Concetti Chiave
- La novella "Calandrino e la pietra che rende invisibili" è un esempio di beffa intelligente, dove i personaggi Bruno e Buffalmacco ingannano Calandrino con astuzia e abilità verbale.
- Calandrino è presentato come un protagonista negativo, ingenuo e incapace di distinguere la realtà dalla fantasia, rendendo la beffa ancora più efficace e comica.
- La caratterizzazione di Calandrino include la sua avidità e la sua esagerata mimica, che lo rendono un personaggio comico e ridicolo, vittima della sua stessa ingenuità.
- Il confronto tra Calandrino e Andreuccio mette in luce le differenze tra un personaggio incapace di imparare dalle esperienze e uno che evolve grazie agli errori commessi.
- Boccaccio utilizza un linguaggio vivace e colorito, arricchito da espressioni dialettali fiorentine, per sottolineare il potere della parola nella costruzione della beffa.
L’ottava giornata del Decameron è dedicata al tema della beffa e questa novella, raccontata da Elissa, è una delle più celebri grazie ai divertenti dialoghi e all’abile costruzione narrativa.
Indice
La beffa di Calandrino
A Firenze, patria di famosi beffatori, Bruno e Buffalmacco ordiscono uno scherzo ai danni dell’amico Calandrino.
I due lo inducono a cercare l’elitropia, una favolosa pietra a cui nel Medioevo si attribuiva il prodigioso potere di rendere invisibile chi la porta addosso. Calandrino si carica di pietre tutt’altro che magiche, mentre i due amici, fingendo di non vederlo, lo prendono a sassate. Neppure quando ritorna a casa dalla moglie – che lo vede benissimo! – Calandrino si accorge di essere stato beffato. Protagonista anche di altre novelle del Decameron, Calandrino è lo sciocco per eccellenza del libro; l’espressione “far Calandrino” si diffonderà con il significato di “burlare qualcuno”.
● la stupidità punita;
● il gusto per la beffa.
La ricerca dell'elitropia
La novella può essere suddivisa in tre sequenze coincidenti con l’antefatto, lo sviluppo e la conclusione del racconto. Nella prima sequenza, dopo la presentazione dei personaggi, si assiste alla burla messa in atto da Maso del Saggio nei confronti dell’ingenuo Calandrino: trovatolo da solo in chiesa, attira la sua attenzione parlando di un immaginario paese dell’abbondanza (il Bengodi). Gli racconta poi di alcune pietre portentose, tra cui l’elitropia, che ha il potere di rendere invisibile chi ce l’ha addosso. Calandrino, credendo alle parole di Maso, si allontana con una scusa e decide di coinvolgere nella ricerca della pietra i suoi amici Bruno e Buffalmacco, che decidono di portare avanti lo scherzo. Nella seconda sequenza i tre cercano l’elitropia lungo il greto del torrente Mugnone. Qui Bruno e Buffalmacco fanno credere a Calandrino, anche con la complicità di alcune guardie del dazio e sfruttando l’orario favorevole, di essere diventato invisibile e si divertono a colpirlo con dei grossi sassi, fingendo di non vederlo.
Il ritorno a casa
Nella terza sequenza Calandrino ritorna a casa carico di pietre e viene rimproverato dalla moglie. Pensando che la donna abbia annullato gli effetti magici della pietra, se la prende con lei e la picchia violentemente. Sulla scena ritornano poi Bruno e Buffalmacco, che fingono di prendersela con Calandrino per averli abbandonati al fiume. L’ingenuo protagonista della vicenda prova a giustificarsi e si dispera per la fortuna ormai perduta, senza accorgersi minimamente della beffa ai suoi danni. Tale struttura evidenzia una chiara progressione narrativa: Calandrino diviene sempre più protagonista di quanto gli accade intorno a sua insaputa. La burla di Maso resterebbe un progetto astratto se lui non vi si lasciasse coinvolgere; è lo stesso Calandrino a peggiorare poi la propria situazione chiamando in suo soccorso Bruno e Buffalmacco.
Motivazioni dei beffatori
Perché Maso, Bruno e Buffalmacco decidono d’ingannare Calandrino? Non lo fanno per malvagità o per disprezzo nei suoi confronti, ma per puro divertimento. Nella prospettiva di Boccaccio la beffa è una dimostrazione d’intelligenza attiva, una delle grandi virtù celebrate nel Decameron. La burla può realizzarsi grazie all’astuzia, alla capacità di prevedere le conseguenze di una determinata azione, alla prontezza di parola e all’abilità pratica: doti ampiamente incarnate dai tre beffatori del racconto. A spiccare è, soprattutto, la capacità della parola di fingere una realtà che non esiste. Sulla bocca di Maso del Saggio, l’ideatore della beffa, le parole vengono continuamente stravolte nel loro significato. Descrivendo, per esempio, il paese di Bengodi, egli risponde alle domande di Calandrino con frasi sistematicamente prive di senso, nelle quali la parola, volutamente ambigua, diventa solo un mezzo per impressionare l’interlocutore («vi sono stato così una volta come mille», rr. 39-40), anche grazie a mirati effetti sonori («Haccene più di millanta, che tutta notte canta », r. 42). In questo modo Boccaccio evidenzia la funzione ludica (cioè giocosa) del linguaggio e la fascinazione che le parole esercitano, specie quando sono adoperate con astuzia.
Caratterizzazione di Calandrino
Al centro della novella vi è il personaggio di Calandrino: un protagonista negativo, che si rivela fin dall’inizio un «uom semplice e di nuovi costumi» (r. 7), cioè uno sciocco dagli orizzonti ristrettissimi. Calandrino è talmente ingenuo da credere a qualsiasi cosa gli dicano, anche a ciò che non esiste. Nell’ordine, egli crede all’esistenza di paesi del tutto immaginari (il Bengodi) e alla loro assurda descrizione; non è mai uscito da Firenze, per cui pensa che posti vicini, come l’Abruzzo, siano lontanissimi; confida superstiziosamente nei poteri magici delle pietre; infine, crede che la donna sia una creatura diabolica in grado di annullarli. In sostanza, Calandrino non possiede il senso della realtà: insegue sogni e desideri irrealizzabili, senza avere nemmeno le capacità per ottenerli. Tale inadeguatezza è, dal punto di vista di Boccaccio, l’anti-virtù per eccellenza. Calandrino, inoltre, non suscita la simpatia né la pietà dei lettori: è uno sciocco che cerca di fare il furbo, è rozzo nei modi, opportunista e violento nei confronti della moglie.
Aspetti comici di Calandrino
Boccaccio caratterizza il protagonista della novella come un personaggio comico, mettendone in ridicolo alcuni aspetti:
• la diffidenza: Calandrino finge con Maso di avere cose urgenti da sbrigare, temendo che altri lo precedano nella ricerca dell’elitropia lungo il Mugnone;
• l’avidità: inseguendo impossibili guadagni, Calandrino è disposto a soffrire in silenzio quando viene colpito dai sassi pur di non condividere con gli amici il suo tesoro;
• la mimica eccessivamente caricata ed espressiva: Calandrino parla in modo confuso; nel suo personaggio gesti e smorfie sostituiscono, nei momenti cruciali, le battute di dialogo; così avviene, per esempio, lungo il greto del Mugnone, quando, bersagliato di pietre, se ne sta zitto e continua a camminare («sentendo il duolo, levò alto il piè e cominciò a soffiare ma pur si tacque e andò oltre», rr. 155-156).
Curiosità e inadeguatezza
All’inizio, nel dialogo con Maso, Calandrino dimostra una certa curiosità. Tale aspetto, in teoria, potrebbe rivelarsi una qualità, come accade per altri personaggi nel Decameron. In Calandrino, però, la curiosità non giunge a farsi conoscenza del mondo, perché gli manca la virtù borghese per eccellenza, ossia la capacità di imparare dalle proprie esperienze. Egli passa di disavventura in disavventura senza far tesoro di ciò che gli accade. Perciò la sua vicenda è molto diversa da quella di Andreuccio da Perugia , un personaggio positivo, in quanto capace di cavarsi d’impaccio da situazioni complicate perché impara dai propri errori. Diversamente da Andreuccio, Calandrino non conosce evoluzione, resta fisso nei suoi difetti iniziali.
Contrasto tra personaggi
Nel personaggio di Calandrino Boccaccio sembra raffigurare i vizi proverbialmente attribuiti alla gente di campagna: ristrettezza di orizzonti, lentezza nel capire, avidità. Diversamente da lui Bruno e Buffalmacco sanno invece modellare il loro comportamento in base alle circostanze. Boccaccio li definisce «uomini sollazzevoli molto ma per altro avveduti e sagaci» (r. 9): sono i prototipi del nuovo ceto cittadino e borghese, la classe sociale protagonista del Decameron. A loro spetterà dunque la vittoria, mentre a Calandrino resterà solo la malinconica rassegnazione dei vinti nella casa piena di pietre.
Stile e linguaggio
Lo stile del racconto è molto vivace e colorito. Nella sequenza centrale, ambientata sul greto del Mugnone, prevalgono l’azione e il movimento, mentre nella prima e nella terza sequenza giocano un ruolo decisivo i dialoghi. In essi Boccaccio imita con efficacia i ritmi e i suoni del dialetto fiorentino, di cui sono presenti anche diversi modi di dire («vatti con Dio» r. 58; «Mai, frate, il diavol ti ci reca!», r. 172). Non sorprende questa importanza riservata alla lingua in un racconto nel quale l’abilità verbale è utilizzata come uno strumento di potere: Maso, all’inizio, gioca con le parole, quasi fosse un abilissimo prestigiatore, per fingere un mondo inesistente e attirare così Calandrino nella rete delle finzioni.
Domande da interrogazione
- Qual è il tema principale della novella "Calandrino e la pietra che rende invisibili"?
- Come viene caratterizzato il personaggio di Calandrino nella novella?
- In che modo Boccaccio utilizza la lingua per arricchire la novella?
- Qual è la differenza tra Calandrino e Andreuccio da Perugia nel Decameron?
- Quali sono le due diverse realtà sociali rappresentate nella novella?
Il tema principale è la beffa, vista come un'opera d'intelligenza e il potere della parola, dove i personaggi ingannano Calandrino per divertimento.
Calandrino è descritto come un protagonista negativo, ingenuo e sciocco, che crede a qualsiasi cosa gli venga detta, senza possedere il senso della realtà.
Boccaccio utilizza un linguaggio vivace e colorito, imitando i ritmi e i suoni del dialetto fiorentino, e sfrutta l'abilità verbale come strumento di potere per creare un mondo inesistente.
A differenza di Calandrino, Andreuccio da Perugia è un personaggio positivo che impara dai propri errori e riesce a cavarsi d'impaccio, mentre Calandrino non evolve e rimane nei suoi difetti iniziali.
La novella contrappone la ristrettezza di orizzonti e l'avidità di Calandrino, tipici della gente di campagna, alla sagacia e adattabilità di Bruno e Buffalmacco, rappresentanti del nuovo ceto cittadino e borghese.