Concetti Chiave
- "Ultimo canto" è una lirica di Giovanni Pascoli scritta nel 1891 per celebrare il matrimonio dell'amico Raffaello Marcovigi, facente parte della raccolta "Myricae".
- Il poema si divide in tre terzine di endecasillabi, con uno schema di rime ABB ACC CDE e diverse figure retoriche come enjambement, allitterazione e metafora.
- Il paesaggio descritto è privo di presenza umana, con la natura che appare distante e gli unici elementi vivi sono il vento e gli uccelli, simboli di solitudine e fragilità.
- La sfogliatrice è l'unica presenza umana, percepita solo attraverso il suo canto, che richiama il destino e la sofferenza dell'amore.
- Pascoli utilizza un linguaggio post-grammaticale, con termini specifici per animali e piante, dipingendo un paesaggio autunnale con toni di malinconia e distacco.
Indice
Contesto e struttura della lirica
“Ultimo canto” è una lirica composta nel 1891 in occasione delle nozze dell’amico Raffaello Marcovigi.
Appartiene alla raccolta di poesie Myricae e rientra nella decima sezione “In campagna”. Le poesie di questa sezione hanno come oggetto l’ambiente rurale della provincia romagnola descritto in modo idilliaco e malinconico.
Si divide in tre terzine, ovvero in tre strofe da tre versi ciascuna.
I dodici versi di cui è composto sono in endecasillabi, ogni verso è formato quindi da undici sillabe in cui l’accento principale si trova sulla decima.
Lo schema delle rime è ABB ACC CDE, le rime presenti in questa lirica sono tre:
- vv. 1-4 (lento-vento)
- vv.2-3 (ancora-trascolora)
- vv. 5-6-7 (s’invola-viola-gola)
Figure retoriche e temi ricorrenti
Le figure retoriche principali che si possono trovare in questa lirica sono:
- enjambements -> ne sono presenti due (vv. 1-2 e vv. 8-9) e spezzano il ritmo del componimento, spezzando la frase alla fine di un verso per poi concluderla in quello successivo
- allitterazione -> di “l” e “n” nei vv. 1-3; di “f”, “r”, “s” e “a” nei vv. 4-7, due o più parole che si trovano vicine contengono le stelle lettere ripetute con frequenza
- onomatopea -> v. 4 “cartocci”, riproduce un suono attraverso espressioni che richiamano il suono stesso
- metafora -> v. 6 “il cielo è un gran pallore di viola”
- sineddoche -> viene utilizzata una parte per il tutto, nel v. 2 viene infatti usato “l’occhio” per indicare lo sguardo
Descrizione del paesaggio e simbolismo
In questa lirica emerge un paesaggio vuoto di presenza umana, come in “Lavandare”, e richiama alla condizione stessa dell’uomo. Anche il fatto che la sfogliatrice non si “vede” emerge anche in “Lavandare” con la lavadaia
Come in molte liriche della poetica pascoliana, sono presenti gli uccelli, come ad esempio in “X Agosto” e in “L’assiuolo”.
Sono presenti termini appartenenti al linguaggio post-grammaticale, caratterizzato da un linguaggio settoriale tecnico e dall’utilizzo di termini specifici per indicare gli animali (“passeri”), le piante (“pannocchie”) ed elementi appartenenti al mondo della campagna (“sfogliatrice”).
In questa lirica, Giovanni Pascoli ritrae, come se fosse un pittore impressionista, un tramonto autunnale dopo il passaggio di un temporale. Siamo a inizio autunno e lo si capisce dal fatto che è il periodo di raccolta del granoturco e per il sole che non è più caldo come d’estate, ma è un “solicello”. Il momento della giornata è il tramonto e lo si capisce dal fatto che è il cielo è “un gran pallore di viola”, ovvero uno dei colori caratteristici del tramonto.
Il paesaggio descritto è privo di ogni presenza umana e la natura viene espressa come distante e lontana dalle vicende umane.
Il vento e gli uccelli sono l’unica presenza “viva” che creano il movimento in una natura che altrimenti sarebbe stata solamente statica. Questi due elementi sono sinonimi di solitudine, di fragilità della vita e di abbandono, poiché il vento è considerato fragile e i passeri volano in alto e lontani.
Anche in questa lirica emerge un elemento che fa riferimento al lutto e alla morte ed è il colore viola del cielo.
Presenza umana e significato del canto
In questo paesaggio c’è anche una presenza umana, ovvero la sfogliatrice (chi leva le foglie alle pannocchie di granoturco), di cui si conosce la sua presenza solo perché la si sente cantare e non perché la si può vedere.
Gli ultimi due versi appartengono ad una parte di una canzone popolare e lo si intuisce dall’espressione “canta la sfogliatrice a piena gola “ seguita dai due punti e dalla diversa musicalità che assumono i due versi rispetto ai precedenti. Il canto richiama il destino dell’uomo riservato a chi cerca l’amore e racconta l’amore che si trasforma in sofferenza.
Domande da interrogazione
- Qual è il contesto in cui è stata scritta la lirica "Ultimo canto"?
- Quali sono le principali figure retoriche presenti nella lirica?
- Come viene descritto il paesaggio nella lirica e quale simbolismo emerge?
- Qual è il ruolo della presenza umana nel paesaggio descritto?
- Qual è lo schema metrico e delle rime della lirica?
"Ultimo canto" è stata composta nel 1891 per le nozze dell'amico Raffaello Marcovigi e fa parte della raccolta Myricae, nella sezione "In campagna", che descrive l'ambiente rurale romagnolo in modo idilliaco e malinconico.
Le figure retoriche principali includono enjambements, allitterazione, onomatopea, metafora e sineddoche, che contribuiscono a spezzare il ritmo e a creare immagini vivide.
Il paesaggio è descritto come privo di presenza umana, con elementi naturali come vento e uccelli che simboleggiano solitudine e fragilità. Il colore viola del cielo richiama il lutto e la morte.
La presenza umana è rappresentata dalla sfogliatrice, che non si vede ma si sente cantare, il cui canto popolare riflette il destino e la sofferenza dell'amore umano.
La lirica è composta da tre terzine di endecasillabi con schema metrico ABB ACC CDE, utilizzando rime come lento-vento, ancora-trascolora, e s’invola-viola-gola.