Daniele
Genius
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Concetti Chiave

  • Dario Fo, nato in una famiglia proletaria con tradizioni antifasciste, ha tratto ispirazione dalle storie di contrabbandieri e pescatori di frodo, sviluppando una visione critica e ironica della società.
  • Il periodo iniziale della carriera di Fo è segnato dalla collaborazione con Franco Parenti e Giustino Durano, culminando con la creazione di spettacoli satirici che criticano la società borghese e le istituzioni.
  • La svolta rivoluzionaria di Fo si manifesta con il teatro popolare, utilizzando maschere e burattini per esplorare le radici culturali e sociali del popolo, culminando in opere come "Mistero Buffo".
  • Fo affronta una dura repressione durante gli anni '70, con episodi di censura e violenza, ma continua a sfidare il potere attraverso il teatro, mantenendo un forte legame con il pubblico.
  • Nel 1997, Dario Fo riceve il Premio Nobel per la Letteratura, riconoscimento del suo linguaggio teatrale universale e del suo impegno nel riportare il teatro alle sue radici popolari e rituali.

Indice

  1. L'industria della coscienza e Fo
  2. La vita e le origini di Fo
  3. Gli inizi teatrali e radiofonici
  4. Il periodo borghese e la televisione
  5. La svolta rivoluzionaria e il teatro popolare
  6. La crisi e la repressione
  7. Il ritorno e il riconoscimento internazionale

L'industria della coscienza e Fo

"Nella nostra epoca l'industria della coscienza ha convertito per tempo la virtualità mitica dei comici in un fattore di moltiplicazione speculare delle apparenze sociali ed è difficile scollare per questo il ritratto di Fo dalla materia divistica con cui è cresciuto; ma il suo recupero delle forme preborghesi di spettacolo, il suo caratteristico impegno di ricerca nel disoccultare insieme e contemporaneamente le illusioni ideologiche della società e le vuotezze della finzione a teatro si sono venuti determinando programmaticamente nell'opposizione a questo uso della scena e delle sue storie."

Ecco come viene, per così dire, definito Fo in un saggio di Claudio Meldolesi del 1978.

Personalmente ritengo che una prosa così elaborata non ci possa neanche lontanamente avvicinare al teatro di Fo, a quella sua genuinità governata da una calcolata ostinazione politica, popolare e popolaresca che si apre al pubblico senza tortuosità di percorsi. Proveremo quindi a definire Dario Fo, il "comico in rivolta" in maniera più semplice, senza perderci nel significato di paroloni senza senso e pesanti, iniziando con l'esaminare la sua vita, la sua carriera e le sue opere maggiori.

La vita e le origini di Fo

Dario Fo nasce a San Giano, in provincia di Varese, nel 1926. appunto sulla vita e le opere di Dario FoSuo padre è un ferroviere e sua madre una contadina: è una famiglia proletaria, di tradizioni democratiche e antifasciste. Dai suoi compaesani, per la maggior parte contrabbandieri e pescatori di frodo, tutti individui dotati di una fantasia senza limiti, Fo impara a vedere e a leggere le cose in un certo modo.

A Milano giovanissimo, frequenta l'Accademia di Brera. Si iscrive al Politecnico, che frequenta fino a sette esami dalla laurea. È questo un periodo di enorme entusiasmo per Fo, il quale inizia a scoprire i rapporti umani che gli si aprono e che gli crescono intorno.

Studiando architettura, si interessa alle chiese romaniche e rimane stupito dal fatto che la maggior parte di esse è opera di scalpellini semplici, ignoranti ed analfabeti. In questo stesso periodo inizia ad improvvisare storie che lui stesso recita: sono storie il cui obiettivo è rappresentato dal mettere a nudo le banalità e le idiozie della cultura scolastica. Tutto ciò ruota su alcuni cardini: l'infrazione alla norma ed al conformismo, la provocazione del potere, il gusto della sorpresa, ecc.

Gli inizi teatrali e radiofonici

Nel 1952 conosce Franco Parenti che lo introduce alla RAI, dove inizia una vera e propria attività di produzione: recita per radio le trasmissioni del "Poer nano" (al bell'Abele, aristocratico ed educato si contrappone il goffo fratello Caino che con le sue grosse manone sciupa ogni cosa, fino a quando non si stufa ed, esasperato, ammazza l'Abele con una legnata). "Storie assurde, ma con dentro dei temi ben precisi: l'ironia sui luoghi comuni e la liturgia della gente per bene, l'orrore per il mondo dei ricchi, l'amarezza e la ribellione per la propria condizione e il senso del bisogno e della paura."

I testi del "Poer nano" vengono rappresentati al Teatro Odeon di Milano: è il primo contatto di Fo con il teatro ufficiale (conclude quindi la collaborazione con la radio, che limitava fortemente le sue capacità espressive). In seguito entra in collaborazione con autori come Giustino Durano e lo stesso Franco Parenti.

Dalla collaborazione con Parenti e Durano nasce nel '53 "Il dito nell'occhio" (chiara e decisa affermazione della satira politica e sociale): in questo spettacolo vengono colpiti sui loro piedistalli gli "eroi" a cui viene contrapposto il buon senso, lo sghignazzo e si ride sui valori di cartapesta della storiografia ufficiale.

Il testo del '54 "Sani da legare", dove l'arma della satira viene portata nella vita quotidiana dell'Italia della "legge truffa", viene massacrato dalla censura di Scelba.

Finisce l'epoca della collaborazione "a tre" e Fo avvia un periodo di esperienze nel campo del cinema.

Scrive con altri e recita nel film "Lo svitato", regia di Lizzani. Con Age Scarpelli, Pietrangeli, Pinelli lavora a varie sceneggiature.

Il periodo borghese e la televisione

Nel 1959 Dario Fo e Franca Rame decidono di organizzarsi in "compagnia"; dal '59 al '67 recita nelle "commedie": "Gli Arcangeli non giocano a flipper" (1959-60), "Aveva due pistole con gli occhi bianchi e neri" (1960-61), "Chi ruba un piede è fortunato in amore" (1962-62), "Isabella, tre caravelle e un cacciaballe" (1963-64), "La signora è da buttare" (1967-68). È questo il cosiddetto periodo "borghese" dell'attività di Fo, "borghese" perché agisce all'interno del teatro borghese, davanti ad un pubblico sostanzialmente borghese. Il teatro di Fo è sempre più politico, inizia a delinearsi l'esigenza di ricollegarsi fino in fondo alla cultura popolare, sempre meno lontana.

Con la nascita del primo governo di centrosinistra Fo viene chiamato a lavorare in televisione: gli viene inizialmente affidata la direzione di una rivista musicale "Chi l'ha visto?", subito dopo gli viene affidata "Canzonissima". Nelle sue trasmissioni Fo mette sotto accusa il clero, gli industriali, la mafia, parla dei problemi di vita delle masse popolari; la satira rimane sempre l'arma principale di comunicazione.

Sono pochi mesi di apertura della RAI, apertura che si chiude in occasione di uno sketch sulle speculazioni degli impresari edili, proprio mentre è in corso nel paese una dura lotta dei lavoratori di quel settore. La censura televisiva fa a pezzi il copione della trasmissione. Dario Fo e Franca Rame denunciano la repressione dell'ente pubblico nei loro confronti.

La svolta rivoluzionaria e il teatro popolare

In un intervista del 1967, dice: "Non è un caso che io mi sia rifatto a una nostra tradizione, ai gesti della commedia dell'arte e alle musiche antiche popolari, in quanto ritengo che a teatro, tanto più si va sperimentando verso il nuovo, tanto più occorre affondare nel passato… ed a me interessa soprattutto un passato che sia attaccato alle radici del popolo... sulla base del concetto del "nuovo della tradizione" al quale sono legato".

La sua sensibilità al nuovo lo porta da artista "amico del popolo" ad artista al servizio del movimento rivoluzionario proletario, "giullare" del popolo, in mezzo al popolo, nei quartieri, nelle fabbriche occupate, nelle piazze, nei mercati coperti, nelle scuole.

Al termine della stagione teatrale la "compagnia Fo - Rame" si scioglie, e viene costituita la "Associazione Nuova Scena", che afferma nel proprio statuto, di porsi "al servizio delle forze rivoluzionarie non per riformare lo stato borghese con politica opportunista, ma per favorire la crescita di un reale processo rivoluzionario che porti al potere la classe operaia".

Nel '68 Fo scrive e mette in scena "Grande pantomima con bandiere e pupazzi piccoli, grandi e medi", sulla continuità dello stato del fascismo alla "repubblica democratica", sulla lotta di classe tra il drago del proletariato e il pupazzone della borghesia. Chiarissimo il collegamento con il teatro popolare nell'uso delle maschere, dei burattini e delle marionette.

Alla stagione teatrale 1969-70 appartengono "Mistero Buffo", "Legami pure che tanto spacco tutto lo stesso", "L'operaio conosce 300 parole, il padrone 1.000, per questo lui è il padrone".

In "Mistero Buffo" sviluppa ed approfondisce la ricerca di Dario Fo sulle origini della cultura popolare: per più di tre ore si susseguono testi medioevali, recitati in dialetto ("padano") di sapore arcaico, da un "giullare" del popolo che riesce a coinvolgere il "pubblico" in uno spettacolo corale di straordinaria efficacia, di satira violenta degli antenati dei padroni di oggi. È il più popolare spettacolo di Fo, che viene richiesto nelle situazioni di lotta più diverse. In "Mistero Buffo" si pone concretamente l'insostituibile ed irrinunciabile necessità di scoprire "da dove veniamo" per "scoprire andare": conoscere la dinamica dello scontro di classe nel suo sviluppo storico, non in una dimensione statica di astratta constatazione sociologica.

Nel 1970 Fo ed altri compagni si costituiscono in "Collettivo Teatrale la Comune".

All'indomani del "suicidio" del ferroviere Pinelli, Fo mette in scena lo spettacolo "Morte accidentale di un anarchico" (che prende spunto da un episodio accaduto in America di un anarchico scaraventato a forza dalle finestre della questura centrale di New York).

Solo grazie all'enorme consenso di massa che lo spettacolo conquista in pochi mesi riesce a salvarlo dalla repressione della polizia e della magistratura, impotenti di fronte ad uno spettacolo che dice tutto senza fare nomi o cognomi, stabilendo un immediato e diretto rapporto con l'intelligenza critica del pubblico.

"Noi facciamo del teatro popolare. Il teatro popolare ha sempre usato del grottesco, della farsa - la farsa è un'invenzione del popolo - per sviluppare i suoi discorsi più drammatici. Perché la risata rimane veramente nel fondo dell'animo con un sedimento feroce che non si stacca più. Perché la risata fa evitare uno dei pericoli maggiori, che è la catarsi… Partendo dall'VIII secolo in poi, si ritrovano sempre storie drammatiche raccontate in forma grottesca. Questo in tutta la tradizione. Se poi andiamo con i Greci, ancora di più. Con i Romani lo stesso… Noi non vogliamo liberare dall'indignazione la gente che viene. Noi vogliamo che la rabbia resti dentro e non si liberi, che diventi operante con lucidità nel momento della lotta". Nella stagione 1971-72, Dario Fo e Franca Rame scrivono e mettono in scena: "Morte e resurrezione di un pupazzo" (riedizione de "Grande pantomima ecc. ecc." del '68: lo spettacolo è mordente, violento, duro; la satira non permette respiro), "Fedayn" e "Ordine per DI0.000.000.000!".

La crisi e la repressione

Il periodo tra il '70 ed il '72 rappresenta un momento di crisi. Occorre far evolvere il collettivo verso forme di rappresentazione nuove superando il concetto di teatro itinerante. Del periodo è lo spettacolo "Pum! Pum! Chi è? La polizia!". Dura la repressione dello Stato. La magistratura ipotizza contatti di Dario Fo e di Franca Rame con le Brigate Rosse. A Milano nel quartiere periferico di Quarto Oggiaro, teatro di forti tensioni sociali, viene affittato un cinema per rappresentare gli spettacoli della "Comune". Per la prima volta si tenta di stringere un legame forte tra il teatro e la strada. È in questa situazione di aperto scontro tra la "Comune" ed il potere che, nel '73, Franca Rame viene sequestrata, a due passi dalla sede della DC, da un commando fascista per essere percossa e violentata. Stanchezza, amarezza, la fatica accumulata in anni ed anni di scontri, rotture spesso violente sullo stesso terreno della sinistra extraparlamentare (si era da poco allontanato dalla "Comune") portano Fo ad un breve, ma sofferto, periodo di crisi. A Sassari per la rappresentazione di "Guerra di popolo in Cile" (ispirato al colpo di stato del '73) la Questura fa irruzione con la forza nel cinema affittato. Lo spettacolo viene sospeso. Il giorno seguente dovrebbe essere rappresentato "Mistero Buffo", ma la polizia arriva in forze prima ancora dell'inizio dello spettacolo. Fo si oppone all'ingresso dei poliziotti. Viene arrestato, ma la sua prigionia dura solo 19 ore: viene liberato a furor di popolo. Nel '74 la "Comune" porta in Francia il "Mistero Buffo".

Il ritorno e il riconoscimento internazionale

Dopo 15 anni di esilio, Fo torna alla RAI nel 1977. Continua comunque a scrivere opere quali: "Fabulazzo osceno" ('82), "Coppia aperta" ('83), "La fine del mondo 2" ('85), "Il Papa e la strega" ('89), "Zitti! Stiamo precipitando" ('90), "Dario Fo recita Ruzzante" ('93). Le opere di Fo vengono poi rappresenta te in giro per il mondo: in Argentina, in Australia, in Austria, in Belgio, in Brasile, in Bulgaria, in Canada, in Cina, in Danimarca, nello Zimbabwe, in Venezuela, negli USA, in Uruguay, in Svezia, in Svizzera, in Olanda, in Messico, in Inghilterra, in Israele, in Scozia, in Romania, in Cile, in Francia, in Germania, in Giappone, in Norvegia, in Irlanda, in Islanda, in Spagna, in Sud Africa, ecc. ecc...

Nel 1997 Dario Fo è stato insignito del premio Nobel per la Letteratura: Fo non vince il Nobel per le sue 40 e più commedie, ma per la sua lingua incomprensibile ed altamente comunicativa, Grammelott, Gramelot o Grammelot che riportar si voglia. Fo è l'uomo di cultura italiano più famoso all'estero perché il suo linguaggio è universale, perché parla con il corpo, perché parla di ciò che ci accomuna ai nostri simili, perché ci riporta alle radici rituali, festose e carnevalesche del teatro.

Domande da interrogazione

  1. Qual è l'approccio di Dario Fo al teatro e alla satira?
  2. Dario Fo utilizza il teatro come strumento di satira politica e sociale, recuperando forme preborghesi di spettacolo e opponendosi alle illusioni ideologiche della società. La sua satira è caratterizzata da un impegno politico e popolare, mirato a smascherare le banalità e le idiozie della cultura dominante.

  3. Come ha influenzato la sua infanzia la carriera di Dario Fo?
  4. L'infanzia di Dario Fo, trascorsa in una famiglia proletaria e antifascista, e l'influenza dei suoi compaesani contrabbandieri e pescatori, hanno contribuito a sviluppare in lui una visione critica e fantasiosa della realtà, che ha poi trasposto nel suo lavoro teatrale.

  5. Quali sono stati i momenti chiave della carriera teatrale di Dario Fo?
  6. I momenti chiave includono la collaborazione con Franco Parenti e Giustino Durano, la creazione di spettacoli come "Il dito nell'occhio" e "Mistero Buffo", e la fondazione dell'"Associazione Nuova Scena" e del "Collettivo Teatrale la Comune", che hanno segnato la sua svolta verso un teatro rivoluzionario e popolare.

  7. In che modo Dario Fo ha affrontato la censura e la repressione?
  8. Dario Fo ha affrontato la censura e la repressione con determinazione, utilizzando il teatro come mezzo di denuncia sociale e politica. Nonostante le difficoltà, come la censura televisiva e l'arresto durante una rappresentazione, ha continuato a produrre opere che sfidavano il potere e coinvolgevano il pubblico in un dialogo critico.

  9. Qual è stato il riconoscimento internazionale più significativo per Dario Fo?
  10. Il riconoscimento internazionale più significativo per Dario Fo è stato il Premio Nobel per la Letteratura nel 1997, assegnatogli non solo per le sue opere teatrali, ma anche per il suo linguaggio universale e altamente comunicativo, che ha reso il suo lavoro accessibile e apprezzato in tutto il mondo.

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