Fabrizio Del Dongo
Genius
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Concetti Chiave

  • Nel Medioevo, la capacità di leggere non implicava automaticamente quella di scrivere, e solo una piccola parte della popolazione era alfabetizzata.
  • L'alfabetizzazione crebbe significativamente nel XIII secolo grazie all'uso crescente delle lingue volgari, facilitando l'accesso ai testi scritti nelle città.
  • I libri medievali erano codici manoscritti, inizialmente prodotti nei monasteri e successivamente anche in centri urbani da copisti laici.
  • La produzione e la conservazione dei testi si spostò dalle biblioteche monastiche a quelle universitarie e private, riflettendo l'interesse crescente per la cultura scritta.
  • La frattura città/campagna in termini di alfabetizzazione era marcata, con le città più avanzate nella diffusione della lettura e della scrittura rispetto alle campagne, dove prevaleva la trasmissione orale.

Indice

  1. Introduzione al tema
  2. Alfabetizzazione nell’età comunale
  3. Alfabetizzazione nel XIII secolo e frattura città/campagna
  4. Com’erano fatti i libri nel Medioevo?
  5. Dove e come si producevano i “libri”?
  6. Dove si conservano i testi?

Introduzione al tema

Il primo problema collegato alla circolazione dei testi letterari nell’alto Medioevo è quello del grado di alfabetizzazione della popolazione, untile per determinare chi era in grado di avere accesso ad un testo scritto. Innanzitutto, bisogna precisare che saper leggere (ossia alfabetizzazione passiva) non significa automaticamente sapere anche scrivere (alfabetizzazione attiva). I chierici dovevano saper leggere le Sacre Scritture, un’abilità necessaria durante le cerimonie religiose). ma non era indispensabile che essi sapessero anche scrivere. Per i signori feudali non saper scrivere comportava la necessità di avere a proprio servizio del personale assunto a tale scopo (= i litterati, spesso chierici) per cui la mancanza dell’alfabetizzazione passiva corrispondeva ad uno status symbol. D’altro coloro che erano solo in grado di firmare un documento notarile e catastale (ce ne sono stati tramandati parecchi), non sempre erano capaci di leggere un testo di una certa ampiezza.
Sta di fatto che nell’alto Medioevo coloro che erano capaci di leggere e scrivere o fare anche una sola delle due cose erano in numero molto limitato. D’altra parte, è anche vero che gli intellettuali del tempo si preoccupavano sempre di trasformare i loro scritti in documenti orali, attraverso la recitazione e il canto o la predicazione (cfr. i chierici) e in questo modo raggiungevano l’obiettivo i diffondere i valori e i contenuti della fede cristiana, all’interno di tutti i ceti, nobili o umili.

Alfabetizzazione nell’età comunale

Dopo l’XI secolo, il numero delle persone in grado di leggere e scrivere aumenta, anche se i due canali, scritto e orale, permangono.. Tutti i generi sono destinati alla diffusone orale e quelli destinati innanzitutto alla diffusione scritta, ne prevedono spesso anche una orale.
Questo avviene sia per un’antica usanza sia perché gli analfabeti restano comunque numerosi. Inoltre i religiosi e i laici, che spesso costituiscono l’élite intellettuali, avvertono ancora la necessità di rivolgersi agli analfabeti che appartengono quasi sempre alle classi sociali più basse, con lo scopo di integrarli meglio nella vita della città o per avviarli ad una corretta cultura religiosa.. Per questo motivo, succedeva spesso che anche il pubblico analfabeta entrava comunque in contatto con i testi letterari, senza contare che anche chi sapeva leggere non disdegnava la circolazione orale di un testo.

Alfabetizzazione nel XIII secolo e frattura città/campagna

Nel XIII secolo, l’alfabetizzazione subisce un forte incremento perché nel nuovo contesto urbano saper leggere e scrivere diventa una necessità primaria per molti (cioè per i mercanti, gli artigiani i magnati). Inoltre, il latino viene sostituito, per praticità, dalle lingue volgari e questo facilità la possibilità di apprendimento. Sappiamo che prima della diffusione del volgare, alcuni mercati erano costretti ad imparare il latino per esigenze correlate alle loro transazioni commerciali e questo costituiva un ostacolo non indifferente. Infatti per una popolazione che parlava soltanto il volgare, apprendere il latino comportava le stesse difficoltà dell’apprendere una lingua straniera e per di più tramite scuole non adeguate. Invece la diffusione del volgare facilitava l’apprendimento della lettura e della scrittura. D’altra parte,, nelle città, il bisogno di imparare a leggere e scrivere facilitava l’affermazione della lingua volgare per cui il progredire del volgare era causa ed effetto dell’alfabetizzazione.
Una differenza notevole esisteva fra la campagna e la città. Nelle città del tempo dei Comuni l’alfabetizzazione ebbe una grande diffusione, Invece nelle campagne in cui non esisteva un’impellente necessità di leggere e scrivere, si restava legati alla trasmissione orale dei testi, riservata ai giullari e ai predicatori.
La crescita dell’alfabetizzazione nelle città ebbe come conseguenza un crescita del divario città/campagna creando un luogo comune nella letteratura del tardo Medioevo secondo cui il contadino è sempre visto ignorante, rozzo e maleducato.

Com’erano fatti i libri nel Medioevo?

La stampa fu inventata nel XV secolo, per cui nel Medioevo i libri come intendiamo in epoca moderna non esistevano. I libri erano codici manoscritti, frutto del lavoro dei copisti, chierici o laici. Il materiale adoperato era la pergamena che a partire dal XII secolo fu sostituita dalla carta, meno costosa e più semplice da lavorare. La grafia poteva essere diffusa solo in ambito locale, altre invece, come quella Carolingia era diffusa in tutta l’Europa o presso i mercanti. La scrittura corsiva era riservata ai privati mentre quella “testuale” ad usi pubblico. I codici più importanti e quindi di lusso avevano un grande formato e si chiamavano “libri da banco”. Soltanto con Petrarca, si pensa a libri di pregio, ma di formato più ridotto.

Dove e come si producevano i “libri”?

Nell’alto Medioevo, i codici venivano prodotti negli “scriptoria” dei monasteri. Gli amanuensi erano chierici o intellettuali. In questo periodo il mercato dei codici subì una forte flessione; le invasioni barbariche e la crisi della cultura portò ad una crisi della produzione, diminuirono le persone in grado di leggere e scrivere, diminuirono i committenti e i materiali (come la pergamena diventarono sempre più rari e quindi aumentarono di prezzo.
Dopo l’alto Medioevo la situazione cambiò. Ai centri di produzione monastici si affiancarono altri centri nelle città, gestiti da copisti, sempre più laici. Dal XII secolo in poi, l’interesse per i codici aumenta, ai committenti tradizionali si aggiungono nuovi committenti (gli studenti universitari) per i vecchi centri produttivi non sono più sufficienti; per questo motivo sorgono gli £scriptoria” universitari. Sorsero anche nuove tecniche di riproduzione per abbreviare i tempi e per garantire una maggiore fedeltà al codice originale. Fra questa abbiamo il sistema della “pecia” che prevedeva lo smembramento del testo in fascicoli, più facilmente controllabili e ricopiabili oltre la possibilità di poterli affittare separatamente agli studenti.
Nel XIII secolo, vista la domanda crescente, nella città vengono create delle botteghe di amanuensi privati. I costi erano però elevati e succedeva che fosse lo stesso lettore interessato a leggere un certo codice, a provvedere personalmente alla ricopiatura; a volte, i più ricchi assumevano privatamente dei copisti, come era solito fare il Petrarca. Inoltre Petrarca e Boccaccio ci hanno lasciato dei codici ricopiati personalmente e conto tanto di firma autografa.

Dove si conservano i testi?

Inizialmente, i testi si conservavano nelle biblioteche dei monasteri e successivamente anche in quelle delle Università. Più tardi, sorgono anche biblioteche private, proprietà dei più ricchi o di cittadini privati. Abbiamo l’esempio di Petrarca che aveva sempre il desiderio di procurarsi, di possedere e di far circolare i testi più rilevanti della cultura classica. Addirittura, egli penso di rendere pubblica la sua fornitissima biblioteca. Il progetto non andò in porto, ma è comunque molto significativo per capire un rapporto con il “libro” che preannuncia quello degli Umanisti del XV secolo.
Esistevano anche biblioteche di mercanti, peraltro spesso molto fornite, che, però, comprendevano letture amene o di tipo devozionale.

Domande da interrogazione

  1. Qual era il grado di alfabetizzazione durante l'alto Medioevo?
  2. Durante l'alto Medioevo, il numero di persone capaci di leggere e scrivere era molto limitato. La lettura era più comune della scrittura, e molti testi venivano diffusi oralmente per raggiungere anche gli analfabeti.

  3. Come è cambiata l'alfabetizzazione nell'età comunale?
  4. Dopo l'XI secolo, l'alfabetizzazione aumentò, ma la diffusione orale dei testi rimase importante. Anche chi sapeva leggere spesso preferiva la circolazione orale, e gli intellettuali si rivolgevano agli analfabeti per integrarli nella vita cittadina.

  5. Quali differenze esistevano tra città e campagna nel XIII secolo riguardo all'alfabetizzazione?
  6. Nel XIII secolo, l'alfabetizzazione crebbe notevolmente nelle città, dove era necessaria per mercanti e artigiani, mentre nelle campagne si continuava a fare affidamento sulla trasmissione orale, creando un divario tra città e campagna.

  7. Come venivano prodotti i libri nel Medioevo?
  8. I libri nel Medioevo erano codici manoscritti prodotti negli scriptoria dei monasteri e, successivamente, in centri cittadini. La pergamena era il materiale principale, sostituita poi dalla carta. La produzione aumentò con l'interesse crescente per i codici.

  9. Dove venivano conservati i testi nel Medioevo?
  10. Inizialmente, i testi erano conservati nelle biblioteche dei monasteri e delle università. Successivamente, sorsero biblioteche private e di mercanti, che includevano letture di vario tipo, riflettendo un crescente interesse per la cultura scritta.

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