Concetti Chiave
- L'opera "Ultimo canto di Saffo" di Leopardi rappresenta l'infelicità di Saffo, poetessa greca, che si suicida a causa dell'amore non corrisposto e della disarmonia con la natura.
- Nella prima stanza, Saffo si rivolge alla Luna e Venere, trovando consolazione nei fenomeni naturali inquieti piuttosto che nell'armonia della natura.
- La seconda stanza esplora il contrasto tra la bruttezza di Saffo e la bellezza della natura, enfatizzando il disprezzo dell'amore sia umano che naturale.
- La terza stanza si concentra sulla meditazione di Saffo riguardo al destino e alla sofferenza, concludendo che la virtù non può splendere in un corpo brutto.
- Nella quarta stanza, Saffo riflette sulla morte, decidendo di suicidarsi come atto eroico contro un destino ineluttabile e la mancanza di felicità duratura.
Composta in una settimana nel maggio 1822, questa canzone classica (quattro stanze di diciotto versi ciascuna, in endecasillabi e un settenario) intende rappresentare l'infelicità in un animo delicato e nobile, posto in un corpo brutto e giovane. La protagonista è Saffo, poetessa greca del VII secolo a.C., brutta, ma sensibile, che si uccide a causa dell’amore non ricambiato per il giovane Faone e per protestare contro la mancanza d’armonia. Il testo è in prima persona: è Saffo che parla.
Indice
Saffo e la Natura
È notte, poco prima dell’alba, la luna tramonta e sorge Venere, precedendo il sole. Saffo diventa consapevole dell’infelicità umana, attraverso l’amore. Per la poetessa lo spettacolo della natura pre-romantica provoca noia.
Disarmonia tra Saffo e Natura
Saffo prova un po’ di gioia solo quando il turbine dei venti corre attraverso il cielo limpido o attraverso i campi sconvolti, e quando il carro di Giove (tuono) squarcia l’aria buia; le piace nuotare tra le nuvole lungo i dirupi, la fuga delle greggi intimorite e la furia delle acque di un fiume presso la sponda insicura.
Dissidio tra Saffo e Natura
Saffo non è consolata dallo spettacolo armonioso della natura, ma da quello tenebroso, cupo (caratterizzato dal vento, dal tuono, dal rincorrersi delle nubi, dalla furia delle acque e dalla fuga degli animali).
Nel paesaggio domina l’elemento inquieto che caratterizza la disarmonia tra uomo e natura, sottolineato dall’apertura e dalla chiusura della stanza. Dal Mi fur al Noi (pluralia maiestatis) l’infelicità di Saffo diventa comune a tutti i mortali: pessimismo cosmico. Tutti, anche gli antichi, soffrono.
Tema dominante: rapporto negativo tra Saffo e la natura, visto per esclusione.
Saffo non è più in sintonia con gli aspetti sereni della natura.
Bruttezza e Bellezza
SECONDA STANZA: dissidio tra Saffo (simbolo della bruttezza) e la natura (simbolo della bellezza).
La bellezza armoniosa della natura è descritta in pochi tratti di alta intensità evocativa: “Bello il tuo manto, divo cielo, bella, infinita beltà, superbi regni, amante, vezzose tue forme”. A questa bellezza si contrappone l’infelicità della “misera” Saffo che è consapevole che i Numi e la sorte non l’hanno creata bella.
Ciò è dimostrato anche dai passi insicuri della poetessa che si avvicina a un ruscello, che devia addirittura i bei fiori pur di non toccarle i piedi. La natura è descritta nel pieno della sua bellezza secondo i canoni del locus amoenus, ma in questo ambiente Saffo è una “vile” e “grave” ospite.
Da notare è il suffisso DIS (dal greco “non”- esclusione, antitecità) che accomuna molte parola della seconda stanza: DISperato, DISdegnando, DISpregiato.
La parola “disdegnando” viene presa dal Dolce Stil Novo: l’amata disdegna l’amante.
Per Saffo sono due gli amori che la disdegnano:
- AMORE dell’amato FAONE;
- AMORE della NATURA.
Tutta la strofa è incentrata sul rapporto tra la bruttezza di Saffo e la bellezza della natura, sottolineato dall’inizio positivo della stanza e dal finale negativo.
Saffo e il Destino
Petrarca era solito uniformare armoniosamente lo stato d’animo del protagonista con il paesaggio, mentre Leopardi basa la canzone sulla disarmonia. La bellezza del paesaggio non è in armonia con Saffo che resta esclusa dalla natura.
Conclusione e Suicidio di Saffo
Saffo medita e presenta due domande retoriche che sottolineano la sua innocenza, dal momento che non può aver acquisito colpe prima di nascere, né nell’infanzia. Per Saffo un piano misterioso muove il destino e l’unica certezza è il dolore.
La risposta del perché Saffo soffra così tanto non è da ricercare nell’individuo, ma nel destino. L’uomo è nato per il pianto e la ragione è conosciuta solo dagli dei, perché Giove ha dato potere solo alle belle “sembianze”.
Conclusione di Saffo: la virtù non brilla in corpo brutto e la colpa è della natura. Non servono le grandi imprese o la poesia, perché nell’individuo brutto non c’è spazio per la virtù.
“Bello tuo manto-disadorno tuo ammanto” è una critica al neoclassicismo e in particolare all’idea che nell’uomo è presente l’armonia, il bello.
Il TEMA di queste due stanze è caratterizzato dalle “sembianze”, cioè dalle apparenze. La bellezza superficiale (l’ammanto) dimostra che ciò che conta realmente sono le apparenze. Questo tema sarà ripreso nel 1900 da Pirandello.
Saffo parla di Giove (creatore dell’uomo) che chiama ironicamente “padre”. L’ottica del testo è condotta da Saffo che pensa al padre Giove e alle Parche che conducono il filo della vita (decidono il destino degli uomini). La stanza si apre con “morremo”, che è la traduzione del “moriemur” pronunciato da Didone nel quarto libro dell’Eneide.
Saffo decide di uccidersi: gesto eroico. Presa la decisione di morire, Saffo saluta l’amante Faone, a cui confessa di aver provato un amore inutile e gli augura di vivere felice, se qualcuno è vissuto felice.
Questo è un concetto importante: la felicità è qualcosa di limitato, perché essa appartiene soltanto alla giovinezza.
- Morremo: riferimento virgiliano;
- Velo: per Petrarca il velo ricopre l’anima e riporta alle “sembianze”;
- Tanaro- Tenaria- Doglio di Giove: nel 24° capitolo dell’Iliade, Omero afferma che Giove possiede due recipienti: uno della felicità e l’altro del dolore. Nel testo ci sono tante immagini classicheggianti, perché per Leopardi esse creano uno stile vago che rende pregiata la poesia.
Motivi dominanti:
- Morte;
- Fugacità della felicità.
Indicata dalle parole:
-TARTARO (regno dei morti);
-DIVA TENARIA (Proserpina, dei degli Inferi, il cui ingresso era presso il capo Tenaro, nel Peloponneso);
- GELIDA MORTE;
- ATRA NOTTE (notte nera, tenebrosa);
- SILENTE RIVA (riva silenziosa dei fiumi infernali).
La felicità appartiene solo alla giovinezza (Sabato del villaggio), la maturità (A Silvia), la vecchiaia (Sabato del villaggio) e la morte (A Silvia) sono fatte d’inganni.
In questa canzone il suicidio rappresenta un gesto di sfida contro il destino. Il suicidio di Bruto minore è di carattere sociale, quello di Saffo invece è esistenziale. Leopardi giustifica il suicidio esistenziale di Saffo e si inserisce in una lunga scia letteraria: ad esempio il Catone dantesco si uccide, perché vede nel suicidio un gesto di estrema libertà e gli stoici, Seneca, Werter, Ortis giustificavano il suicidio. Leopardi sostiene che il suicidio esistenziale non sia contro natura, perché l’uomo non è in armonia con la natura. Nel 1827 Leopardi assume una posizione diversa, infatti, afferma che il suicidio non è più un mezzo per protestare contro la natura (Operetta di Plotino e Porfirio), ma provoca solo dolore nelle persone care.
Domande da interrogazione
- Qual è il tema principale della canzone di Leopardi su Saffo?
- Come viene rappresentata la natura nella canzone?
- Qual è il rapporto tra Saffo e il destino secondo Leopardi?
- Come viene giustificato il suicidio di Saffo nella canzone?
- Quali sono i motivi dominanti nella conclusione della canzone?
Il tema principale è l'infelicità di Saffo, una poetessa greca, causata dalla disarmonia tra la sua bruttezza fisica e la bellezza della natura, culminando nel suo suicidio.
La natura è descritta in modo pre-romantico, con elementi armoniosi e belli, ma Saffo trova consolazione solo negli aspetti tenebrosi e inquieti, che riflettono la sua infelicità.
Leopardi presenta il destino come un piano misterioso che causa dolore a Saffo, suggerendo che la sofferenza non è colpa dell'individuo ma del destino stesso.
Il suicidio di Saffo è visto come un gesto di sfida contro il destino e la natura, giustificato dalla sua infelicità esistenziale e dalla mancanza di armonia con la natura.
I motivi dominanti sono la morte e la fugacità della felicità, con riferimenti alla giovinezza e alla maturità come fasi ingannevoli della vita.