testo descrive le tensioni a Firenze nel 1300 tra le fazioni guelfe dei Cerchi e dei Donati, con Dino Compagni e Dante coinvolti negli eventi.
- La narrazione segue una cronologia di scontri e beffe tra le famiglie, culminando in decisioni politiche come l'esilio dei capi delle fazioni.
- Compagni attribuisce i conflitti al carattere dei singoli individui, piuttosto che a posizioni politiche, evidenziando la psicologia di figure come Guido Cavalcanti e Corso Donati.
- Papa Bonifacio VIII è coinvolto nelle vicende fiorentine, influenzato dal suo carattere forte e determinato, cercando di favorire i Donati.
- Firenze è rappresentata come una città violenta e turbolenta, scenario di imboscate e zuffe, contrastando con le immagini più poetiche di altri contemporanei come Dante.
Indice
Tensioni tra Guelfi a Firenze
Il passo offre uno spaccato delle tensioni, nella Firenze del 1300, tra guelfi di parte bianca e guelfi di parte nera, rispettivamente capeggiati dalla famiglia dei Cerchi e da quella dei Donati. Oltre ad essere autore della cronaca, Dino Compagni è stato protagonista in prima persona di alcune vicende.
Dante era un guelfo di parte bianca: pur sostenendo il papa, egli riteneva che quest’ultimo avesse dovuto esercitare solo in potere spirituale e quindi non avrebbe dovuto intromettersi nelle questioni politiche cdi Firenze. Invece i guelfi di parte nera sostenevano che il papa aveva diritto di occuparsi di tutto, problemi di ordine spirituale, politici ed economiche. Nel 1300, Dante ricopriva l’incarico di Priore.Conflitti e alleanze politiche
I fatti raccontati nel testo si succedono, cronologicamente in questo modo:
• tra Corso Donati e Guido Cavalcanti scoppia una lite che coinvolge anche molti altri componenti della famiglia dei Donati, a fianco di Corso e dei Cerchi a sostegno di Guido
• la tensione si intensifica a seguito delle beffe nei confronti di Vieri de’ Cerchi : da Corso Donati egli veniva chiamato l’asino di Porta perché era affascinante, ma di scarso ingegno, inoltre prendeva in giro Guido Calcanti chiamandolo “vicchia”, con una chiara allusione oscena ad un comportamento omosessuale. I giullari riportavano anche notizie allarmanti: facevano circolare voci secondo cui i Cerchi si fossero legati di amicizia con Pisa (da sempre nemica di Firenze) e con Arezzo I Donati sostenevano che i Cerchi avessero stretto un’alleanza con i ghibellini di Toscana.
Interventi papali e conseguenze
• A papa Bonifacio VIII giunge la notizia che i Cerchi stanno cercando l’appoggio dei ghibellini. Per questo motivo egli manda Matteo d’Aquasparta, un suo delegato con il ruolo di paciere, ma in realtà il suo obiettivo è di far emergere i Donati
• Matteo d’Aquasparta, vedendo che non è riuscito a raggiungere il suo obiettivo e non avendo avuto i poteri e le deleghe che si aspettava, offeso e risentito, decide di lasciare Firenze
• A seguito di un’ulteriore zuffa, il 23 giugno del 1300, il Consiglio dei Centi, di cui fa parte anche Dino Compagni, delibera di mandare in esilio i capi delle due fazioni (lo scritto fa un elenco degli esiliati con l’indicazione del luogo di confino)
• I Bianchi obbedirono al provvedimento di espulsione, recandosi in Lunigiana, ma i neri (ossia i Donati) si rifiutarono di partire per l’Umbria. Dal canto suo, Matteo d’Aquasparta anziché punirli cerco di aiutarli, offrendo loro l’aiuto di milizie lucchesi
• Dino compagni, a nome ei priori, scrisse una missiva al governo di Lucca a non dar seguito alla richiesta del legato pontificio ed evitare quindi il pericolo di una guerra fra i due Comuni. La lettera ebbe l’effetto sperato.
• Un attentato ai danni di Matteo d’Aquasparta che Dino Compagni attribuisce alla volontà di uno squilibrato popolano, non va a buon fine e induce il prelato a rifugiarsi, per paura in Oltrarno. [Il fatto che l’attentato fallì, alcuni critici sospettano che esso fosse stato organizzato dallo stesso legato pontificio]
• I priori offrono al cardinale d’Aquasparta del denaro a titolo di risarcimento che, però, egli rifiuta.
Caratteri e conflitti personali
Per Compagni la storia non è frutto di posizioni politiche o conflitti sociali, quanto piuttosto conseguenza del carattere degli individui. Infatti, all’inizio del brano, egli si sofferma sulla descrizione della psicologia di Guido Cavalcanti e di Corso Donati. Cavalcanti ci è presentato come un cavaliere nobile, cortese e coraggioso, ma anche di carattere solitario, pronto a ritenersi offeso per un nonnulla, ombroso e anche dedito allo studio. Di Corso Donati si dice che aveva un certo timore di Guiso perché lo conosceva bene. Ciò che divide i due uomini non è altro che una profonda antipatia, elemento sufficienti per arrivare a due tentati omicidi. La situazione a Firenze precipita a seguito per un insulto infamante rivolto a Guido, la cui portata è ampliata dalle maldicenze popolari. In questo modo, gli eventi prendono una dimensione enorme fino a coinvolgere il Papa, gli eserciti e l’imperatore. Anche la posizione politica di Bonifacio VIII sembra essere conseguente del suo carattere quando il Compagni scrive che era molto coraggioso, intelligente, guidava la Chiesa a modo suo e schiacciava coloro che avevano idee diverse dalle sue. Nero Cambi è presentato come uomo astuto, con un ingegno notevole, ma assai violento e crudele nel suo modo di comportarsi. In sintesi si può dire che Compagno, negli eventi vede soltanto la conseguenza del carattere dei protagonisti che sono sempre dei violenti.
Immagine di una città violenta
La Firenze rappresentata da Compagni appare caratterizzata profonde inimicizie che si manifestano non tanto con azioni politiche quanto da una serie di imboscate, risse e zuffe. Infatti, Corso Donati cerca di assassinare Guido tendendogli un agguato sulla via del pellegrinaggio a Santiago di Campostela; Guido reagisce è lo attacca per strada con una freccia, ma lo manca. Per questo deve battere la ritirata sotto una sassaiola dei sostenitori di Corso. Durante la festa di San Giovanni gli aristocratici – della famiglia dei Cerchi - attaccano gli ufficiali del Comune in processione. Il fatto avrà come conseguenza l’invio in esilio dei capi delle due fazioni. Un pazzo squilibrato ha poi l’idea di inviare una freccia corta da balestra contro le finestre della residenza di Matteo d’Aquasparta. Ne esce, così, l’immagine di una città brutale, abitata da personaggi violenti. Facinorosi e ribelli, un aspetto che dalle opere di Dante, di G. Cavalcanti e degli Stilnovisti non appare.
Domande da interrogazione
- Quali erano le principali fazioni guelfe a Firenze nel 1300?
- Qual era la posizione di Dante riguardo al potere del papa?
- Quali furono le conseguenze degli interventi papali a Firenze?
- Come descrive Dino Compagni i caratteri dei protagonisti dei conflitti?
- Qual è l'immagine di Firenze secondo Compagni?
Le principali fazioni guelfe a Firenze nel 1300 erano i guelfi di parte bianca, capeggiati dalla famiglia dei Cerchi, e i guelfi di parte nera, guidati dai Donati.
Dante, pur essendo un guelfo di parte bianca, riteneva che il papa dovesse esercitare solo il potere spirituale e non intromettersi nelle questioni politiche di Firenze.
Gli interventi papali, come quello di Matteo d’Aquasparta, portarono a tensioni ulteriori, con il fallimento del suo ruolo di paciere e l'esilio dei capi delle due fazioni.
Dino Compagni attribuisce i conflitti non solo a posizioni politiche ma anche ai caratteri individuali, descrivendo Guido Cavalcanti come nobile e solitario, e Corso Donati come timoroso e antipatico.
Compagni rappresenta Firenze come una città violenta, caratterizzata da inimicizie profonde, imboscate, risse e zuffe, un aspetto che non appare nelle opere di Dante e degli Stilnovisti.