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Concetti Chiave

  • L'epica classica e cavalleresca si fondono nel poema cavalleresco rinascimentale, evolvendosi con scrittori come Pulci, Boiardo e Ariosto.
  • Luigi Pulci con il "Morgante" introduce la parodia, ridicolizzando i valori medievali e utilizzando l'endecasillabo in ottave.
  • Boiardo reinterpreta i cicli medievali con l'"Orlando Innamorato", unendo elementi bretone e carolingio, e introducendo un linguaggio più semplice e ironico.
  • Ariosto con l'"Orlando Furioso" integra tre filoni tematici: guerra, amore e relazioni amorose, con un linguaggio influenzato dal fiorentino, allineandosi alle idee di Bembo.
  • L'opera di Ariosto critica i valori cavallereschi e il petrarchismo, evidenziando la follia umana e la consapevolezza dei limiti, caratterizzando i personaggi con ironia e introspezione.

Indice

  1. L'epica classica e cavalleresca
  2. Il Morgante e la parodia
  3. Boiardo e l'Orlando innamorato
  4. Ariosto e l'Orlando Furioso
  5. La satira di Ariosto
  6. Il linguaggio e i temi di Ariosto
  7. La follia di Orlando
  8. Critica al petrarchismo

L'epica classica e cavalleresca

L’epica classica e l’epica cavalleresca si fondano insieme dando vita al poema cavalleresco rinascimentale. L’Iliade e l’Odissea sono due opere della letteratura greca che raccontano le gesta eroiche e la presenza di viaggi insieme alle peripezie. Il motivo encomiastico è quella motivazione per la quale un personaggio dà il compito a un grande scrittore di raccontare una storia sulla propria origine (come Augusto con Virgilio per raccontare la romanità).

Ci sono poi le Canzone di Gesta che parlano delle gesta dei paladini cristiani dell’esercito carolingio (riferimenti storici più facilmente individuabili).

Altri canti furono il ciclo bretone e anche il ciclo dei Nibelunghi che erano più romanzati e più fantasiosi perché sono spesso presenti argomenti di inganno, di tradimento per amore, di coraggio e così via. Questi ultimi furono soprattutto cantati dai giullari nella corte medioevale.

Nell’Umanesimo c’erano i canterini, figure simili ai giullari, che però cantavano e raccontavano le stesse storie dei vari cicli europei prendendo in giro i loro personaggi, facendo diventare molto più popolari a differenza dell’epoca medioevale.

Alcuni letterati decidono di riprendere i cicli medioevali e a riscriverli. Il primo fu Luigi Pulci, un mediatore del linguaggio elevato nobiliare e quello popolare molto più semplice.

Il Morgante e la parodia

Il Morgante viene considerato il primo poema cavalleresco perché riprende il ciclo carolingio, ma facendo una parodia perché riprende l’arte dei canterini per far ridere il suo pubblico letterario. Già nel Medioevo, oltre ai giullari, esisteva la satira e la parodia per i testi scritti.

L’obbiettivo era di mettere in ridicolo perché sminuisce tutti i valori medioevali come paladini della cristianità e difensori dei più deboli creando personaggi immorali come per Carlo Magno che viene descritto come un vecchio bavoso oppure anche Rolando che raffigurato un donnaiolo e un criminale di basso livello.

Il Morgante è in poesia ed è diviso in strofe e in stanze con un totale di otto versi (ottave). Il verso è l’endecasillabo che verrà continuato ad essere utilizzato anche nel Rinascimento.

Gli arabi riescono a sconfiggere una parte dell’esercito franco guidato da Orlando poiché ci fu il tradimento di Garlando nei confronti di Orlando, per poi informare Carlo Magno che riuscirà a sconfiggere gli arabi sui Pirenei.

Il terzo personaggio è Morgante che è un gigante che è diventato compagno di Orlando. Sulla vie delle peripezie, incontrano Margutte che è un mezzo gigante farabutto. Morgante muore per una ferita inferta da un granchio e Margutte muore per le troppe risate, simbolo del suo contrappasso.

A Roncisvalle muoiono tutti i personaggi principali del poema cavalleresco, pure Carlo Magno.

Boiardo e l'Orlando innamorato

Boiardo è uno dei pochi compositori lirici quattrocenteschi e si vede come protagonisti Lorenzo de Medici e lui. L’amorum Libri è una sua composizione. È differente da Pulci perché lavora a Ferrara, uno dei primi centri signorili. Diventerà anche signore di alcune città romagnole. Ferrara diventò signoria nel 1260 circa, vale a dire circa due anni prima della nascita di Dante.

Boiardo entra in contatto con il Morgante e realizza che quest’opera vale in una città popolata anche dalla gente semplice, e per ciò modifica il poema evolvendola. In Emilia non è accettabile un poema che deride la vita della corte e per ciò lo riadatta per l’umanesimo romagnolo chiamandola l’Orlando innamorato riprendendo il poema epico cavalleresco di tipo medioevale unendo il ciclo bretone e quello carolingio, senza togliere le fondamenta dei cicli come la fedeltà e l’amore divino.

Non è certamente quello medioevale perché allieva il linguaggio altolocato aggiungendo in alcune parti dell’ironia come della magia.

Nel poema, arriva Angelica all’accampamento, che è una fanciulla che porta con se il fratello Agalia. Durante un torneo nel quale partecipano sia i saraceni sia i cristiani, molti valorosi si innamorano di lei perché è una bella giovane donna intraprendente, e l’ultima caratteristica era inusuale durante il Medioevo.

Il fratello riesce a vincere e sconfiggere gli altri non perché è forte e bravo, ma ben si perché utilizza la magia. Astolfo, un combattente, riesce a scoprire l’inganno e riesce a prenderne il possesso vincendo il torneo avendo così la possibilità di sposare Angelica. La giovine fanciulla, che aveva ribrezzo di lui, decide di scappare e così Orlando e Rinaldo decidono insieme ad altri di inseguirla e durante il processo, arriveranno a una sorgente magica differente per ogni personaggio. Rinaldo beve da quella del disprezzo e Angelica invece beve quello dell’amore, così si apre una fase di lotta per il fidanzamento fino a quando la magia si rompe facendola tornare a casa da suo padre. La cosa particolare è che questa opera ha una dedica verso agli Estensi, protettori della cultura per motivo encomiastico, come succederà in futuro per altri opere.

Orlando è un uomo comune, cioè afferma fedeltà per l’imperatore, ma allo stesso tempo ha tentazione di abbandonare il suo ruolo perché lui vuole scoprire se stesso, ricerca classica dell’Umanesimo.

È composta da ottave e c’è la strofa. C’è pure il proemio, cioè quella parte che apre in medias res, ma a differenza del proemio classico non c’è l’invocazione della Musa dando un tocco più autorevole per il protagonista e certamente dando un tocco meno “fantastico”. Il proemio ci fa capire già che cosa il poema tratterà e in questo caso un Orlando più umano. La storia di Turpino (un servo di Carlo Magno) incomincia quando era a corte dell’imperatore d’Oriente che era gradasso.

Abbiamo analizzato il canto ove c’è Agricane e Orlando a pagina 70 che parla del loro scontro.

Quando è finito il duello fra Orlando e Anglicano, stremati e ancora vivi, riprendono un rapporto di rispetto. Orlando parla della contemplazione del creato come anglicano poiché sono degni di discutere e ragionare di determinati argomenti. Questo è un inno di Dio che ha creato tutto il mondo di cui l’essere umano conosce. Così, il suo nemico Anglicano ha capito che già prima dello scontro volesse parlare di fede, ma non era mai stato molto capace. Dal testo si capisce che lui aveva rotto la testa al suo maestro e così nessuno più voleva insegnare a lui la fede. Orlando riconosce l’importanza della battaglia e delle armi come afferma il suo nemico poiché lui dice che il cavaliere fa questo di mestiere. Allo stesso tempo, però aggiunge che pure la cultura sia importante utilizzando la metafora del fiore che adorna il prato.

Inoltre, l’uomo non può pensare bene senza conoscere Dio e la sua dottrina e questo fa capire che Carlo Magno, l’imperatore del Sacro Romano Impero, è portatore dell’intelletto per volontà divina. Se costui non utilizza il suo cervello, significa che quest’ultima è una cosa come un sasso oppure un bue.

Anglicane afferma che ha scoperto la sua natura dicendo che Orlando sia una persona saggia e acculturata dicendo che se volesse continuare a dialogare ancora con lui allora si doveva parlare dell’amore oppure delle armi. Ogni cavaliere che vive senza amore non è un vero cavaliere. Per ciò, Anglicane a questo punto, chiede se le dicerie che si dicono sul suo nemico Orlando fossero vere. Questo momento è il simbolo che fa capire che c’è l’unificazione del ciclo carolingio con quello bretone perché quest’ultimo si basa sull’amore del paladino che combatte per la propria donna desiderata.

Orlando afferma che è proprio lui come dicono le dicerie aggiungendo che ha dovuto abbandonare il proprio accampamento per questi gossip, in pratica… C’è un giro di parole per dire che era innamorato di Angelica e Anglicano capisce di essere generoso e furioso poiché anche lui ama la stessa donna. Sospira per calmare il cuore, che però aumentava a battere e lui ha una sensazione di profondo dolore decidendo di dichiarare duello verso Orlando. Afferma che domani mattina dovranno combattere, ma per quella notta chiede al suo avversario di lasciare i suoi sentimenti sentiti nei confronti di Angelica. Orlando risponde che non può rispettare il patto che Anglicano sta chiedendo controbattendo che sia meglio strappare i suoi occhi e il suo cuore invece di sopportare che qualcuno possa prendere la donna in sposa.

Anglicano, preso di ira e di rabbia per colpa dell’amore, sale sul cavallo dicendo che sia il momento esatto per il duello eliminando difatti l’incontro di battaglia per l’indomani. Orlando, pauroso di essere tradito, sale velocemente sul suo cavallo rispondendo che l’unico modo per conquistarla è quello di ucciderlo. A questo punto del canto inizia una battaglia equilibrata che finirà nel canto successivo dove Anglicano muore da peccatore, ma verrà ricordato come un eroe cristiano perché negli attimi antecedenti al suo decesso cede al cristianesimo.

La prima parte è finita con Boiardo perché viene ripreso da Ariosto ed è un successore del precedente scrittore poiché vive fino agli inizi del XVI secolo e il finale è intuitivo anche se il suo ultimo libro è incompleto. Riprende dall’inseguimento dei soldati cristiani per prendere Angelica.

Ariosto e l'Orlando Furioso

Ariosto è uno dei più grandi del Rinascimento, anche se è successivo a Boiardo ed infine il tema di Orlando è concluso dallo scrittore Tasso. Sono in costanze evoluzione i poemi.

Non esiste più solo l’innamoramento, ma esiste anche altro come la consapevolezza dei limiti umani, un pensiero in contrasto con quello umanista poiché nel Quattrocento i pensatori affermavano che l’uomo non avesse nessun limite. Se Boiardo cede alla cavalleria, invece Ariosto prende in giro questi valori cavallereschi perché sono ormai superati dato che non è più il periodo cavalleresco oppure dell’ambiente di Ferrara, che aveva in parte una mentalità medioevale per essere la prima e vera signoria italiana. Ariosto nasce negli anni 70 del XVI secolo e more negli anni 30 del Cinquecento e fin da giovane si pone aiutante degli Estensi da ambasciatore poiché proviene da famiglia nobile. Arriva ai ferri corti con il conte e si trova di colpo senza più un lavoro e senza un protettore. Lui non sopporta l’ingerenza degli Estensi e lui vorrebbe vivere per conto suo ritornando come scrittore ed ambasciatore per questa famiglia dovendo così andare in un posto nella laguna emiliana con la famiglia da ruolo di amministratore. Gli ultimi anni li passerà a Ferrara essendo protetto da Alfonso d’Este.

Le edizioni dell’Orlando Furioso partono nel 1517, l’anno prima di rompere di nuovo con gli Estensi, e lo scrisse per compiacere la famiglia (la medesima volta di vedere il motivo encomiastico). Vengono aggiunti cinque canti e servono per modificare l’opera, ma verranno cancellati nell’edizione successiva del 1521. I canti dal 1521 al 1532 vengono aggiunti ancora dei canti, per un totale di sei canti che farà completare l’opera con quarantasei canti.

Il contenuto non viene modificato così tanto, ma quello che viene modificato è il linguaggio poiché Bembo, un altro scrittore, scrive che il linguaggio italiano si deve basare sul fiorentino e prende come spunto gli scrittori trecenteschi Boccaccio e Petrarca. Nella disputa fra Bembo e Ariosto, si arriva alla conclusione che i poemi cinquecenteschi devono essere scritti in fiorentino e non con il linguaggio regionale come l’autore emiliano faceva di solito. Diventa così che i prossimi scrittori prenderanno come spunto proprio lui.

La storia non è lineare, ma è all’intreccio diviso in tre parti ove vengono collegati. Ci sono tre macro temi che rispettano i filoni: nel primo filone si parla della guerra, il secondo filone parla dell’amore di Orlando che diventa furioso, cioè folle ed infine il terzo filone che racconta della relazione amorosa fra Ruggero e Bradamante che danno luce proprio un membro della famiglia Estensi.

Calvino, uno dei più grandi del Novecento, aggiunge il commento che la ragione umano può diventare un “labirinto” facendolo diventare pazzo. Ariosto è capace di far portare i personaggi alla pazzia, ma alla fine riesce a portare a una conclusione coerente dando un lieto fine. Difatti in molti casi, il medesimo scrittore aggiunge i suoi pensieri che possono essere dei consigli, dei spoiler o addirittura delle prese in giro dei suoi personaggi. Lui, nell’Orlando Furioso è come il Grande Fratello di Orwell, per capire il suo ruolo.

Ci sono una somma di sovrani che vengono in Europa ove ci sono delle illusioni del Nuovo Mondo. Tutti quanti assiedono Parigi mentre la maggior parte dei soldati sono cercare Angelica che torneranno grazie a Rinaldo che è ritornato con dei rinforzi che riesce a sconfiggere gli Arabi. C’è lo scontro navale presso Lampedusa dove c’è il racconto dei due principali condottieri. Nel primo filone, c’è uno spezzamento di ciò con tante piccole parti. Angelica, in fuga, incontra Medoro che avranno un matrimonio. Quando Orlando lo scopre, scoppia di rabbia facendolo arrivare ad essere un animale salvato solamente da Rinaldo ove lo riporterà a Parigi per difendere dall’assedio dei nemici. C’è un continuo rincorrersi tramite ambienti magici che o condurranno dalla sua amata per compiere il destino della fondazione della famiglia nobile emiliano. Viene osteggiato però dal mago Atlante e in generale nessuno dei due riescono a riconciliarsi poiché c’è qualcuno che lo impedisce fino a quando lui decide di convertirsi.

La satira di Ariosto

Le satire sono delle opere che sono diventate famose in età romana e viene ripresa dal Cinquecento in poi per burlare su dei argomenti, ma allo stesso tempo hanno un messaggio profondo. Uno dei più grandi fu Orazio che raccontò della sua epoca romana, che poi venne ripreso da Ariosto, lo scrittore che stiamo analizzando in questo momento. La “Satira terza” si può vedere come emerge la relazione dell’intellettuale con il potere cortese, una caratteristica ben diversa con Boiardo, che fu più tranquillo poiché credeva realmente a ciò che scriveva. Scrive in un modo satirico per analizzare lo status dell’intellettuale a corte. Viene suddiviso in terzine dantesche che si fonda con il modello oraziano, una forma di poesia.

Il linguaggio e i temi di Ariosto

Il linguaggio è semplice perché si utilizza pure delle prole “basse” perché il poeta si immedesima come se dovesse parlare con il cugino Annibale che gli racconta della sua relazione personale con il duca Alfonso. Inoltre gioca con il lessico usando termini come “soma” per indicare come se la passa dopo aver lasciato la corte. Il “guidalesco rotto” è un termino dialettico per precisare una rottura, una ferita data anche dal termine “rozzone” che era una bestia da lavoro. Tutte queste metafore servivano per far incavolare il suo signore perché era stufo delle lamentele del poeta.

Il poeta oltre ad essere lamentoso, è anche amareggiato perché vuole l’indipendenza che è contraria alla relazione di fiducia, ma anche di sottomissione verso il proprio mecenate. L’amico dice che può dire tutto sul suo conto, ma non ha la colpa dell’essere veritiero perché analizza semplicemente i fatti. Si dice che Saturno abbia castrato suo padre Urano così come dice nella poesia perché è il discorso del poeta verso suo cugino. Non avrebbe mai fatto la pazzia delle “ranocchie” che vengono mangiate da un serpente inviato da Zeus, e per ciò la stessa cosa non vuole che gli succeda per colpa del mecenate Alfonso (paragona il suo signore come se fosse Zeus verso gli esseri a lui dipendenti che sono incarnate dalle ranocchie). Il poeta utilizza la mitologia classica per raccontare la sua vita in un momento difficile e delicato. Per comprendere ancora meglio, Ariosto paragona il suo signore come se fosse un serpente che lo divora come se fosse una rana.

Dice inoltre che non è mai stato fortunato con “Urano” ed è obbligato ad essere nutrito dal duca per non andare dal popolo come se fosse un “mendicante” poiché è l’ultimo di dieci figli e quindi non ha nessun bene materiale a lui intestato.

Inoltre, ha un rifiuto verso la corte e i nobili perché è l’unico a denunciare la realtà della vita cortese, difatti disprezza anche gli altri cortigiani perché pensano di essere importanti intellettuali e studiosi di cultura, ma in realtà leccano solamente il culo del mecenate.

Utilizza anche la metafore delle “scarpe” per dire che non sempre le scarpe che vengono indossati a uno, a lui li sta bene a “stampa”. Lo scrittore vuole affermare che per gli altri li potrà anche stare bene di stare in gabbia come degli cardellini perché la sua realizzazione è da un’altra parte come per gli usignoli. Chi desidera gli onori cavallereschi, allora dovrebbero servire un re oppure il papa, ma lui no e se lo fa capire con la punteggiatura. In casa mia, lo afferma sempre Ariosto, preferisce una rapa che ha cotto lui su uno sterco infilzando con aceto e senape invece di mangiare alla mensa di altri con carne di cacciagione di cinghiale.

Lo scrittore ama la semplicità di casa sua e non gli piace stare in un luogo se non è il benvenuto. Dice che alcuni piacciono girare per l’Europa e altri invece piace scroccare.

Lui dice che ha già visto regioni italiane e per ciò allo scrittore gli basta e avanza. Tolomeo, cartografo greco, ha visitato il mondo tramite lo studio continuo se si fosse pure le guerre. Questo serve per affermare che non gli importa se si fossero le guerre, ma lui continuerà ad esplorare il mondo con la cultura. L’unico punto positivo che Ariosto afferma è quello di vivere nella sua terra natia poiché ha un elogio delle piccole cose e dei piccoli desideri umili della vita.

I campi semantici sono divisi nell’argomento dell’amore e della guerra. Per l’amore ci sono le parole di “donne, amori e cavalieri” e per quello della guerra ha una struttura a chiasmo con “cavalieri e armi” al centro. Nei primi due versi sono intrecciati e fa capire al lettore già quali argomenti si parla nell’opera. Ariosto non gli interessa a precisare i dettagli storici poiché si sa che l’ambientazione dell’opera si ha prima dell‘incoronazione di Carlo Magno come imperatore. Per amore divenne furore e folle per l’amata e nella versione classica questo non può succedere. E quindi se l’opera medioevale non si celebra le debolezza umana, l’Umanesimo teorizza questo modello e poi il Cinquecento lo accenta ancora di più. Prima di innamorarsi era considerato un uomo saggio per il suo comportamento cavalleresco e umile verso il suo imperatore.

Orlando è consapevole di essere all’orlo della sua sanità mentale e per ciò sta chiedendo alla sua donna di lasciare un briciolo di intelletto per completare la sua opera. Il poeta ovviamente canta immedesimandosi nel paladino. Nell’ottava terza si ha il motivo encomiastico verso Ippolito d’Este (versione del 1536 che fa rimanere questa dedica). Gli Estensi erano discendenti di Ercole.

Lui afferma che il suo unico dono è insulto poiché non significa nulla dal punto di vista materiale, però è l’unica tipologia di regalo che lo scrittore può dare.

C’è il petrarchismo e questo porta ad una volontà di prendere in giro i personaggi e difatti, di conseguenza, la figura della donna è molto meno angelica a differenza delle tipologie antecedenti; come quella dantesca oppure quella petrarchesca.

La maga Alcina fa innamorare Ruggiero, ma quest’ultimo viene aiutata da un’altra maga. Brandimarte, amico di Orlando lo aiuta a cercare Angelica, che però viene preso come carcerato della città di Atlante.

Utilizza un racconto mitologico che è quella di Cera, cioè la signora che fa crescere le messe (i cereali). Il titano viene fulminato da Zeus. La madre cerca per tutta la terra emersa, anche nel mondo dei morti, sua figlia (spiegazione dell’alternanza delle stagione) di Persefone. Se fosse stato per lo stesso potere per Orlando, come nel suo desiderio, per Angelica nel cercare, Orlando andava a cercarla al meglio che poteva senza ovviamente poteri divini (per tutta la Francia, per passare in Italia, nell’Africa e poi in Spagna). Tutto porta ad avere una voce che sente e questo è la voce di una donzella che piange in continuo. Vede questa fanciulla portata di forza da un cavaliere, senza nome, che sembra essere proprio la fanciulla.

L’autore interviene per dire che non era lei, ma sembrava e questa caratteristica si chiama reticenza, una deduzione forzata da parte del lettore. Certamente, Orlando pensa che sia realmente lei ed è spinto dalla furia richiama il cavaliere con una voce incazzata chiamando anche il suo cavallo.

Il termine “fellone” è utilizzato per indicare che una persona è cogliona e per ciò il cavaliere fugge ad una velocità molto elevato facendo seguire di conseguenza Orlando. Il loro passaggio distrugge le foglie facendoli arrivare al palazzo di Atlante, che viene descritto. Viene costruito con vari marmi, è molto alto e c’è la porta d’ora che viene aperta, di fretta, dal cavaliere sconosciuto. Orlando non vede più la donzella e il cavaliere nemico.

Orlando corre e setaccia ogni stanza e ogni loggia per comprendere la sua posiziona fino a quando sale dalle scale per cercare anche al piano superiore. Vede solamente letti ornati di seta e le parete sono coperte da tendi e tappeti per mantenere calda la stanza.

Trova ad un certo punto, gli altri paladini mentre la sua mente era piena di pensieri e come lui, queste persone stavano cercando la donzella. Ovviamente era invano e per ciò si davano la colpa a vicenda.

La donna che stanno cercando una donna immaginaria poiché è un incantesimo. Angelica è oggetto del desiderio è vano, cioè inutile poiché è inesistente. Ariosto utilizza difatti queste due tipologie di parole. La figura di Orlando rappresenta tutti gli uomini. La felicità va e viene perché sono importanti ad avere le piccole cose e non è il potere poiché quest’ultimo è vano facendo diventare prigionieri di loro stessi. Per ciò, il palazzo di Atlante è il luogo della falsità, cioè è solamente un’immagine. I valori cavallereschi sono tutti falsi e per ciò Ariosto fa una critica contro i valori ripresi del mondo medioevale della sua società.

Angelica interessa solamente l’amore e la sua verginità che vuole essere persa con una persona come Orlando per un motivo ben preciso. Questo porta ad avere più coraggio e volontà in Orlando nella ricerca di lei poiché sente nella struttura labirintica la sua voce e la sua presenza onnisciente.

Ruggero sta seguendo un’altra donna mentre lui sta seguendo Angelica fino al momento di realizzazione che Ruggero morirà troppo giovane (lo dice il mito) a causa di una magia. Pure Bradamante è irreale.

Lei vuole utilizzare l’amore dei suoi cortigiani per ritornare a casa sana e salva da suo fratello, che ormai è già morto ed è il soldato-fantasma che si rivela con l’elmo. Lei non gli interessa nessuno e vuole ritornare in Catai, cioè la in Cina. Sceglie di rilevarsi a Sacripante poiché ha un anello in bocca che rende invisibile agli altri, ma essendo questo anello sul dito, rompe l’incantesimo su tutte le persone. Tutto quello che si genera provoca rabbia nei cavalieri perché hanno capito che era tutta una bugia. Bradamante, Ruggero e Orlando stanno cercando di attrarre la volontà di Angelica.

A Parigi, si vede i saraceni ad espugnare la città mentre un altro soldato rientra dalla Svezia per difendere la sua patria.

I soldati hanno deciso di combattere per il loro re, che però nel mentre, è morto. Per cercare il cadavere del loro re, potrebbero perdere molto tempo a causa della notte e così Medoro incomincia a pregare la Luna. Afferma che è una divinità triforme, cioè ha tre forme differenti di divinità che sono Artemide, Persefone e se stessa che è Selene.

Va come cacciatrice di mostri ed entità oscure e per ciò chiede di illuminare il suo re defunto che era un cacciatore. A tutto ciò, la Luna si svestì del cielo nuvoloso apparendosi nuda per illuminare il campo di battaglia. Pure Parigi venne illuminata, da una parte fino all’altra per quanta fosse potente la Luna.

Una volta che quest’ultima illuminò, rifletté Dardinello (il re) poiché vestiva la sua armatura. In sottovoce, due soldati decidono di prendere il corpo defunto caricandoselo sulle loro spalle.

Arriva Zerbino, re di Scozia ed alleato di Carlo. Dopo aver seguito tutta la notte i saraceni, quest’ultimo ritorna al suo accampamento con un manipolo di soldati. Vedono dei soldati cristiani e per ciò mollano il carico, ma Medoro che amava il suo re, decise di continuare a portarlo. Cloridano pensa di avere Medoro dietro di lui. Quei cavalieri cristiani incominciano a seguirli per prenderli, ma i saraceni entrano nella foresta impenetrabili con una vegetazione piena di animali selvatici.

Se si potesse vedere il cuore come il viso, si potrebbe capire immediatamente la sorte del condannato. Questo porta a comprendere chi sia solamente un falso oppure un vero amante del re.

Medoro, vuole sacrificare pure se stesso, per far ottenere una degna sepoltura per il suo re.

Cloridano si è portato al sicuro di lui dove non sente i rumori degli inseguitori poiché sono a cavallo, ma anche dato dalle armature. Gli sembra di morire poiché ha lasciato un pezzo del suo cuore dietro di lui. Non sa né dove né quando ha lasciato il suo compagno.

Solamente alla fine vede il suo amico Medoro che è ormai prigioniero dei suoi nemici e non può più fare niente per salvarlo. Cloridano è morto per le ferite. Menomale che Medoro si salva fortunatamente poiché Angelica lo cura.

La follia di Orlando

C’è la follia di Orlando che è dato dalla sua reazione visiva poiché trova Angelica occupata durante una relazione amorosa con Medoro a causa del suo innamoramento.

Il prato è fiorito insieme alla varietà di alberi e oltre il mezzogiorno rendeva l’ambiente piacevole dove i contadini possono riposarsi ed è denominato con il termine latino locus amoenus per indicare un luogo idealizzato.

C’erano scritti delle variate scritte con i nomi dei due amanti tramite la figura dell’iperbole perché loro due rappresentano questo ambiente ideale.

Angelica è abbraciata nuda tra le braccia di Medoro. A quel punto, l’amore non è più ideale, ma ben sì carnale e questo porta un sentimento di rabbia, depressione e pazzia in Orlando che diventa per ciò furioso. Rimase con gli occhi conficcati nel sasso rimasto impietrito trasformandosi in follia.

La fronte era abbassata, una cosa non normale poiché era sempre pieno di spavalderia e di fiducia e incomincia a vagare fino a quando per un attimo è lucido e si ritrova vicino ad una casa di un pastore, che si rivela essere il luogo dove Medoro è stato soccorso.

Sazio del suo dolore, si toglie i suoi vestiti da cavaliere, simbolo di rinunciare alla sua figura per andare a dormire senza neanche cibarsi. A questo punto, il pastore vuole raccontare la storia di due giovani che si sono innamorati, che sono proprio con Angelica (la principessa più importante) che ha sposato un umile fante; che non è al livello di Orlando.

Questo atto è il colpo di grazia dal punto di vista metaforico per lui poiché è come se fosse stato appena tagliato la testa. La follia di Orlando è una climax perché è un graduale crescita di rabbia che porta al diventare irriconoscibile.

Non riesce a dormire poiché il letto viene paragonato ad un ammasso di sassi oppure di ortica e dopodiché comprende che il letto è stato condiviso con i due amanti e ciò porta ad uscire dalla casa di notte girovagando per campi e città per giorni comprendendo che Angelica non è mai stata sua poiché non voleva mai sposarlo. Un certo punto, urla addirittura contro il cielo.

Critica al petrarchismo

C’è una critica, dal punto di vista letterario, contro il petrarchismo cinquecentesco in determinati argomenti come la figura della donna, la figura dell’amore e la figura del protagonista che viene scambiato in una persona qualunque soggettato anche dai problemi della vita che viene posta normalmente.

Domande da interrogazione

  1. Qual è la differenza tra l'epica classica e l'epica cavalleresca?
  2. L'epica classica, come l'Iliade e l'Odissea, si concentra su gesta eroiche e viaggi, mentre l'epica cavalleresca, come le Canzoni di Gesta, racconta le imprese dei paladini cristiani. Entrambe si fondono nel poema cavalleresco rinascimentale.

  3. In che modo il "Morgante" di Luigi Pulci si distingue dagli altri poemi cavallereschi?
  4. Il "Morgante" è considerato il primo poema cavalleresco che utilizza la parodia per ridicolizzare i valori medievali, presentando personaggi immorali e situazioni comiche.

  5. Come Boiardo ha modificato il poema cavalleresco con "Orlando innamorato"?
  6. Boiardo ha adattato il poema cavalleresco per l'umanesimo romagnolo, unendo il ciclo bretone e carolingio, e introducendo elementi di ironia e magia, rendendo Orlando un personaggio più umano.

  7. Quali sono i temi principali dell'"Orlando Furioso" di Ariosto?
  8. I temi principali includono la guerra, l'amore che porta Orlando alla follia, e la relazione amorosa tra Ruggero e Bradamante, con una critica ai valori cavallereschi ormai superati.

  9. In che modo Ariosto utilizza la satira nelle sue opere?
  10. Ariosto utilizza la satira per burlarsi di argomenti seri, come la relazione dell'intellettuale con il potere cortese, e per criticare i valori cavallereschi e la vita di corte, utilizzando un linguaggio semplice e metafore classiche.

Domande e risposte

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