Concetti Chiave
- La novella "Chichibio e la gru" illustra il potere dei "leggiadri motti", ovvero l'abilità di risolvere situazioni complesse con l'uso arguto delle parole.
- Chichibio, un cuoco veneziano, riesce a evitare guai con il suo padrone Corrado grazie a una battuta improvvisata e ingegnosa.
- I temi principali includono l'imprudenza punita, l'astuzia di evadere le situazioni difficili e la magnanimità verso chi è socialmente inferiore.
- Le tre risposte di Chichibio dimostrano la sua capacità di improvvisazione, culminando in una risposta che scioglie la tensione e porta al perdono.
- Il racconto esalta la virtù della prontezza di spirito e la grandezza d'animo, mostrando come anche persone di bassa estrazione sociale possano dimostrarsi degne di rispetto.
Indice
L'arte della parola nel Decameron
La sesta giornata del Decameron è dedicata ai «leggiadri motti», cioè all’uso sapiente della parola, capace di risolvere in modo imprevisto anche le situazioni più intricate. La narratrice Neifile racconta la vicenda di Chichibio, il cuoco veneziano che con un’arguta battuta risolve con prontezza di spirito una situazione che si è fatta, per lui, insostenibile.
● l’imprudenza punita
● la capacità di farla franca con una battuta spiritosa
● la magnanimità di chi accetta lezioni da qualcuno che gli è socialmente inferiore
La vicenda di Chichibio e Corrado
Dopo essere stato a caccia nei pressi di Peretola, il ricco banchiere fiorentino Corrado Gianfigliazzi torna con una preda: una grassa gru, che consegna al cuoco Chichibio. Nella cucina la serva Brunetta, sentito il buon odore dell’animale in cottura, chiede al cuoco la coscia della gru e lui, che è innamorato di lei, gliela concede dopo una lunga discussione. A tavola, il padrone si accorge che nel piatto manca una coscia: chiede spiegazioni al cuoco, il quale non vuole ammettere il furto e afferma che le gru hanno una sola zampa. Corrado, sentendosi preso in giro, esige che Chichibio gli dimostri la verità di quell’affermazione. L’indomani, nei pressi di un fiume, il cuoco mostra al padrone alcune gru che riposano su una zampa sola. Corrado allora con un grido fa volar via gli uccelli, che mostrano così entrambe le cosce. Il furto di Chichibio è stato smascherato, ma il cuoco risponde con una battuta tanto improvvisata quanto felice, che spinge il padrone a perdonarlo.
Le risposte di Chichibio
Nel corso del racconto, Chichibio è chiamato a dare tre risposte, con cui cerca di togliersi dai guai utilizzando l’arte della parola.
1a risposta «Signor mio, le gru non hanno se non una coscia e una gamba» (rr. 27-28) → durante il banchetto, il cuoco deve giustificare l’assenza di una delle due cosce della gru→
l’infelice risposta è una palese menzogna, che ottiene il solo risultato di suscitare l’ira del padrone durante il banchetto, il cuoco deve giustificare l’assenza di una delle due cosce della gru
2a risposta «[…] le gru non hanno se non una coscia e un piè, se voi riguardate a quelle che colà stanno» (rr. 55-56)→ lungo l’argine del fiume Chichibio addita al padrone le gru posate su una zampa sola→ di nuovo il cuoco parla in modo avventato: ripetendo la sua assurda tesi offende il buon senso di Corrado, che può prendersi un’immediata rivincita
3a risposta «Messer sì, ma voi non gridaste “ho, ho!” a quella d’iersera […]» (r. 63) → la battuta nasce dall’istinto del cuoco e dalla paura («quasi sbigottito, non sappiendo egli stesso donde si venisse», r. 62) →benché improvvisata, questa risposta riesce a sciogliere la tensione che si è creata
La conclusione della novella
La lieta conclusione della novella mostra che, dal punto di vista di Boccaccio, anche l’improvvisazione può riuscire utile nella vita: in virtù di quella felice battuta, perfino quel «viniziano» (r. 10) del cuoco (i veneziani, a Firenze, non godevano di buona fama) potrà rendersi degno della raffinata civiltà fiorentina, dalla quale fino a quel momento era rimasto estraneo.
La novella sembra sancire il trionfo del debole e povero cuoco sul forte e ricco banchiere. In effetti, Boccaccio dimostra fin da subito simpatia verso Chichibio, mentre Corrado viene rappresentato, per buona parte del racconto, come un qualsiasi signorotto medievale, iracondo e dispotico. Le cose però cambiano nel momento cruciale, quello della resa dei conti presso il fiume. Davanti all’arguta risposta di Chichibio, Corrado depone tutta la propria superbia e si rivela capace perfino di scherzosa autocritica («tutta la sua ira si convertì in festa e riso, e disse: “Chichibio, tu hai ragione, ben lo dovea fare”», rr. 66-67). La risposta dell’umile cuoco dimostra che la virtù (in questo caso la prontezza di spirito) può appartenere anche a chi è tanto inferiore sul piano della provenienza sociale e della cultura. Allo stesso tempo, però, accettando questa lezione, il ricco banchiere dà prova di quella magnanimità, cioè grandezza d’animo, che è una delle più alte virtù celebrate nel Decameron. Si dimostra così ben meritato l’elogio che a Corrado viene rivolto nelle prime righe del racconto («nobile cittadino, liberale e magnifico »).
Domande da interrogazione
- Qual è il tema principale della sesta giornata del Decameron?
- Come Chichibio riesce a risolvere la situazione con Corrado?
- Qual è la reazione di Corrado alla risposta di Chichibio presso il fiume?
- Cosa dimostra la novella riguardo alla virtù e alla provenienza sociale?
- Qual è il messaggio finale della novella di Chichibio e Corrado?
La sesta giornata del Decameron è dedicata ai «leggiadri motti», ovvero all'uso sapiente della parola per risolvere situazioni intricate in modo inaspettato.
Chichibio risolve la situazione con una battuta improvvisata e spiritosa che riesce a sciogliere la tensione e a farsi perdonare da Corrado.
Corrado, di fronte all'arguta risposta di Chichibio, depone la sua superbia e si lascia andare a una scherzosa autocritica, trasformando la sua ira in festa e riso.
La novella dimostra che la virtù, in questo caso la prontezza di spirito, può appartenere anche a chi è socialmente inferiore, come Chichibio, e che la magnanimità di Corrado nel riconoscere questo è una virtù celebrata nel Decameron.
Il messaggio finale è che l'improvvisazione e l'arguzia possono essere strumenti efficaci nella vita, e che anche chi è socialmente inferiore può dimostrarsi degno di rispetto e ammirazione.