Concetti Chiave
- Il "Canto notturno di un pastore errante dell'Asia" è stato composto tra il 1829 e il 1830 e si ispira ai pastori asiatici che osservano la luna, creando riflessioni malinconiche.
- Le tematiche principali includono la monotonia dell'esistenza, la visione atea della morte, la sofferenza intrinseca della vita e l'infelicità universale.
- Leopardi utilizza un personaggio primitivo per esprimere il passaggio dal pessimismo storico a quello cosmico, evidenziando l'infelicità umana come universale e atemporale.
- Il linguaggio del canto è essenziale e puro, privo delle inflessioni delle illusioni, con un paesaggio astratto che richiama l'infinito e il tempo eterno.
- Le scelte lessicali, come "silenziosa luna" e "vecchierel bianco", richiamano riferimenti classici e riflettono la visione pessimista di Leopardi sul significato della vita.

Indice
Informazioni generali sul Canto: composizione, ispirazione, tematiche
“Canto notturno di un pastore errante dell'Asia” è tratto dalla raccolta poetica leopardiana dei “Canti” ed è stato composto tra il 22 ottobre del 1829 e il 9 Aprile del 1830 e pubblicato per la prima volta nella raccolta canti nel 1831.
Anche se è l'ultimo in ordine di composizione dei canti recanatesi. Fu collocato prima della “Quiete dopo la tempesta” e del “Sabato del villaggio”. Leopardi prese spunto per scrivere questo canto da un articolo tratto da “Journal des savants” del settembre 1826, da cui apprendeva che i pastori nomadi dell'Asia centrale trascorrevano le notti seduti su una pietra a guardare la luna e improvvisare parole molto malinconiche su arie tristi. La poesia è composta da sei strofe di diversa lunghezza, composte di endecasillabi, settenari, rimati in modo libero.
Le tematiche principali sono:
- Monotonia dell'esistenza e senso della vita = in essa si ripetono sempre le stesse azioni e gli stessi gesti e quindi ci si chiede che senso abbia e a quale fine tenda la vita
- La morte e il nulla = la visione è completamente atea, che nasce da una concezione materialistica
- La vita come sventura = la nascita stessa è un trauma che provoca sofferenza e spesso morte
- La noia = gli animali non patiscono questo sentimento, perché privi di conoscere
- Il mistero esistenziale
- Un sogno di liberazione
- L'eterna infelicità delle creature = il giorno della nascita è infelice per uomini e animali
Analisi approfondita del canto: uomo, ragione, vero
Il poeta non parla in prima persona perché il canto è pronunciato da un uomo primitivo, semplice e ingenuo. Leopardi riteneva i primitivi più vicini alla natura perché erano inconsapevoli della realtà e quindi più felici dell'uomo moderno. Il primitivo e filosofo, come gli uomini civilizzati, e percepisce l'infelicità propria e universale. Questo è l'indizio del passaggio dal pessimismo storico al pessimismo cosmico che vede l'infelicità come propria dell'uomo di tutti i tempi, in tutti i luoghi e in tutte le condizioni. Il canto si distingue incredibilmente dagli altri idilli perché non è basato sulla memoria e sul “caro Immaginar”, ma è una ferma e lucida riflessione che parte da semplici interrogativi e coinvolge i grandi problemi esistenziali. Il linguaggio, quindi, nonostante l'essenzialità e la purezza tipiche della sintassi leopardiana, non ha tutte quelle inflessioni che nascono dall'impulso delle illusioni. Anche il paesaggio risulta diverso da quello degli altri idilli, perché è astratto e metafisico. Rimane comunque quella suggestione che aveva caratterizzato all'infinito:
- sempiterni calli
- eterni giri
- corso immortale
- silenziosa luna
- deserto piano
- aria infinita
- solitudine immensa
- tacito e infinito andar del tempo
- in suo giro lontano, al ciel confina

Alcune scelte lessicali e stilistiche
Sono da segnalare alcune scelte dell’autore:
- silenziosa luna = l’attributo sembra esprimere la consapevolezza che il pastore si interrogherà su questioni che non avranno risposta. Questa espressione richiama Virgilio, nell’Eneide “tacitae per amica silentia lunae”
- Vecchierel bianco = per rispondere al quesito sul significato della vita, Leopardi utilizza l’immagine di un essere debolissimo sottoposto a una fatica disumana e inutile; dal punto di vista stilistico si tratta di una similitudine; il concetto che esprime rinvia allo Zibaldone, 17 gennaio 1826: «Che cosa è la vita? Il viaggio di uno zoppo e infermo che con un gravissimo carico in sul dosso, per montagne ertissime e luoghi sommamente aspri, faticosi e difficili, alla neve, al gelo, alla pioggia, al vento, all’ardore del sole, cammina senza mai riposarsi dì e notte uno spazio di molte giornate per arrivare a un cotal precipizio, o un fosso, e quivi inevitabilmente cadere».
-
Vergine luna = tale era considerata la divinità lunare, Ecate/Artemide, nella mitologia classica; ma vergine anche nel senso di intatta, ossia non toccata, non corrotta dalla misera ed insostenibile esistenza mortale.
Prova pena e tormento per prima cosa = Leopardi considera il pianto del neonato all’atto della nascita un’espressione di dolore. Qui si scorge l’eco di un passo famoso del poeta latino Lucrezio (I secolo a.C.), materialista e pessimista, che nel poema De rerum natura dice scrive: «vagituque locum lugubri complet, ut aequumst / cui tantum in vita restet transire malorum». Ma Leopardi sicuramente ha presente anche un frammento di un antico lirico greco del VI-V secolo a.C., Teognide, che afferma: «Di tutte le cose, la migliore per gli uomini è non essere mai nati». - Poi che crescendo viene = In altra forma le medesime considerazioni dei versi 43-51 si leggono in Zibaldone, 13 agosto 1822 (2607): «Così tosto come il bambino è nato, convien che la madre che in quel punto lo mette al mondo, lo consoli, accheti il suo pianto, e gli alleggerisca il peso di quell’esistenza che gli dà. E l’uno de’ principali uffizi de’ buoni genitori nella fanciullezza e nella prima gioventù de’ loro figliuoli, si è quello di consolarli, d’incoraggiarli alla vita; perciocché i dolori e i mali e le passioni riescono in quell’età molto più gravi, che non a quelli che per lunga esperienza, o solamente per esser più lungo tempo vissuti, sono assuefatti a patire. E in verità conviene che il buon padre e la buona madre studiandosi di racconsolare i loro figliuoli, emendino alla meglio, ed alleggeriscano il danno che loro hanno fatto col procrearli. Per Dio! Perché dunque nasce l’uomo? e perché genera? per poi racconsolar quelli che ha generati dal medesimo essere stati generati?».
- Questo io conosco e sento = Se la luna sa tutto, il pastore sa una sola cosa: non solo conosce intellettualmente, ma sente anche psicologicamente e fisicamente che per lui la vita è male.
Domande da interrogazione
- Qual è l'ispirazione dietro il "Canto notturno di un pastore errante dell'Asia"?
- Quali sono le tematiche principali del canto?
- Come si distingue il "Canto notturno" dagli altri idilli di Leopardi?
- Qual è la visione di Leopardi sulla vita e l'infelicità?
- Quali scelte lessicali e stilistiche sono significative nel canto?
Leopardi si ispirò a un articolo del "Journal des savants" del 1826, che descriveva i pastori nomadi dell'Asia centrale che trascorrevano le notti a guardare la luna e a improvvisare parole malinconiche.
Le tematiche principali includono la monotonia dell'esistenza, la morte e il nulla, la vita come sventura, la noia, il mistero esistenziale, un sogno di liberazione e l'eterna infelicità delle creature.
Il "Canto notturno" si distingue per la sua riflessione lucida e ferma sui grandi problemi esistenziali, a differenza degli altri idilli che si basano sulla memoria e sull'immaginazione.
Leopardi adotta una visione di pessimismo cosmico, vedendo l'infelicità come una condizione universale e atemporale dell'uomo, indipendentemente dal tempo e dal luogo.
Alcune scelte significative includono l'uso di "silenziosa luna" per esprimere la consapevolezza del pastore e "vecchierel bianco" come similitudine per la fatica della vita, oltre a riferimenti a figure mitologiche e letterarie.