Giovi_Gurri
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Concetti Chiave

  • Myricae is Pascoli's masterpiece, named after a Virgilian reference, symbolizing simple and humble nature through the representation of tamarisk shrubs.
  • The collection features brief poems with varied traditional meters, including the complex novenari, depicting small, familial, and rural life scenes.
  • Pascoli's formal solutions include simple syntax with asyndetic coordination and a plurilingual approach, creating a childlike language rich in onomatopoeia.
  • Pascoli's language is described by Contini as pre-grammatical, using sound symbolism, and post-grammatical, with precise scientific nomenclature.
  • The themes explore a mysterious, non-idyllic nature, focusing on concepts like the "nest" as a safe origin and the "hedge" as protection, with a recurring connection to childhood and mortality.

Indice

  1. Il Capolavoro di Pascoli
  2. La Semplicità della Sintassi
  3. Il Linguaggio di Pascoli
  4. La Natura Misteriosa
  5. I Miti Pascoliani

Il Capolavoro di Pascoli

L’opera Myricae è il grande capolavoro di Pascoli. Myrice è una citazione della quarta bucolica di Virgilio: “Non omnes arbusta iuvant humilisque myricae” aveva scritto il grande poeta di Mantova, “non a tutti piacciono gli arbusti e le umili tamerici “. Virgilio stava esprimendo l’intenzione di elevare il tono nella quarta bucolica perché non a tutti piaceva il tono umile adottato nel resto della raccolta . Pascoli invece decide di rappresentare proprio le tamerici, che sono degli arbusti spontanei molto diffusi nel mediterraneo, quindi sono simbolo di una natura semplice e umile. La raccolta comprende molti componimenti. La prima edizione è del 1897 ,successivamente ve ne saranno altre in cui Pascoli aumenterà il numero delle liriche. Si tratta di componimenti molto brevi (14/ 20 versi anche se molti ne contengono ancora meno) dove vengono rappresentati quadretti naturali. Pascoli adotta una grande varietà di metri, quasi tutti tradizionali ma con qualche innovazione. Per esempio scrive molto in novenari che erano dei versi piuttosto complicati per il ritmo e quindi poco usati nella tradizione italiana, ma che lui combina in strofette di varia misura. In questa raccolta Pascoli rappresenta un mondo fatto di piccole cose, scene di vita familiare oppure di vita di campagna e adotta straordinarie soluzioni formali per rappresentarlo.

La Semplicità della Sintassi

La sintassi è di estrema semplicità, prevale la coordinazione ed è ricca di asindeti ,quindi parliamo di una coordinazione solo con la punteggiatura o addirittura senza, perché in questa estrema semplicità vuole restituire il linguaggio tipico dei bambini. Caratteristica è anche il plurilinguismo, quindi la necessità di dare voce ad ogni singolo aspetto della natura indicandolo con il linguaggio che gli è proprio.

Il Linguaggio di Pascoli

Particolarmente significativa è la definizione che il grande linguista Contini dà del linguaggio di Pascoli. Contini parla di un linguaggio pre e post grammaticale:

- pre grammaticale perché è un linguaggio fonosimbolico, cioè prima ancora che con il significato il linguaggio evoca le cose attraverso i suoni, infatti in questa poesia abbondano le onomatopee che sono le figure di suono con le quali il poeta riproduce direttamente o indirettamente i suoni della natura.

- post grammaticale , perché è un linguaggio iper specialistico ( facciamo riferimento quindi alla nomenclatura). È un linguaggio che risentendo degli studi scientifici vicini al positivismo individua con estrema precisione linguistica ogni elemento naturale, sia in ambito botanico che animale.

Va poi sottolineato il ricorso all’analogia che avvicina tra di loro elementi lontanissimi per far scaturire dal loro incontro il senso misterioso delle cose; in questo Pascoli sarà il padre di tutta la poesia di inizio novecento. Anche il ricorso alla sinestesia (tipica della poesia decadente europea) è da sottolineare, con il poeta che ha l’obbiettivo di confondere i piani sensoriali e di rappresentare la natura sotto ogni punto di vista.

La Natura Misteriosa

La natura non viene rappresentata in modo naturalistico, quindi non c’è alcun intento realistico nella sua rappresentazione. Al contrario Pascoli guarda la natura attraverso il filtro della sua soggettività. Si tratta quindi di una natura sempre misteriosa e inquietante perché contiene una forza originaria e subdola che si esprime attraverso dei segni indecifrabili. È una natura che perde i suoi connotati e sfuma quasi nella dimensione del sogno. In realtà l’occhio e le orecchie del poeta sono tesi a percepire il mistero che è all’interno della natura, ad ascoltare i segni con cui riesce ad entrare in contatto con essa. La presenza umana è del tutto assente oppure quando è presente si confonde con gli elementi della natura, che viene antropomorfizzata, cioè viene deformata e caricata delle inquietudini e delle ossessioni tipicamente umane. Da questa descrizione possiamo capire che la natura quindi non ha nulla di idillico, piuttosto è una natura inquietante e decadente perché carica delle ossessioni soggettive del poeta.

I Miti Pascoliani

La raccolta da punto di vista contenutistico contiene i miti tipici della poesia pascoliana. Primo fra tutti quello del nido. Il nido è il luogo dove la vita ha origine, unico luogo nel quale la vita è veramente al sicuro. A questo tema si affianca quello della siepe, di evidente ascendenza leopardiana, però inteso da Pascoli in modo totalmente opposto. La siepe rappresenta il confine che protegge il nido dall’incursione della violenza e della crudeltà del mondo esterno, è quindi una sorta di protezione dell’intimità del nido. Costante è poi il ritorno del poeta al mondo dell’infanzia che però per Pascoli si traduce in un tentativo di far rivivere i propri morti ( genitori, fratelli, sorelle, figure di bambini morti che sono anche difficili da identificare ). La bellezza di questa poesia sta proprio in questo paradosso, nella vicinanza delle presenze delle persone che non ci sono più ( che il poeta continua a sentire vive dentro di se, nei propri sentimenti, nella propria memoria), e l’irraggiungibilità di queste stesse presenze, perché la morte le ha sottratte per sempre ( Pascoli non crede nell’immortalità dell’anima o per lo meno spesso si dichiara agnostico).I momenti migliori in realtà di questa poesia sono quelli in cui il poeta rappresenta la comunicazione impossibile tra i vivi e i morti, nonostante entrambi ne abbiano la volontà e il desiderio. Ad esempio Pascoli rappresenta sé stesso che piange con lo stesso pianto della madre morta, come se la sentisse ancora viva dentro di sé, oppure quando rappresenta la mano della madre morta che accarezza la sua testa prima di dormire; ecco in questo c’è quella commistione di vita e morte che è

Domande da interrogazione

  1. Qual è il capolavoro di Pascoli e quale simbolismo rappresenta?
  2. Il capolavoro di Pascoli è "Myricae", che rappresenta la natura semplice e umile attraverso il simbolismo delle tamerici, arbusti spontanei del Mediterraneo.

  3. Come si caratterizza la sintassi nelle opere di Pascoli?
  4. La sintassi di Pascoli è estremamente semplice, con prevalenza di coordinazione e asindeti, per restituire un linguaggio simile a quello dei bambini.

  5. Quali sono le caratteristiche distintive del linguaggio di Pascoli secondo il linguista Contini?
  6. Contini definisce il linguaggio di Pascoli come pre e post grammaticale, con un uso fonosimbolico e iper specialistico, ricco di onomatopee e precisione linguistica.

  7. Come viene rappresentata la natura nelle poesie di Pascoli?
  8. La natura è rappresentata in modo misterioso e inquietante, filtrata dalla soggettività del poeta, senza intento realistico, e spesso antropomorfizzata.

  9. Quali miti tipici si trovano nella poesia pascoliana?
  10. I miti tipici includono il nido, simbolo di sicurezza e origine della vita, e la siepe, che protegge il nido dalla crudeltà esterna, oltre al ritorno al mondo dell'infanzia e la comunicazione impossibile tra vivi e morti.

Domande e risposte

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