Concetti Chiave
- Durante l'Umanesimo e il Rinascimento, l'intellettuale diventa un "uomo universale", partecipando attivamente alla vita civile e politica con uno spirito laico e moderno.
- Nell'Età moderna e durante l'Illuminismo, l'intellettuale assume un ruolo critico e riformatore, impegnandosi a cambiare la società e denunciando l'ignoranza e l'ingiustizia.
- Nel Romanticismo e Risorgimento, l'intellettuale è visto come una guida morale e usa la letteratura per mobilitare e risvegliare l'ideale di libertà nazionale.
- Con il Verismo nella seconda metà dell'Ottocento, l'intellettuale si avvicina alle classi popolari, documentando la realtà sociale con distacco e obiettività.
- Nella contemporaneità, l'intellettuale ha un ruolo fluido e variegato, affrontando temi globali e utilizzando la rete e i social per il nuovo attivismo culturale.
Indice
Umanesimo e Rinascimento
L’intellettuale diventa “uomo universale”, partecipe della vita civile e politica. È attivo nelle corti e nelle istituzioni, cerca armonia tra sapere e potere (es. Machiavelli, Poliziano, Pico della Mirandola). Scrive per un pubblico colto, ma con uno spirito laico e moderno. È consapevole del valore educativo e formativo della cultura.
Età moderna e Illuminismo
L’intellettuale assume un ruolo critico e riformatore. Scrive per cambiare la società, denuncia l’ignoranza, il fanatismo, l’ingiustizia. In Europa nasce la figura dell’“engagé”, l’intellettuale impegnato (Voltaire, Diderot). In Italia, autori come Parini e Alfieri vedono nella scrittura uno strumento per risvegliare la coscienza civile e combattere i privilegi.
Romanticismo e Risorgimento
L’intellettuale è guida morale del popolo, legato alla nazione e all’ideale di libertà. In Italia, i poeti patriottici (Berchet, Foscolo, Mameli) usano la letteratura come strumento di mobilitazione e riscatto. Lo scrittore è visto come un “vate”, un profeta, un educatore delle masse. La letteratura ha una funzione civile, etica e politica.
Seconda metà dell’Ottocento
Con il Verismo, l’intellettuale si avvicina alle classi popolari e racconta la realtà con oggettività. Verga teorizza l’impersonalità e il distacco, ma è mosso da un forte senso di giustizia. Il romanzo diventa un mezzo per analizzare la società. L’intellettuale osserva, documenta, denuncia. È vicino ai movimenti sociali e alle lotte per l’emancipazione.
Primo Novecento
L’intellettuale entra in crisi. La modernità, le guerre e la società di massa lo pongono in una posizione più marginale e disorientata. Svevo e Pirandello descrivono l’inadeguatezza dell’uomo moderno. Il poeta diventa spesso testimone della frantumazione dell’io e della perdita di senso. Con le avanguardie (come il Futurismo), si cerca una rottura con il passato e una nuova forma di intervento, anche politico.
Periodo tra le due guerre
L’intellettuale si divide tra consenso e dissenso. Alcuni aderiscono al fascismo, vedendolo come via di rinnovamento (es. Marinetti), altri lo combattono o si rifugiano in una posizione di “disimpegno”. Molti scelgono l’esilio interiore o fisico. Il ruolo dell’intellettuale diventa drammatico e complesso: è chiamato a scegliere tra compromesso, silenzio o resistenza.
Dopo la Seconda guerra mondiale
Rinasce la figura dell’intellettuale militante. L’esperienza della Resistenza rafforza l’idea di una letteratura impegnata: Pavese, Vittorini, Calvino, Fenoglio scrivono per capire e trasformare il mondo. Il modello è l’intellettuale che partecipa alla vita civile e sociale. La scrittura è strumento di memoria, denuncia, speranza.
Anni ’60-’70
L’intellettuale si confronta con la società di massa, i media, i nuovi movimenti politici e culturali. Aumenta la consapevolezza della crisi del ruolo tradizionale: lo scrittore non è più guida indiscussa, ma parte di un dialogo plurale. Si moltiplicano le forme di scrittura: narrativa, saggio, giornalismo. L’impegno assume anche forme ironiche, frammentarie, provocatorie.
Contemporaneità
Il ruolo dell’intellettuale è più fluido, ma ancora importante. Non esiste un’unica figura: c’è lo scrittore-giornalista (Saviano), lo scrittore-testimone (Levi, Janeczek), l’autore che racconta le periferie, le migrazioni, le crisi ambientali. L’impegno è spesso più individuale, ma attento al contesto globale. L’intellettuale contemporaneo si confronta con la rete, con i social, con nuove forme di attivismo culturale. Rimane un mediatore di senso, anche se in un mondo frammentato e in rapido mutamento.Domande da interrogazione
- Qual è il ruolo dell'intellettuale durante l'Umanesimo e il Rinascimento?
- Come cambia il ruolo dell'intellettuale nell'Età moderna e durante l'Illuminismo?
- In che modo il Romanticismo e il Risorgimento influenzano la figura dell'intellettuale?
- Quali sono le caratteristiche del Verismo nella seconda metà dell'Ottocento?
- Come si evolve il ruolo dell'intellettuale nella contemporaneità?
Durante l'Umanesimo e il Rinascimento, l'intellettuale diventa un "uomo universale", partecipe della vita civile e politica, cercando armonia tra sapere e potere, e scrive per un pubblico colto con uno spirito laico e moderno.
Nell'Età moderna e durante l'Illuminismo, l'intellettuale assume un ruolo critico e riformatore, scrivendo per cambiare la società e denunciando l'ignoranza, il fanatismo e l'ingiustizia, diventando un "engagé" impegnato.
Durante il Romanticismo e il Risorgimento, l'intellettuale diventa una guida morale del popolo, legato alla nazione e all'ideale di libertà, utilizzando la letteratura come strumento di mobilitazione e riscatto.
Nella seconda metà dell'Ottocento, con il Verismo, l'intellettuale si avvicina alle classi popolari, racconta la realtà con oggettività e il romanzo diventa un mezzo per analizzare la società, documentando e denunciando le ingiustizie.
Nella contemporaneità, il ruolo dell'intellettuale è più fluido e variegato, con figure come lo scrittore-giornalista e lo scrittore-testimone, che affrontano temi globali e utilizzano nuove forme di attivismo culturale, rimanendo mediatori di senso in un mondo frammentato.