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Concetti Chiave

  • Le lettere di Leopardi, 900 in totale, offrono uno sguardo sulla sua cultura e relazioni, con destinatari che variano da intellettuali a familiari, mantenendo sempre uno stile aulico.
  • Le opere giovanili di Leopardi riflettono un periodo di intensa attività intellettuale, con un focus su tragedie, composizioni poetiche e opere storico-erudite, mostrando un'ampia gamma di interessi culturali.
  • Lo Zibaldone raccoglie riflessioni filosofiche di Leopardi, esplorando temi come il piacere e l'infelicità umana, offrendo una visione del suo pensiero in evoluzione e senza un destinatario specifico.
  • I Canti rappresentano l'opera fondamentale di Leopardi, unendo tradizione e modernità con una struttura metrica libera e temi universali, divisi in diverse fasi come canzoni, idilli e canti napoletani.
  • Le Operette Morali, ispirate ai dialoghi di Luciano, combinano ironia e filosofia per criticare i miti contemporanei e analizzare la condizione umana, utilizzando un linguaggio elegante e satirico.

Indice

  1. Le lettere di Leopardi
  2. Opere giovanili e interessi
  3. Traduzioni e primi amori
  4. Patriottismo e canzoni
  5. Zibaldone e riflessioni
  6. Teoria del piacere
  7. Infelicità e filosofia
  8. Canti e poesia
  9. Edizioni dei Canti
  10. Canzoni e idilli
  11. Idilli e temi esistenziali
  12. Canti pisano-recanatesi
  13. Ciclo di Aspasia
  14. Canti napoletani
  15. Struttura dei Canti
  16. Operette Morali
  17. Dialoghi e ironia
  18. Paralipomeni e satira
  19. Pensieri e riflessioni

Le lettere di Leopardi

Leopardi scrisse in totale 900 lettere, il cerchio si apre e si chiude con un unico destinatario: suo padre, la prima in latino del 1807 e la seconda del 1837, poche settimane prima della morte. I destinatari possono essere:

- Studiosi ed intellettuali, e questi documenti testimoniano la grande cultura dell’autore, che parla dei suoi progetti e affronta problemi filologici;

- Familiari, in particolare Carlo, Paolina e il padre, con i fratelli ha una confidenza maggiore, mentre con il genitore sembra spinto da due pulsioni: l’autocontrollo (per non mancare di rispetto) e l’affetto (bisogno di essere amato).

- Pietro Giordani si trova in mezzo alle prime due categorie, lui era convinto della grandezza di Leopardi e fu uno dei suoi amici più intimi.

In queste lettere, ci viene mostrato un ritratto di Leopardi sempre però nella sfera formale, perché anche nei momenti più vulnerabili, la qualità dello stile è aulica.

Opere giovanili e interessi

I sette anni di studio “matto e disperatissimo” dal 1809 al 1816 sono caratterizzate da opere svolte come esercitazioni o omaggi al padre, il quale le mostrava come oggetto di orgoglio. Scrisse inoltre:

- Due tragedie

- Composizioni poetiche ispirate a modelli arcaici

- Opere storico-erudite

Dunque si può riscontrare una grande vastità di interessi, tra le opere più significanti si riscontra il “Saggio sopra gli errori popolari degli antichi”, diviso il 19 capitoli in cui esamina una serie di concezioni errate dei pagani, confrontandole con verità cristiane. L’impostazione dell’opera è razionalità, infatti a cultura illuminista gioca a favore della religione cristiana, smentendo miti, superstizioni e favole pagane, è inoltre facile cogliere l’interesse per l’antico che connoterà anche le sue opere future.

Traduzioni e primi amori

I primi passi della conversione avvengono con le traduzioni, sfruttate per padroneggiare meccanismi con i quali i classici raggiungevano livello espressivi alti: “Batracomiomachia”, “Odissea”, “Eneide” e “Titanomachia”. Accanto alle traduzioni si collocano i primi tentativi di poesia con notevole varietà di genere, al fine di sperimentare quale fosse quello più adatto ad esprimere i suoi sentimenti, stimolati dal primo amore, Gertrude Cassi.

Patriottismo e canzoni

Il rapporto epistolare con Pietro Giordani e i fatti contemporanei, spinsero Leopardi ad approcciare il patriottismo, che emerge in canzoni, le quali elogiano la virtù italiana (comprende primato culturale, civile e letterario da Machiavelli e Petrarca): “All’Italia” e “Sopra il monumento di Dante che si preparava a Firenze”.

Zibaldone e riflessioni

Zibaldone significa mescolanza confusa di cose o di persone diverse, infatti è un quaderno contenente materiali disordinati e non connessi; di pensieri si riferisce invece al continua riflessione filosofica di un pensiero in costante evoluzione. Non fu scritto per la pubblicazione, Leopardi lo conservava per raccogliere le proprie idee ma anche per ricavare spunto e materiali per le sue opere; infatti venne esposta al pubblico solo nel 1898-1900 a cura di una commissione nazionale di studiosi, presieduta da Giosuè Carducci. È evidente l’ampia varietà di argomenti e di forme letterarie: appunti di cronaca, trattati filosofici, exemplum morale e sfogo autobiografico; la lingua è spontanea, diretta dato che l’autore non lo scrive per un pubblico preciso. Grazie allo Zibaldone, si possono ricostruire le fasi del pensiero di Leopardi:

1.

Teoria del piacere

1820-1821: elaborò la sua teoria del piacere, quest’ultimo è identificato nella felicità innata nell’uomo, ma questo desiderio di felicità è smisurato mentre i piaceri sono limitati, dunque il piacere totale non viene mai raggiuto perché nessun piacere è così grande da placare la brama. Poi, constatò che il piacere sia possibile solo come attesa di un piacere futuro (sabato del villaggio), o come temporanea assenza del dolore (quiete dopo la tempesta), ma anche questi rari momenti sono connotati dalla consapevolezza che essi siano provvisori, dunque l’infelicità dell’uomo è insita nella stessa natura umana. Qui esordisce anche con la poetica del vago e dell’indefinito: coscienza dell’infinità del desiderio di piacere, fa sì che l’uomo lo provi anche nella contemplazione di ciò che sembra non avere confini.

2.

Infelicità e filosofia

1822: Leopardi prese coscienza del fatto che anche gli antichi provassero dolore, dunque conclude che in realtà l’infelicità sia insediata nell’uomo e non nella natura.

3. 1825: l’apprendimento dei filosofi sensisti ed illuministi, come Voltaire, spronò Leopardi ad avvicinarsi al meccanicismo, materialismo e pessimismo, che si focalizza sull’idea che l’umanità sia destinata progredire nel suo complesso.

4. Infelicità umana è inevitabile, e con questa convinzione, Leopardi rinunciò definitivamente alle speranze religiose, con tuttavia permanenza della nostalgia del sacro (“Canto notturno di un pastore errante dell’Asia”).

Questa scansione appare più esaustiva delle distinzioni di pessimismo attuate da Bonaventura Zumbini, con il pessimismo storico e cosmico. Lo Zibaldone può essere letto in due chiavi:

- La prima rivela il valore letterario di un pensiero che senza la scrittura rimarrebbe inespresso

- La seconda lo sfrutta come materiale grezzo che ci permette di risalire alla filosofia leopardiana

Entrambi sono legittimi dato che Leopardi manifesta il suo pensiero nella forma della scrittura letteraria, tuttavia l’ultima parola è sempre affidata alla poesia, spesso spinta conoscitiva: le sue riflessioni nascono spesso dalla poesia, come avviene nel caso dell’Infinito.

Canti e poesia

I canti furono l’opera della vita di Leopardi, la loro stesura abbraccia infatti tutta la sua esistenza: il primo “Il primo amore”, venne scritto nel 1817 con il nome di “Elegia I”, mentre gli ultimi vennero composti a cavallo della sua morte, “Ginestra” e “Il tramonto della luna”. Il titolo venne assegnato nel 1831, dopo le “Canzoni” del 1824 e “Versi” del 1826; le prime non erano adatte perché indicano un particolare genere metrico ma Leopardi voleva includere componimenti che non rientravano in questo limite. I secondi invece presentano un titolo tanto generico da non distinguere la sua poesia da quella di altri versificatori, prescelse dunque i Canti, convinto che il genere lirico fosse l’unico genere di poesia “che veramente resti ai moderni” “privo di tempo” “più nobile e poetico” (da Zibaldone). Il Canto non si restringe inoltre ad una forma metrica specifica ed esprime sentimenti universali, provati da ogni uomo, è dunque un nuovo genere sia moderno, per la libertà dai valori tradizionali, che antico, per universalità.

Edizioni dei Canti

Le diverse edizioni dei Canti possono essere divise in cinque fasi:

1. 1824, pubblicate a Bologna con il titolo “Canzoni”, infatti sono 10 canzoni;

2. 1826, pubblicate a Bologna con il titolo “Versi”, contengono 10 canzoni, 5 idilli e testi metrici vari (“Il primo amore”), epistole (“Al Conte Carlo Pepoli”);

3. 1831, pubblicate a Firenze dall’editore Piatti con il titolo definitivo, contengono tutti i testi precedenti e nuovi (“Le ricordanze”, “A Silvia”, “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia”, “La quiete dopo la tempesta” e “Il sabato del villaggio”), in totale 23 poesie;

4. 1835, edizione ti tutte le sue opere pubblicate a Napoli con l’editore Starita

5. 1845, edizione definitiva accordata con l’amico Ranieri pochi giorni prima di morire, egli poi seguì il suo desiderio di pubblicare una nuova “Opere di Giacomo Leopardi” edizione contenente anche gli ultimi due componimenti, ossia “La Ginestra” e “Il tramonto della Luna

Canzoni e idilli

- Canzoni, il primo blocco consta di 9 canzoni (“All’Italia”, “Sopra il monumento di Dante che si preparava a Firenze”, “Ad Angelo Mai quand’ebbe ritrovato i libri di Cicerone della Repubblica”, “Nelle nozze della sorella Paolina”, “A un vincitore di pallone”, “Bruto Minore”, “Alla primavera o delle favole antiche”, “Inno ai Patriarchi o de’ principii del genere umano” e “Ultimo Canto a Saffo”), un’elegia in terzine (“Il primo amore”), una decima canzone (“Alla sua donna”). La forma metrica è quella della canzone, con strofe miste di endecasillabi e settenari, il numero delle strofe (4-12) e dei versi (13-30) varia: la struttura rimica appare quindi complessa, può capitare che le strofe pari abbiano uno schema rimico diverso dalle dispari, dunque c’è un blocco strofico che abbraccia due strofe + versi irrelati, senza rima. Questi dati metrici sono funzionali alla comprensione di due elementi essenziali:

- Leopardi costruisce un organismo metrico complesso, allontanandosi dalla tradizione petrarchesca e seguendo le canzoni eroiche di Vincenzo da Filicaia

- L’autore stava cercando di dissolvere la rigida struttura metrica delle canzoni attraverso gli idilli con i loro versi sciolti in un blocco unico, e la canzone libera prima dei quali “A Silvia” con strofe di lunghezza variabile

Anche lo stile segue la stessa complessità, con una sintassi ampia, lessico arcaico e figure retoriche che rendono la lettura difficile come l’iperbato o l’ellisse, aggiungendo inoltre miti rari e allusioni dotte, linguaggio da lui definito “peregrino” ossia raro, volto a evidenziare il legame esistente tra antichità e il fare poesia. I temi vertono invece sulla riscossa culturale e politica italiana nelle prime canzoni, per poi spostarsi sull’infelicità dei personaggi storici come Bruto, ma anche dell’umanità in generale. Infine, le canzoni delineano una poesia etica e civile che sfocia nella disillusione e sottolinea la negatività del vero.

Idilli e temi esistenziali

- Idilli, i 5 idilli (“L’infinito”, “La sera del dì di festa”, “Alla Luna”, “Il sogno” e “La vita solitaria” 1819-21) sono introdotti dal “Passero solitario” composto anni dopo e seguiti da un sento idillio “Odi, Melisso: io vo’ contarti un sogno” inizialmente intitolato “Lo spavento notturno”. Il termine “idilli” indica brevi testi di argomento sentimentale, con ambientazione campestre e fu proprio Leopardi a definirli così, con essi viene introdotta una grande novità dal punto di vista tematico (endecasillabi) e metrico (da minimo 15 a 107) e senza alcuna struttura rimica fissa. Questo genere era particolarmente popolare durante l’età ellenistica con Teocrito e Mosco, tradotto anche dallo stesso Leopardi, ritornò popolare grazie allo svizzero Salomon Gessmer nel suo “Idilli” e in Italia con Ippolito Pindemonte in “Prose Campestri”. I temi esistenziali ricorrenti sono: l’infinito, il tempo e il ricordo, dunque l’idillio è un’esperienza interiore che coinvolge sia il cuore, che la ragione.

- Infinito; è un testo di straordinaria profondità, che dipinge il rapporto tra il limite umano e la sua capacità illimitata di superarlo, l’infinito viene inizialmente affrontato come un’esperienza minacciosa che spaventa il cuore, per poi trasformarsi in piacevole e gratificante.

- La sera del dì di festa; meditazione sulla morte e sulla caducità di ogni cosa, dalla fama al canto del passante che si sbiadisce. L’unico rimedio possibile è il ricordo, in particolare la poesia del ricordo.

- Alla Luna; meditazione sulla “rimembranza”, ossia il ricordo sempre inteso positivamente, infatti, anche se esso è collegato ad eventi passati dolorosi, il solo fatto di ricordarli li immerge in una luce positiva, addolcendoli. Leopardi si correggerà poi, affermando come il ricordo possa essere positivo solo nell’età della giovinezza.

♫ Passero solitario; io poetico lamenta di non potersi godere la gioventù, vivendo nel ricordo e nella speranza, ossia nel passato e nel futuro, e quando sarà vecchio non potrà né sperare né ricordare.

Lo stile arriva ad un discorso “storico (la storia delineata è quella dell’io poetico, avvolto nelle sue esperienze interiori), situazionale (si cala in sfondi paesaggistici definiti) e affettivi. Si nota inoltre una sintonia tra paesaggio naturale e sentimento interiore, possibile grazie a una sintassi semplice, con periodi brevi. Personaggi, lessico e retorica definiscono il senso del vago e dell’infinito, ottenuto grazie alla disposizione di oggetti in lontananza indefiniti, alla lontananza del tempo con il ricordo, alla lontananza dello spazio e alla lontananza lessicale raggiunta grazie ad aggettivi come: “vago”, “ultimo”, “antico”, “lontano” e termini con prefisso in (indefinito, infinito).

Canti pisano-recanatesi

- Canti pisano-recanatesi, composti dunque durante il soggiorno a Pisa e il ritorno a Recanati tra il 1828, anno del ritorno alla poesia con “Il Risorgimento”, e il 1830. In questa categoria si collocano: “A Silvia”, “Le ricordanze”, “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia”, “La quiete dopo la tempesta” e “Il sabato del villaggio”, inserì inoltre “Il passero solitario” composto però anni dopo. Questi canti vennero definiti grandi idilli, ed in effetti si nota un legame: entrambi meditano sull’esistenza che scaturisce dal paesaggio recanatese, tuttavia si percepisce una forte novità metrica (canzone libera, sperimentata per la prima volta in “A Silvia”, le strofe hanno una lunghezza diversa e le rime non seguono schemi). I canti di questo periodo presentano strofe in endecasillabi e settenari che si succedono liberamente ed in rime sciolte, altre novità anche dal punto di vista tematico: Recanati viene trasfigurata nel passato recuperato della memoria. L’io poetico matura e quindi osserva le vicende passate con un occhio adulto, rimpiangendo gli anni della fanciullezza, le sue esperienze personali si universalizzano però al triste destino comune, poesia del “noi”.

- A Silvia, riflette sulla morte precoce della giovane ma nel suo tragico destino, il poeta intravede il proprio, infatti anche le sue giovani speranze svaniranno insieme alla sua gioventù;

- Canto notturno, la voce narrante è quella di un pastore, portavoce di domande di un’intera umanità infelice, solo le pecore si dimostrano felici, in quanto non assaltate del senso della noia, a differenza degli uomini, il cui giorno di nascita ha carattere luttuoso.

- La quiete dopo la tempesta e Il sabato del villaggio, insieme costituiscono un dittico, nel primo viene ribadita la concezione della felicità come breve istante senza dolore, la tempesta fa infatti dimenticare questo stato d’animo attraverso il temporaneo timore che provoca. Il secondo invece si focalizza sul tema del piacere, sabato sera sembrano tutti felici della festività domenicale, tuttavia rimarranno delusi e questa tesi può essere adattata alla vita: l’età migliore è quella che precede la giovinezza e che si attende con tanta gioia, poi delusa.

Il linguaggio recupera alcune caratteristiche degli idilli, come l’utilizzo di parole vaghe e indefinite chiamate da lui “poeticissime”, la sintassi si presente generalmente semplice, Leopardi non rinuncia però a periodi complessi, e alla tensione affettiva conquistata con esclamazioni e interrogazioni.

Ciclo di Aspasia

- Ciclo di Aspasia o canti dell’amore fiorentino, composti tra il 1831 e il 1835, tutti ispirati all’amore non corrisposto tra lui e Fanny Targioni Tozzetti identificata con Aspasia, ossia un’etera (cortigiana) greca di Mileto famosa per la sua bellezza e la sua cultura e amante di Pericle. Comprende (“Il pensiero dominante”, “Amore e Morte”, “A se stesso”, “Aspasia” e “Consalvo”, quest’ultimo viene però collocato nei Canti).

- Pensiero dominante, l’amore è capace di dominare le facoltà dell’uomo, facendogli ammirare la vita con occhi diversi, l’amore rimane un’illusione in grado però di resistere contro gli assalti della verità;

- Amore e Morte, l’amore è un’esperienza di valore assoluto, paragonabile solo alla morte, tanto che l’innamorato non ha paura della morte, la invoca senza timore;

- A se stesso, cambia bruscamente l’atmosfera, l’amore diventa delusione e inganno;

- Aspasia, l’amante deluso ammira la bellezza della donna ma lo incolpa per averlo ingannato, la sua vita si riduce ad una notta buia senza illusioni o speranze;

Il ciclo, vera e propria teoria dell’amore, è un blocco compatto dal punto di vista narrativo (primi due canti esprimono bellezza dell’amore, ultimi due visti dal punto di vista negativo della delusione amorosa), e ideologico (descrizione e riflessione intrecciati tra di loro). Il linguaggio è aspro, le frasi interrogative diminuiscono sostituite da affermazioni che si presentano come sentenze definitive e lapidarie. Leopardi abbandona le parole del vago e dell’indefinito, preferendo campi semantici del mistero, della terribilità, la caduta dell’illusione amorosa porta alla disperazione assoluta e da qui si sviluppa la rappresentazione dell’eroica resistenza contro la malvagità del destino.

Canti napoletani

- Canti napoletani, comprende “Sopra un bassorilievo antico sepolcrale”, “Sopra il ritratto di bella donna”, “Palinodia al marchese Gino Capponi”, “La ginestra o fiore del deserto” e “Il tramonto della Luna”. I veri protagonisti sono la morte, la vecchiaia, e la natura creatrice-distruggitrice, quindi l’io poetico viene emarginato a favore della riflessione impersonale e generale che assume un valore universale. La Ginestra è fondamentale perché introduce la solidarietà degli uomini, per poter sopportare il peso del fato, il fiore è simbolo in quanto trasforma le pendici laviche in una distesa colorata e profumata. Lo stile è severo e oggettivo, il canto dà vita ad una poesia che unisce pensiero e liricità. La strofa libera viene estremizzata con dimensioni grandiose e alternarsi di rime e assonanze.

Struttura dei Canti

Leopardi fece molta attenzione alla cura della struttura dell’opera, correggendo versi e riposizionando poesie, di modo che la sequenza narrativa non coincidesse strettamente con quella cronologica. Si intrecciano dunque diverse modalità di intrecciamento:

- Metrico, le dieci canzoni sono infatti presentate insieme;

- Cronologico, generalmente rispettato;

- Tematico, raggruppati ad esempio i componimenti dedicati a Fanny Targioni Tozzetti

I Canti sono un libro che ruota attorno all’io e alle sue vicende, divise in 5 parti:

1. Canzoni. Qui l’io si maschera dietro il linguaggio aulico della tradizione classica, attraverso figure importanti del passato, diviene inoltre essenziale il tema della disillusione.

2. Idilli. L’io diventa protagonista concretizzando i suoi sentimenti e esperienze interiori nella poesia, il tema a lui caro in questa fase è l’amore, per Leopardi irraggiungibile in vita dato che la donna amata non è una figura reale, bensì “una donna che non si trova”. Il blocco si chiude con la lettera al conte Carlo Pepoli, in cui l’io poetico afferma che “sotto ogni cielo, vive e regna la tristezza”.

3. Canti pisano-recanatesi. Blocco introdotto da “Il risorgimento”, il quale idealizza la resurrezione dell’io poetico parziale in quanto fondata sulla memoria rivolta al passato, e non alla speranza che guarda al futuro. Il “Canto notturno” ribadisce inoltre l’infelicità universale (“è funesto a chi nasce il dì natale”), mentre gli altri componimenti sembrano voler conquistare brevi istanti di forza vitale, di cui il poeta ne conosce la provvisorietà

4. Ciclo di Aspasia. Si ricollega alla seconda parte, riprendendo il tema dell’amore, e alla prima, recuperando lo stile energico, l’io però si oppone al suo destino e alla natura, metaforicamente rappresentati nell’amore, visto come un’illusione che esalta le qualità dell’uomo, ma una volta finito causa disperazione.

5. Canti napoletani. Medita sui temi a lui cari, come la morte dei giovani o la precarietà della vita, tuttavia l’io autobiografico diventa un io filosofico, voce che riflette su queste tematiche universali. Leopardi propone dunque nella Ginestra una soluzione all’infelicità: solidarietà tra gli uomini, invitati ad aiutarsi a vicenda in nome del triste destino che li accomuna.

Operette Morali

Nel 1827 (stesso anno “Promessi Sposi”), l’intero gruppo delle 20 opere in prosa che Leopardi scrisse vennero raccolte nel volume delle “Operette Morali”, a cui poi ne vennero aggiunte altre 5: due entrarono nella seconda edizione del 1834 (“Dialogo di un venditore d’almanacchi e di un passeggere” e “Dialogo di Tristano e di un amico), mentre le altre furono lasciate inedite fino alla Starita del 1835 per paura della censura (“Frammento apocrifo di Stratone di Lampsaco”, “Il Copernico. Dialogo”, “Dialogo di Plotino e di Porfirio”). Ciò nonostante, la loro stesura risalisse principalmente al 1824, 5 anni prima descrisse inoltre l’intenzione di scrivere “dialoghi satirici alla maniera di Luciano, ma tolti i personaggi o il ridicolo da costumi presenti o moderni”. L’aggettivo morali si riferisce all’ambito della filosofia morale (antenato scienze umane), la quale si concentra sugli atteggiamenti degli uomini, mentre operette evidenzia l’intento di non presentarsi con l’ordine di un trattato, ma che procede utilizzando il dialogo, genere per eccellenza nella trasmissione di verità. Leopardi venne ispirato dai “Dialoghi” dello scrittore greco Luciano di Samosata: scritti brevi, spesso dialoghi, scritti in stile elegante e satirico, con obiettivo di ironia gli uomini, gli dei e la società, da qui riprende:

- Varietà di forme (dialoghi, brevi trattati, narrazioni ed elogi)

- Elementi fantastici (gnomi, folletti, gallo silvestre), storici (Torquato Tasso, Cristoforo Colombo) e mitologici (Ercole, Atlante)

- Stile elegante ma al contempo ironico

Il genere classico dialogico mette a confronto il possessore di verità con il possessore di idee sbagliate confutate, Leopardi invece utilizza dialoghi paritetici, in cui la verità viene costruita progressivamente da entrambi e chi possiede la verità non adotta mai un atteggiamento presuntuoso. I dialoghi sono in totale 16, ma gli altri generi sembrano nascondere il dialogo:

- Una novella presenta parti dialogate (“Scommessa di Prometeo”)

- Secondo personaggio ridotti ai minimi termini, compare appena

- Interlocutore è il lettore stesso, attraverso monologhi, non soliloqui

Le operette morali teorizzano la consapevolezza leopardiana della caduta di ogni speranza (“poeta del disincanto”), uno dei temi principali è la critica ai falsi miti contemporanei, come il progresso scientifico, sociale ed economico; la fede in Dio, nella ragione e nell’uomo. Un tipo di filosofia negativa, che lui obiettò nello Zibaldone come filosofia volta a smentire le false credenze su cui si fonda la società, come antropocentrismo. A questo proposito, la natura viene interpellata come matrigna indifferente che vede gli uomini come elementi travolti dalla sua macchina creatrice e contemporaneamente distruttrice, illusi dalla speranza di poter essere felici. Il suicidio non è tuttavia contemplato, è necessario sopportare con dignità la noia ed il dolore per aiutare chi ci ama a sopportare il peso della loro vita, senza accentuarlo con la nostra possibile morte premeditata. L’ironia e la satira sono elementi fondamentali, già percepibile nel titolo, che sembra sminuire il valore di un’opera filosofica, inoltre appare percettibile nelle situazioni paradossali: la presunzione degli uomini convinti che il mondo sia fatto per loro ma visto dagli occhi di uno gnomo o l’illusione del venditore di almanacchi nella speranza dell’anno migliori (atteggiamenti dell’uomo, che sembra prestarsi con i suoi difetti ad essere ridicolizzato). L’ironia diventa ancora più evidente con la tecnica dello straniamento, ossia nell’esposizione di fatto da un punto di vista insolito, qui la vita degli uomini è infatti analizzata da osservatori estranei come gnomo, folletto, Morte, Moda (critica ma senza giudizio, le mostra semplicemente da altri occhi).

Leopardi ricercava una prosa moderna nella quale si potesse trattare il vero, si rifece dunque al modello di Galileo, in grado di plasmare la lingue e lo stile alla rappresentazione di difficile verità. Il linguista Maurizio Valle afferma la presenza di due registri stilistici:

1. Relativo all’esercizio del pensiero

2. Relativo alla commozione del sentimento

La prima serve a sottolineare la verità oggettiva, mentre la seconda vuole stimolare la partecipazione emotiva del lettore.

Dialoghi e ironia

Il 4 Settembre del 1820, Leopardi scrisse una lettera a Pietro Giordani: “in questi giorni ho immaginato e abbozzato certe prosette satiriche”, a questo periodo risalgono alcune operette (“Dialogo tra due bestie per esempio un cavallo e un bue”, “Dialogo di un cavallo e di un bue”, “Dialogo di Senoconte e Machiavello”, “Dialogo tre un galantuomo e il mondo”, “Dialogo tra un filosofo greco, Murco senatore romano, popolo romano, congiurati”. Il 27 Luglio 1821 dichiara nello Zibaldone di puntare sulla forza del ridicolo per riscuotere la “mia povera patria e secolo, in dialogo e novelle lucanee che avrebbero dovuto portare la commedia a quello che finora è stato proprio nella tragedia, cioè, i vizi dei grandi, i principi fondamentali delle calamità e della miseria umana, gli assurdi della politica le sconvenienze appartenenti alla morale universale e alla filosofia, l’andamento e lo spirito generale del secolo, la somma delle cose, della società, della civiltà presente, le disgrazie e le rivoluzioni e le condizioni del mondo, i vizi e le infamie non degli uomini ma dell’uomo, lo stato delle nazioni ecc.”

Fu Platone, per veicolare la propria dialettica, ad utilizzare la forma dialogica, imparata da Socrate, il quale adottò due modalità: prima sfruttava l’ironia per fingere di accettare la tesi dell’avversario per poi smontare pregiudizi e luoghi comuni (pars denstruens), successivamente edifica la visione corretta con la maieutica (pars costruens). Sua madre era un’ostetrica e lui fa partorire la verità facendo arrivare l’intelletto dell’interlocutore, di modo di dare l’impressione che non sia una verità imposta e che ci sia arrivato lui, base della pedagogia.

Paralipomeni e satira

I “Paralipomeni della Batracomiomachia” è un poemetto eroicomico di canti in ottave scritto tra il 1831 e il 1837 ma pubblicato solo nel 1842 a Parigi. Batracomiomachia si credeva fosse un’opera di Omero, quando in realtà fu scritta in epoca ellenistica, il termine greco significa guerra tra rane e topi, questi alla fine fuggono a causa di Zeus e dei granchi. Paralipomeni significa continuazione, l’opera di Leopardi si presenta dunque come il proseguimento di quella greca con tuttavia riferimenti alla storia contemporanea, in particolare ai moti toscani del 1831 e gli avvenimenti napoletani tra 1815-1821: i topi sono i liberali, le rane sono i reazionari e i granchi sono gli austriaci, che intervengono in difesa delle rane. Furono scritti negli stessi anni in cui Leopardi dette sfogo alla satira con “Palinodia al marchese Gino Capponi” e la canzone “I nuovi credenti”, questa satira si scatenava su reazionari, austriaci e liberali (tutti credono in miti sfatati nelle operette), anche se riserva una simpatia per il conte Leccafondi, il loro leader.

Pensieri e riflessioni

I “Pensieri” furono scritti tra il 1832-36 ma pubblicati nel 1845 da Ranieri, sono 111 brevi riflessioni che hanno per argomento “i caratteri degli uomini e il loro comportamento nella società”. Tema già affrontato in “Operette Morali” e “Zibaldone” però interpretati in maniera differente, con il compito di mostrare all’umanità il male che gli uomini si fanno a vicenda con il loro comportamento immorale come avidità, falsità e orgoglio. Essi, anziché unirsi contro la natura, si trattano come nemici, questa denuncia prende forma nel genere dell’aforisma.

Domande da interrogazione

  1. Qual è il significato delle lettere di Leopardi e chi erano i principali destinatari?
  2. Le lettere di Leopardi, in totale 900, offrono un ritratto formale dell'autore, mostrando la sua grande cultura e i suoi progetti. I principali destinatari erano studiosi, intellettuali, familiari e amici intimi come Pietro Giordani.

  3. Quali sono le caratteristiche principali delle opere giovanili di Leopardi?
  4. Le opere giovanili di Leopardi, scritte tra il 1809 e il 1816, includono tragedie, composizioni poetiche e opere storico-erudite. Sono caratterizzate da una vasta gamma di interessi e un'impostazione razionale che confronta concezioni pagane con verità cristiane.

  5. Cosa rappresenta lo "Zibaldone" e qual è la sua importanza?
  6. Lo "Zibaldone" è un quaderno di riflessioni filosofiche e materiali disordinati di Leopardi, non destinato alla pubblicazione. È importante perché permette di ricostruire le fasi del pensiero leopardiano e offre spunti per le sue opere.

  7. Quali sono i temi principali dei "Canti" di Leopardi?
  8. I "Canti" di Leopardi trattano temi universali come l'infelicità, l'amore, la memoria e la natura. Sono divisi in diverse fasi, ognuna con un focus tematico specifico, e rappresentano l'opera della vita di Leopardi.

  9. Qual è il ruolo dell'ironia nelle "Operette Morali" di Leopardi?
  10. L'ironia nelle "Operette Morali" è fondamentale per criticare i falsi miti contemporanei e le illusioni umane. Leopardi utilizza dialoghi paritetici e situazioni paradossali per esporre la presunzione umana e la natura indifferente.

Domande e risposte

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